Sergio Romano, Corriere della Sera 3/5/2013, 3 maggio 2013
È perlomeno strano che nei dibattiti sulla riforma delle istituzioni italiane il dimezzamento del numero dei parlamentari sia dato praticamente per acquisito
È perlomeno strano che nei dibattiti sulla riforma delle istituzioni italiane il dimezzamento del numero dei parlamentari sia dato praticamente per acquisito. Finora,infatti, non si è infatti levata nessuna voce contraria. Eppure in tutti i Paesi europei paragonabili il numero dei deputati è molto simile. In Inghilterra e in Germania il numero è anzi leggermente superiore a quello dei 630 italiani (in Inghilterra sono 635, in Germania 646), mentre in Francia è di poco inferiore (577). È vero che in tutti questi Paesi la seconda Camera ha compiti un po’ diversi (l’unico Paese dell’Europa occidentale in cui esiste un bicameralismo perfetto come in Italia è la Svizzera, dove peraltro, in rapporto alla popolazione, il numero dei deputati è molto maggiore che nella penisola), ma questo è un altro aspetto del problema. Ebbene: non crede che tutti gli appelli a ridurre i parlamentari nascondano (male) un’insofferenza verso il Parlamento come tale e possano perfino preludere a una volontà di cancellare questa istituzione? Dopo tutto, se i parlamentari sono i rappresentanti dei cittadini, no si può certo dire che uno ogni 90-100 mila abitanti sia di troppo. È vero che con il «porcellum» la rappresentatività è più presunta che reale, ma volerne perciò dedurre che del legislativo si possa anche fare a meno mi sembra perlomeno discutibile. O sbaglio? Franco Celiò celiopoletti@bluewin.ch Caro Celiò, C redo che lei abbia ragione. Il dimezzamento dei parlamentari, invocato negli scorsi mesi, è stato la formula retorica e polemica con cui chiedevamo alla classe politica di fare una cura dimagrante. Ma il Parlamento, esercita bene le proprie funzioni quando risponde a due esigenze. Deve assicurare una adeguata rappresentanza del corpo elettorale e deve essere in grado di assicurare il buon funzionamento sia delle commissioni ordinarie sia di quelle speciali che potrebbero essere costituire nel corso di una legislatura. In una Camera composta, come quella italiana, da 630 persone, ogni deputato rappresenta mediamente 95.000 cittadini. Nel rapporto scritto dai quattro saggi a cui il presidente della Repubblica ha affidato il compito di proporre alcune riforme istituzionali (Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello, Luciano Violante), i deputati potrebbero essere 480 e ciascuno di essi rappresenterebbe in questo caso 125,000 italiani. Ridurre ulteriormente mi sembrerebbe inutile e demagogico. Qualcuno potrebbe osservare che i saggi hanno avanzato proposte più drastiche per il Senato: dai 315 attuali a 120. Ma il taglio maggiore è giustificato in questo caso dalle sue diverse funzioni nel sistema disegnato dai quattro saggi. Il Senato non avrebbe più gli stessi poteri della Camera e, in primo luogo, non avrebbe più quello di dare la fiducia al governo o sfiduciarlo. Come nel Bundesrat tedesco, i suoi membri non sarebbero eletti dai loro connazionali, ma scelti e delegati dalle autorità regionali. Centoventi senatori, in questo caso, sarebbero sufficienti. Un’ultima osservazione, caro Celiò, a proposito della Svizzera dove l’Assemblea federale è un Congresso ed è costituita, come negli Stati Uniti, da due Camere: il Consiglio degli Stati e il Consiglio nazionale. A prima vista il bicameralismo perfetto della Confederazione potrebbe sembrare un buon argomento per coloro che non vogliono trasformare il Senato italiano in una semplice Camera delle regioni. Ma ricordo ai lettori che la costituzione svizzera deve molto a quella americana. Non è possibile attribuire compiti diversi a ciascuna delle due Camere perché il Consiglio degli Stati rappresenta i cantoni come il Senato americano rappresenta gli Stati, mentre il Consiglio nazionale, come la House of representatives a Washington, rappresenta i cittadini. In uno Stato federale una legge è tale soltanto se approvata da entrambe le fonti della sua legittimità democratica.