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 2013  maggio 03 Venerdì calendario

SE LA UE NON MOLLA DOVREMO TOGLIERE I SOLDI AI COMUNI

Se l’Unione europea non darà all’Italia la possibilità di sfondare il deficit di bilancio previsto, Enrico Letta non avrà alcuna possibilità di trovare risorse per ridurre o togliere l’Imu sulla prima casa e nemmeno per fare saltare l’aumento dell’Iva previsto per il secondo semestre del 2013. A sostenerlo è uno degli ultimi documenti compilati insieme al Def al ministero dell’Economia dal sottosegretario uscente, Gianfranco Polillo. Una fotografia istantanea dei conti pubblici italiani, che pur essendo migliori di quelli francesi e nettamente più in salute di quelli spagnoli, non consentono margini di manovra se non si scioglie il cappio comunitario. «Senza una rinegoziazione con l’Europa», spiega il documento, «non esistono margini di manovra per il 2013». Perché «il deficit nominale, dopo il decreto legge sul pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione è previsto nel 2,9% del Pil», la «pressione fiscale è prevista al 44,4% del Pil», il debito pubblico «al 126,1%, che diventa il 122,3% al netto degli aiuti europei» e perché in questi numeri non si tiene conto «delle one-off (10 miliardi nel 2013 e nel 2014) per il pagamento dei debiti della P.A.».Era dunque fondamentale in questa situazione che nell’attuale tour europeo il nuovo premier girasse le cancellerie non chiedendo con il cappello in mano come è avvenuto, di avere “pietà” della situazione italiana, ma battendo i pugni sul tavolo per ottenere quell’allargamento dei parametri per par condicio con Francia e Spagna.
Basta guardare quello che è avvenuto in questi anni: il deficit nominale spagnolo era nel 2010 il 9,7% del Pil, è sceso l’anno successivo al 9,4% e poi nel 2012 è schizzato al 10,6% del Pil. Quello francese è invece sceso, ma sempre fuori parametri di Maastricht: 7,1% del Pil nel 2010; 5,3% del Pil nel 2011; 4,8% del Pil nel 2012. Il deficit nominale italiano è passato dal 4,5% del Pil del 2010 al 3,8% del Pil nel 2011 fino al 3% del Pil nel 2012. Meglio della media dell’intera area dell’euro, che è stata 6,2% nel 2010, poi 4,2% nel 2011 e infine 3,7% nel 2012. Il deficit strutturale italiano è ancora migliore: nel 2010 era dell’1,3% del Pil (la Francia al 2,4% del Pil e l’Euroarea all’1,2% del Pil). Nel 2011, ultimo anno del governo di Silvio Berlusconi è sceso allo 0,2% del Pil (Francia all’1,2% del Pil e Euroarea all’1,1% del Pil). Nel 2012 con Mario Monti è lievemente peggiorato: 0,3% del Pil (Francia all’1% del Pil, Euroarea allo 0,9% del Pil).
Con questi dati, e un aumento del debito pubblico in gran parte dovuto ai costi sopportati dall’Italia per aiutare Grecia e Spagna, c’era più di una ragione per portare subito a casa l’allargamento del deficit italiano almeno lasciandolo alla media dell’Euroarea. Ci sarebbero state le risorse per tutte le emergenze attuali: dalla cassa integrazione, all’Imu, agli esodati, all’Iva. Senza la decisiva sponda dell’Unione europea l’Italia non avrà altra strada che tagliare la spesa pubblica. Ma non ci sono più margini per grandi risorse. La spesa corrente al netto degli interessi e dei trasferimenti ha tre grandi voci. La più grande è la previdenza, che è passata dal 19,3% del Pil nel 2010 al 20% del Pil attuale. La seconda voce è la spesa corrente degli enti locali, passata dal 13,5% del Pil al 13% in due anni. La terza voce è la spesa corrente centrale: due anni fa era al 10°,4% del Pil e ora al 9,6% del Pil. Dunque il settore che ha più margini per tagliare è proprio quello della spesa corrente degli enti locali: i dati macroeconomici sfatano la continua lamentela di sindaci, presidenti di province e regioni sula cura dimagrante loro imposta. Quel settore però è il più difficile da tagliare: bisogna affrontare miriadi di interessi, e i tempi diventano lunghissimi. A meno di tagliare di colpo i trasferimenti, chiedendo di recuperarli con la spending review locale. Ad esempio togliendo l’Imu sulla prima casa e dicendo ai comuni: vi do il miliardo e mezzo di surplus della tassa che ho ancora in tasca, e il resto ve lo procurate voi.