Jenner Meletti, la Repubblica 3/5/2013, 3 maggio 2013
IL SUICIDIO ASSISTITO IN SVIZZERA DELLA PASIONARIA ROSSA DI JESI NEL GIORNO DELLA LIBERAZIONE
Una vita «a muso duro, un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro». Anche Daniela Cesarini, 66 anni, come Pierangelo Bertoli, ha vissuto su una carrozzella. «Eppure era la più forte di tutti noi e ci sgridava anche. Nessuno ostacolo ci deve fermare. Se li supero io, voi che scuse potete trovare?». Si piange quasi di nascosto, in questa che era diventata l’ultima casa di Daniela, che il 25 aprile è andata a morire a Basilea, con un “suicidio assistito”.
Circolo Karl Marx, quartiere San Giuseppe. La donna in carrozzella nel suo appartamento non aveva più nessuno. Il marito Amedeo se n’era andato nel 2008, dopo una lunga malattia. Il figlio Diego è andato in coma l’ultimo dell’anno, è morto dopo quattro giorni. «Non è vero — gridava la mamma — che si era drogato. Non ci sono ancora gli esiti dell’autopsia. Non infangate un bravo ragazzo». Adesso, nel circolo di Rifondazione, vicino a un ritratto di Karl Marx, c’è un nuovo messaggio, stampato su un foglio 4 per 4 e guardato come fosse una reliquia. È una frase di una canzone di Francesco Guccini. «Ognuno vada dove vuole andare / ognuno invecchi come gli pare / ma non raccontare a me cos’è la libertà». Daniela Cesarini ha voluto andare in Svizzera per liberarsi dal troppo dolore accumulato. «Il messaggino è arrivato a tre di noi, proprio il 25 aprile. Forse l’ha mandato quando era già stesa nel lettino». Hanno quasi timore a parlare, i suoi compagni, Rossana Montechiani, Sergio Ruggieri e Stefano Mezzeccheri. «Se ci vedesse qui, a parlare con un giornalista, ci sgriderebbe. “Cosa state a dichiarare? Fate, fate e state zitti”. Arrivava qui, al circolo, perché faceva politica e soprattutto insegnava matematica ai figli degli immigrati. Aveva organizzato le “Ripetizioni popolari”, diceva che tutti i bambini hanno diritto a un futuro decente».
Invece lei, la signora che da quarant’anni faceva politica prima nel Pci e poi in Rifondazione ed era stata consigliere comunale e assessore, ha pensato purtroppo di non avere futuro. «Eravamo — dice Rossana Montechiani — amiche e compagne da sempre. Eppure lei aveva una corazza inattaccabile dentro la quale viveva assieme al suo dolore. Non voleva mai parlare della sua disperazione». Tutti sapevano cosa le era successo ma nessuno poteva cercare parole di consolazione. «Era una donna — dice Simona Marini, assessore dei Verdi, che era in giunta con lei nel 1998 — legnosa e testarda, dura e caparbia. Ma poi capivi che era soprattutto generosa e che si batteva non per sé ma per gli altri. L’ho vista ridere poche volte, ma quando lo faceva, era un inno alla vita».
È arrivato a Capodanno, il dolore che non si può sopportare. La telefonata dall’ospedale, il figlio Diego è in coma. «Miscuglio di alcol e cocaina», scrivono sicuri i giornali della città. «Non è vero, ancora non si sa nulla», protesta lei. La cerimonia funebre non si fa in chiesa ma allo stadio, perché Diego, 28 anni, era un tifoso della curva jesina. «Era davvero — raccontano sotto il ritratto di Marx — un bravo ragazzo. Cercava un lavoro e anche lui era un nostro compagno, come suo padre, del resto. In politica Daniela non accettava compromessi. Era assessore ai Servizi sociali ma si dimise subito quando la giunta decise di costruire una centrale turbogas. Promettevano 264 posti di lavoro, hanno assunto 13 persone in tutto. Come sempre, aveva ragione lei».
L’unico pezzo di famiglia rimasto è suo cugino, Paolo Filonzi, stessa età di Daniela. «È stata colpita dalla poliomelite poco dopo la nascita — racconta — e ha avuto un’infanzia difficile, ma i suoi genitori sono stati bravissimi: la portavano dappertutto. “Non c’è un posto dove tu non possa andare — così le dicevano — non c’è una cosa che tu non possa conquistare”. E lei ce l’ha fatta». La laurea in Economia e commercio, una borsa di studio in Statistica per 5 anni poi per 35 anni il lavoro in banca, all’ufficio studi. «Per lei non è stato facile — dicono al circolo — avere un figlio, eppure c’è riuscita. E Diego per lei era tutto».
Guardano il foglio con la canzone di Guccini. «È chiarissimo, non c’è bisogno di spiegare nulla. Ha scelto il giorno del 25 Aprile, il giorno della Liberazione. Più chiaro di così…». Come sempre, Daniela che aveva i capelli quasi a spazzola e si arrabbiava se qualcuno in segno di affetto le accarezzava la testa, ha fatto tutto da sola. «Mi ha portato le chiavi di casa — racconta il cugino Paolo — il 22 aprile, dicendo che andava a fare un piccolo viaggio e io non mi sono meravigliato, lo faceva spesso. Prendeva treni e aerei come tutti, non voleva assistenza. Ho saputo della sua morte solo il 30». Mercoledì, ad un’amica di Daniela, arriva una lettera da Basilea. È firmata da una dottoressa. Racconta che la sera del 22 la donna è arrivata nella città svizzera ed ha chiesto il suicidio assistito. «Per due giorni la signora Cesarini è stata interrogata da psicologi ed ha confermato, in piena lucidità, la propria decisione». L’urna con le ceneri arriverà nei prossimi giorni. Verrà sepolta accanto alla tomba del figlio. «Ognuno vada dove vuole andare…». Ma nel circolo Karl Marx si continua a piangere.