Ugo Bertone, Libero 3/5/2013, 3 maggio 2013
DRAGHI TAGLIA I TASSI E VA IN AIUTO ALLE PICCOLE IMPRESE
«Ci aspettavamo che il taglio dei tassi fosse solo l’antipasto, in attesa dei piatti forti in aiuto delle economie periferiche: qualcosa in grado i stimolare l’economia, tipi le tante attese misure per aiutare il credito delle piccole e medie imprese». Invece, nota sul blog del Financial Times Steven Englander di Citigroup, il menu di Mario Draghi è finito lì.«Abbiamo ascoltato le solite cose: una previsione scontata sull’inflazione, l’ennesimo richiamo ai limiti dell’azione monetaria ed un accenno estremamente vago a interventi assieme ad altre istituzioni a favore delle pmi».
Si può sintetizzare con queste parole la delusione dei mercati che, nei minuti precedenti alla conferenza stampa di Draghi a Bratislava, hanno spinto al rialzo l’euro. Ci si aspettava che la Bce, di fronte ai dati disastrosi in arrivo dall’eurozona, Germania compresa, avesse finalmente rotto gli indugi dando il via a quelle «misure innovative» di cui Draghi aveva già fatto cenno il mese scorso. Invece, si resta ancora nel limbo delle proposte. O forse no. Perché qualche piccolo passo, a ben vedere, è stato fatto.
Il tema della «frammentazione», cioè la difficoltà far affluire il denaro dalle banche, innaffiate dalla liquidità della Bce, alle imprese, soprattutto quelle piccole che non dispongono di alternative sul mercato dei capitali, resta in cima alle preoccupazioni di Draghi. A questo proposito, la Bce conferma che continuerà ad irrigare le banche di liquidità fino a metà 2014, anche se non si fa illusioni sulla sorte di questi finanziamenti. Ma, per la prima volta, si parla anche di «consultazioni» con la Bei «per sostenere il mercato dei titoli garantiti da prestiti emessi dalle banche, in un’operazione tesa a facilitare i prestiti a famiglie e imprese». Non è cosa di poco conto. Finora la Bei ha finanziato operazioni di sviluppo, spesso di grandi imprese (l’operazione Fiat in Serbia ad esempio). Oggi, invece, si profila un impiego diverso, in grado di fornire un aiuto immediato alle imprese a metà del guado. La Bei potrebbe mettere i suoi capitali a garanzia degli impieghi a favore di pmi che oggi bussano invano alle banche. In che modo? Gli istituti di credito non prestano quattrini per più ragioni: a) perché gli impieghi «consumano» capitale (per i requisiti richiesti da Basilea 3) a differenza degli acquisti di Btp o di speculazioni sui derivati; b) per mancanza di fiducia. L’intervento di una grande e solida istituzione potrebbe, da un lato, garantire fiducia agli operatori. Dall’altro, come capita nel Regno Unito, la Bce potrebbe studiare un sistema per premiare le banche più generose di impieghi verso il sistema produttivo. L’effetto, poi, sarebbe moltiplicato se la Bei, grazie a un sistema di pagelle dei possibili prenditori, potesse agire con una leva finanziaria adeguata. Ovvero, ad esempio, con un miliardo garantire prestiti per dieci.
È questo lo schema a cui lavora Draghi in sintonia con il Funding for Lending perfezionato di recente dalla Bank of England. In mezzo a mille difficoltà perché la Bundesbank vede come il fumo negli occhi la sola idea che i soldi della banca centrale possano finanziare direttamente o indirettamente iniziative per lo sviluppo nella convinzione teutonica che la banca centrale deve limitarsi a garantire la stabilità della moneta. Il prossimo 9 giugno il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, testimonierà davanti alla Corte Costituzionale tedesca sul tema degli Omt, ovvero l’acquisto di titoli di Paesi che chiedano il sostegno della Ue della Bce. Si tratta del piano Draghi, approvato da tutti (con l’eccezione di Weidmann) che ha salvato Italia e Spagna nel momento della bufera del 2012. Un’eventuale bocciatura dei giudici di Karlsruhe potrebbe colpire al cuore la tela tessuta dal banchiere italiano con l’intento di promuovere più credito e sviluppo in funzione anti-recessione.
Per questo, probabilmente, Draghi ha evitato di forzare la mano, nonostante il mix di inflazione in calo, disoccupazione in salita, consigliasse più coraggio: il generale saggio, insegna Lao Tzu, dà battaglia solo quando è sicuro di vincere. E Draghi, consapevole che, a differenza di un anno fa, Angela Merkel si guarderà bene dallo sfidare i falchi a pochi mesi dalle elezioni (mentre i sondaggi segnalano la marea montante dei partiti euroscettici) ha deciso che è più saggio pazientare sulla riva del fiume. Ma «open mind», ovvero senza escludere nessuna mossa futura, anche quelle più indigeste al sistema bancario tedesco: il banchiere guarda così «open mind» alla possibilità di un interesse negativo da far pagare alle banche che già oggi posteggiano a tasso zero i quattrini presso la Bce. Un altro modo per costringere (forse) le banche a prestare soldi alle imprese. In realtà, la misura è stata adottata dalla Danimarca con risultati deludenti: le banche si sono rifatte sui clienti aumentando commissioni e tassi. Ma tant’è. È bastata questa dichiarazione a far scendere l’euro. Anche così si può spiegare all’Europa, Germania in particolare, che la soluzione maestra passa per misure politiche a favore dell’economia reale. Nel frattempo herr Mario cercherà di fare l’impossibile. Ma i giovani leoni dei mercati, tipo mister Englander, non abbiano fretta.Anche per i miracoli ci vuole tempo.