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 2013  maggio 03 Venerdì calendario

AMAZON, L’EDITORE CHE COMPRA LE RECENSIONI

Praticamente un mix faustiano tra Steve Jobs e Filippo II, l’anima nera del web e l’impero su cui mai sorge mai il sole. «La vera minaccia per l’editoria è lui: ora, con questa cosa, si sta pappando i libri, poi passerà ai giornali....».
Così alcuni relatori del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, con in mano un lettore Kindle Fire, giudicano «lui», Jeff Bezos, che s’è appena comprato Goodreads, la più grande rete sociale per scoprire e discutere di libri. Siamo a margine del convegno sul Ritorno digitale del long form; e, mentre si discute di e-single il formato letterario digitale oggi usatissimo da Wired e New York Times (vendita di storie individuali più lunghe dell’articolo medio di una rivista , ma più corte di un libro), la notizia dell’acquisto di questa piattaforma di critica indipendente, da parte del signore degli e-book e dell’editoria digitale, be’, attraversa tutti i convegni e accende su Internet la rabbia degli scrittori. Perché -diciamolo- il più grande editore al mondo si appropria dell’«ecosistema» più complesso della lettura planetaria. Con i suoi 16 milioni di utenti da tutto il mondo che scoprono in media 4 titoli al secondo, con più di 30mila circoli di discussione, oltre ai 23mila recensioni e 11,2 milioni di visite mensili, Goodreads è, da sempre, la community per gli amanti dei libri più di successo.
Uno studio della Harvard University, citato qui a Perugia, ha dimostrato che soprattutto in America (ma ormai pure in Europa) i lettori cartacei e «tradizionali», più che affidarsi al giudizio dei critici professionisti preferisce fidarsi dei lettori forti, di gente con la letteratura nel cuore che può vantare di leggere più di 12 libri all’anno. Sono, costoro, i cosiddetti «influenzatori»: un gruppo «costituito da quel 19% dei lettori che legge il 79% dei libri in commercio», che resoconta nella massima libertà a differenza di quanto sempre più spesso avviene per critici e giornalisti di settore. Una specie di trip advisor dell’editoria, per capirci. Ma con numeri solidi. Goodreads ha realizzato, nel 2012/2013, una crescita di circa il 50% per un totale di 11.2 milioni di visite mensili da tutto il mondo (in proporzione, il social concorrente Library Thing ne conta appena 540.000, mentre il «nuovo papà» Amazon può vantarne ben87 milioni).Bene. Ora che in questo Nirvana della libertà di lettura ci ha messo lo zampino Bezos - pare addirittura per la cifra record di un miliardo di dollari- nulla rischia di essere più come prima. «Le mura che delimitano l’orto di Amazon stanno diventando ancora più alte. Goodreads è un sito noto per la profondità e la mole dei giudizi critici redatti dagli utenti. Il passaparola tra lettori che hanno gusti simili sembra essere il Santo Graal del commercio di libri online», scrive per primo Scott Turow «l’acquisizione di Goodreads da parte di Amazon è un esempio da manuale di come si costruiscano i moderni monopoli nel mondo di Internet. Il segreto è eliminare o assorbire i competitor prima che diventino una reale minaccia...». E così pare sia accaduto. I conflitti d’interesse, specie in letteratura, non hanno una specifica regolamentazione nella Rete. Ognuno fa quel che la propria autorità e spregiudicatezza gli permettono. Bezos, con la sua multinazionale quasi onnipotente, lo fa più degli altri. L’uomo che ha inventato l’editoria on line e ha lanciato i primi lettori elettronici, che sta costruendo in un gigantesco «orologio perfetto per i prossimi 10mila anni...» in un luogo segreto dei canyon del Texas mettendoci una quota personale da 42 milioni di dollari; quest’uomo pare in procinto di divorare l’essenza stessa della critica letteraria. Prima Bezos aveva rivoluzionato il prodotto e l’uso dell’oggetto libro: aveva eliminato la carta (anche se per Amazon il cartaceo continua ad essere core business), sconquassato il concetto di distribuzione classico, favorito i servizi di autopubblicazione. Ora, in una logica industriale, s’è buttato su Goodreads anche e soprattutto per soffiarlo al diretto concorrente iBookstore di Apple.
Goodreads, per i libri, era come il primo MySpace per i dischi: una vetrina per la libera circolazione delle idee per i lettori che potevano crearsi una propria playlisti di titoli; e per i prodotti dei piccoli- medi editori che vagavano sponsorizzando sè stessi in un mondo di scaffali virtuali, di circoli letterari atipici, di salotti e bull sessions liberi dalle influenze del mercato. In pratica, era il corrispettivo digitale delle piccole grandi librerie di qualità che in tutto il mondo -guarda caso- stanno chiudendo. Ed è per questo che il fondatore di Goodreads Otis Chandler inglobato da Bezos, viene attaccato ferocemente dai suoi lettori.Ma è il progresso, dicono. Qualcuno sussurra che la prossima tappa sarà quella dell’e-book usato. «Poi passerà ai giornali», dicono i giornalisti..