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 2013  maggio 03 Venerdì calendario

DOVE TROVA I SOLDI, HERR LETTA?


«Ancora un italiano che non vuole risparmiare», è l´ironico titolo del conservatore «Die Welt» sulla visita di Enrico Letta a Berlino. La «Süddeutsche Zeitung» è d’accordo: «Spar-Rebell im Kanzleramt», un ribelle del risparmio alla Cancelleria. Anche in Germania i giornali non escono al primo maggio, ma nelle edizioni online l’incontro è stato riportato con insolito risalto.
E non si è gradito che il premier italiano sia andato subito dopo a Parigi per stringere un asse con Hollande. Un’alleanza, questa, che, di fatto, è antitedesca. A Berlino la stima per il presidente francese è quasi pari a zero: un parolaio che sa solo dare la colpa di tutto a Angela da lui sbrigativamente definita come «un’egoista». La Francia è un malato grave, scrive l’«Handelsblatt», il più autorevole quotidiano economico tedesco, o Parigi avvia riforme al più presto, o finirà come gli altri paesi «peccatori» del Mediterraneo. Letta avrebbe potuto almeno temporeggiare, tra Francia e Germania, in attesa che la Merkel, dopo la vittoria alle prossime elezioni (22 settembre) potrà dimostrarsi più tollerante. Meglio non isolare la Cancelliera. Lei sorride sempre, ma non dimentica.
L’Imu, gli sgravi fiscali? ha protestato Letta con i giornalisti italiani, dopo l’incontro alla Cancelleria: «Le forme e i modi con cui troveremo le risorse è un fatto di casa nostra, e non devo spiegarlo a nessuno». Ecco, forse, i tedeschi invece si aspettavano qualche chiarimento. Non si può dire che in Europa siamo tutti nella stessa barca, e che frau Angela, che sta al timone, dovrebbe avere più comprensione per i vogatori, e poi proclamare che i particolari del programma governativo, non devono riguardare i crucchi. Qualcuno a Roma applaude, ma la partita si gioca fuori casa.
Letta ha detto che a cena avrebbe chiesto consigli a frau Angela su come si guida una grosse koalition. Lei lo avrà messo in guardia a non equivocare sul tedesco: basterebbe non tradurla in inciucio. Non è tanto questione di affari italiani o tedeschi: in Germania i politici semplicemente parlano e agiscono in altro modo. Ovvio che tutti siano favorevoli allo sviluppo, a trovare un posto ai giovani, a essere più generosi con i pensionati. Il problema è appunto il «come».
Come vuol trovare le risorse herr Letta? I miei colleghi tedeschi che hanno la fortuna di lavorare a Roma hanno fedelmente riportato le promesse fatte da lui alla camera, e in parte rimangiate al senato. Qual è la verità? Le ambiguità turbano i prussiani. Basterebbe osservare come si svolge la campagna elettorale in Germania. Solo su cifre e fatti. I verdi vogliono portare l’aliquota Irpef più alta dal 43 al 49 per cento, a partire da 80mila euro lordi. Abolire lo splitting, cioè la denuncia comune dei coniugi (con ovvio vantaggio, oggi, se uno guadagna 100 e il coniuge zero), ridurre i minijobs da 400 euro a cento, abolendo quindi, di fatto, questa sorta di nero ufficiale (i contributi li versa su un fondo globale il datore di lavoro, il lavoratore non paga tasse), e raddoppiare le tasse di successione, anche per le imprese medio piccole che ora godono di un trattamento di favore.
I socialdemocratici sono d’accordo, tranne che sullo splitting, chiedono moderazione per tutelare gli eredi, ma vogliono introdurre il reddito minimo garantito. I cristianodemocratici sono contrari, e calcolano quanti posti di lavoro costerebbe la riforma fiscale, e l’abolizione dei minijobs. Perché chiedere stangate fiscali se il bilancio pubblico è tornato in attivo, sia pure di poco? Gli aggettivi e le belle quanto vaghe proposte sono vietate. Si trovano solo nel documento dello Spd per quanto riguarda l’Europa e l’euro, e la retorica nasconde l’intenzione di fare come la Merkel.
I tedeschi vorrebbero sapere come si fa a diminuire le tasse e non aggravare il debito pubblico. Non perché vogliono mettere naso nel lavoro di Letta, solo per curiosità. E, nel caso, avere un consiglio per imitarlo. Se siamo tutti europei, sono anche affari loro.