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 2013  maggio 03 Venerdì calendario

ABOLIRE L’AUSTERITA’? SPINGE IL PIL DELLO 0,7% MA SOLO CON LE RIFORME

Per evitare che il dibattito sull’austerità diventi una danza attorno a un totem o a un tabù, vale la pena metterlo con i piedi per terra. Cercare di misurare cosa vuole dire: soprattutto immaginare cosa significherebbe, in termini di crescita economica, eliminare o modificare certe politiche europee che vengono considerate austere. L’ha fatto la società di analisi britannica Oxford Economics: il risultato è misto, nel senso che il differenziale di crescita varia parecchio da Paese a Paese e che, al fianco di un maggiore attività economica, politiche meno restrittive si trascinano alcuni rischi. Oxford Economics ha effettuato la stima immaginando di dimezzare in alcuni Paesi le misure di austerità previste, così come misurate dalle previsioni sui bilanci strutturali effettuate dal Fondo monetario internazionale. Se ciò - Germania permettendo - avvenisse subito, il Prodotto interno lordo (Pil) dell’intera Eurozona aumenterebbe dello 0,2% nel 2013 e di un ulteriore 0,7% nel 2014 rispetto a quanto avverrebbe a politiche invariate: invece del previsto meno 0,6%, il calo del Pil sarebbe dello 0,4% quest’anno e la crescita sarebbe dell’1,7% invece che dell’uno per cento l’anno prossimo. Questo per l’insieme dei 17 Paesi dell’euro. I Paesi che di gran lunga ne trarrebbero il beneficio maggiore sono la Spagna e la Grecia. La prima conseguirebbe una crescita addizionale dello 0,8% già nel 2013 e addirittura del 2,5% nel 2014. Atene potrebbe invece registrare un più addizionale dello 0,5% quest’anno e del 2,3% il prossimo. L’Italia sarebbe invece nella media dell’Eurozona: una maggiorazione del Pil dello 0,2% nell’anno in corso e dello 0,7% nel 2014. Effetto simile, solo un po’ minore, per la Francia e per il Portogallo. L’Irlanda guadagnerebbe poco subito ma quasi l’uno per cento l’anno prossimo. Infine, la Germania, la quale migliorerebbe il proprio Pil di meno dello 0,1% nel 2013 e aggiungerebbe solo lo 0,2% nel 2014. Differenze tra Paesi non da poco che, tradotte in politica, comportano diversi gradi di propensione dei governi nei confronti dell’allentamento delle politiche di bilancio rigorose. Dal punto di vista politico, la società di analisi di Oxford nota che una riduzione significativa della cosiddetta austerity sarebbe vista favorevolmente in numerosi Paesi, in particolare in Francia, dove il presidente François Hollande è stato eletto proprio su una piattaforma opposta alle politiche ispirate dalla Germania di Angela Merkel, e in Italia, dove il governo guidato da Enrico Letta ha messo tra i primi obiettivi quello di alleviare le politiche restrittive portate avanti dal governo Monti, a cominciare dal pagamento dell’Imu. I modi per attivare politiche di bilancio più espansive potrebbero essere la rinuncia a nuove tasse e a nuovi tagli della spesa e l’allungamento dei tempi previsti assieme alla Ue per raggiungere gli obiettivi di deficit. D’altra parte, Parigi ha già rinviato al 2014 il rientro del deficit sotto il 3% del Pil e la Spagna di Mariano Rajoy dice che raggiungerà quell’obiettivo solo nel 2016, due anni dopo quel che aveva originariamente previsto. Il problema, per questi governi, è che la Germania continuerà a non essere d’accordo con un rilassamento delle misure di austerità, almeno fino alle elezioni tedesche del 22 settembre prossimo. Oltre alle difficoltà politiche che una svolta nelle scelte europee si porta dietro, Oxford Economics nota anche che non tutte le misure anti-austerità sono uguali. Gli incrementi di crescita calcolati, infatti, ci sarebbero solamente se «gli annunci non spingessero solo la fiducia ma si traducessero effettivamente in attività più forte». Inoltre, «c’è un pericolo che ogni alleggerimento dell’austerità sia meramente percepito essere il rinvio di misure ancora più drastiche - in particolar se i governi non usassero gli spazi creati per definire piani credibili di riduzione dei deficit ma semplicemente aumentassero di nuovo le spese». Ultimo rischio, non da poco: ogni allentamento dell’austerità si trascina la probabilità che le famose riforme strutturali delle economie dell’euro vengano congelate. Non sembra il caso di trattenere il fiato, insomma.
Danilo Taino