Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 03/05/2013, 3 maggio 2013
LE PAROLE DI ALDO MORO LETTERE DALLA PRIGIONIA
Tra le celebrazioni organizzate in questi giorni per ricordare i trentacinque anni dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro (16 marzo - 9 maggio 1978), ci sono anche due eventi poco clamorosi, ma toccanti: la pubblicazione delle immagini ad alta definizione delle lettere inviate dallo statista nei giorni in cui fu prigioniero delle Brigate Rosse e la descrizione della sua biblioteca, raccontata da Andrea Edoardo Visone nel libro «Convergenze parallele» (edizioni Italic, Ancona). Il contenuto delle lettere, che oggi sono conservate all’Archivio di Stato diretto da Eugenio Lo Sardo, era noto. Ma un altro conto è vederle scritte in quella calligrafia precisa che si fa di giorno in giorno più nervosa e disordinata, osservare le parole cancellate e quelle aggiunte, l’inchiostro che a tratti si sbava come se la carta a quadretti, strappata da un quaderno, si fosse bagnata. Il volume, intitolato «Le lettere di Aldo Moro dalla prigionia alla storia», è curato da Michele Di Sivo e pubblicato dall’Archivio. Contiene quattordici lettere, per cinquantuno fogli complessivi, che sono stati prima restaurati perché la carta di pessima qualità si stava sbriciolando. Verrà presentato oggi nel Complesso di S.Ivo alla Sapienza e le lettere originali saranno esposte nella Sala Alessandrina in una mostra aperta fino al 31 maggio (su prenotazione, tel. 06.68190832).Il libro di Visone racconta la storia di due ragazzi impegnati politicamente a sinistra negli anni di piombo e che finirà per intrecciarsi con il tragico destino della famiglia Moro. L’autore la frequentava. Per questo la descrizione della biblioteca è così accurata e colpisce scoprire che è andata dispersa. Occupava tutto il secondo piano della palazzina in cui i Moro abitavano (al terzo piano di via di Forte Trionfale). «Vi si accedeva con un ascensore interno. Tutte le pareti delle sei stanze erano rivestite da scaffalature in legno. La prima stanza era occupata da libri di storia e di geografia. Le seconda da saggi di carattere giuridico. La terza da classici della letteratura italiana e straniera. La quarta da prime edizioni di romanzi e raccolte di poesie di autori contemporanei. La quinta, la più piccola, quasi uno sgabuzzino, conteneva testi di filosofia o di carattere scientifico. Infine l’ultima stanza, la più grande, aveva una finestra che si apriva sul piccolo parco condominiale ed era la più luminosa. Su una parete erano state collocate alcune annate di riviste italiane e straniere, mentre sull’altra, la più vasta, campeggiava un’ampia raccolta di libri di teologia e di storia del cristianesimo». Visone ricorda che fu lasciato a leggere tutti i libri che voleva e che poteva portarsi a casa i volumi che lo interessavano. Gli dissero: «Ricordati solo, quando esci, di spegnere le luci e chiudere la porta».
Lauretta Colonnelli