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 2013  maggio 03 Venerdì calendario

SUPERPOLTRONE, COSI’ LETTA GIOCA AL RISIKO DELLE NOMINE

La staffetta all’Eni tra Passe­ra e Scaroni, con il passaggio di questi alla presidenza delle Generali; un rafforzamento della galassia Intesa Sanpaolo e il consolidamento del polo coop Unipol-Fonsai; una forte im­pronta «ciellina» sul mondo del­le costruzioni e la riabilitazione di Finmeccanica. Sono queste solo alcune delle suggestioni raccolte tra Milano e Roma in questi primi giorni del governo Letta vista la lista dei ministri ­in tema di impresa, finanza e po­teri forti. Nell’ipotesi che l’ese­cutivo si riveli duraturo, quali saranno le ricadute sugli equili­bri del fragile capitalismo nazionale? Quali le filiere di potere vincenti e i terminali per la finanza?
Fino al 2011 non era difficile trovare riferimenti precisi: nel­l’era ulivista la partita si giocava tra Prodi e D’Alema (si pensi al­la cessione di Telecom a Cola­ninno prima, o alla cacciata di Tronchetti poi); in quella berlu­sconiana la sintesi nasceva dal confronto tra Letta (Gianni) e Tremonti (dalle nomine della spa pubbliche, all’assetto del mondo Mediobanca-Genera­li). Poi, con il governo Monti, i ri­ferimenti sono pressoché scom­parsi, superati da altre emergen­ze. Si è aperto quello che un poli­tologo Usa di grido, Natham Gardels, chiama«spazio depoli­ticizzato», di fronte al quale le istanze dei poteri- nel frattem­po sempre meno forti -andava­no un po’ a sbattere. Ora, è vero che questo esecutivo resta ancora depoliticizzato per la presen­za di tecnici in posti chiave; ma vuole tornare ad avere peso.
Tra i nuovi terminali c’è di cer­to lo stesso Letta che, con il suo think tank Arel, garantisce la co­pertura neo prodiana. Un’im­pronta che varrà in molti cam­pi, dall’industria alla finanza. Per Finmeccanica sarà l’occasione di riabilitarsi. Il gruppo è sempre stato seguito da vicino, oltre che dallo zio, anche dal premier: in cda sedeva il suo «fratello» di Arel Filippo Andre­atta e in Selex lavora l’amico di gioventù Simone Guerrini.
Mentre Alessandro Pansa ha pubblicamente incassato il via libera del futuro premier già in febbraio. Arel assume valore an­che nel recinto di Intesa, la su­per banca «di sistema» salda nelle mani delle Fondazioni Ca­riplo e Sanpaolo e presieduta da Gianni Bazoli, sempre più king maker di una finanza mila­nese dove il potere laico di Me­diobanca vive un momento di debolezza. Non a caso da Piaz­zetta Cuccia non emergono contatti «politici» stretti con questo esecutivo, mentre sono forti quelli più «tecnici» con il ministro Fabrizio Saccoman­ni.
A quest’ultimo fa riferimento il secondo terminale di governo dell’economia, tutto sull’asse Visco-Draghi. Ne beneficeran­no la Cdp (230 miliardi di rispar­mio postale) e i suoi fondi, che Saccomanni ha già dimostrato di usare con abilità nella partita Generali. Mentre per le ban­che, tutte, è garanzia di dialogo, ma anche certezza che dal vigi­lante divenuto ministro non ci saranno sconti. Non fa eccezio­ne Unicredit, per il quale (un po’ come per Mediobanca, di cui è primo azionista) vale sem­pre più la capacità di fare busi­ness che quella di influenzare partite sistemiche. Anche se uno dei suoi uomini forti, Fabri­zio Palenzona, potrebbe trova­re un filo diretto con il mondo ciellino al governo, a cui è sem­pre stato vicino. E che ci forni­sce la terza (e spessa) filiera di potere: sono tre i ministri politi­ci accreditati a Cl: Maurizio Lu­pi (Infrastrutture, Pdl), Mario Mauro (Sc) e Graziano Delrio (Pd).
A Lupi in particolare si deve la prospettiva di un rilancio di opere e co­struzioni, anche per gli ottimi trascorsi relazio­nali di quell’area con Impregilo (milanese) in procinto di fondersi con Salini (romana). Il contraltare ciellino è il mondo delle coop rosse, la quarta gamba economica, quella affidata a Flavio Zanonato, ministro del­lo Sviluppo, l’unico con un sano e serio passato nel Pci. Dietro di lui ci sono sia Bersani sia D’Ale­ma. E pure un antico memoria­le, richiesto dal giudice Nordio nell’ambito di un’inchiesta su presunte tangenti che giravano dalle parti delle coop. Un mon­do che Zanonato conosce be­ne, come anche quello delle im­prese del Nord Est, e che sem­bra fatto apposta per dialogare con il nascente astro finanzia­rio bolognese Unipol-Fonsai.
Poi ci sono le spa pubbliche. Combinazione, tra un anno sca­dranno i vertici di Eni, Enel, Po­ste e Finmeccanica. Si prevede una rivoluzione per due motivi: l’ondata di rinnovamento generazionale che si è appena abbat­tuta sullo stesso governo e la possibile cessione delle quote in mano allo Stato. Cambieran­no molte caselle. A partire dal­l’Eni che l’ad Paolo Scaroni, in sella da 9 anni, dovrebbe lascia­re anche per limiti d’età: così si disse nel 2005 per il suo predecessore Vittorio Mincato, allora 68enne come sarà Scaroni nel 2014. E per la poltrona dell’Eni si prepara Passera, rimasto fuo­ri dalla poli­tica ma ben sostenu­to dall’ala montezemoliana del­l’esecutivo. Mentre per Scaro­ni, superapprezzato da Berlu­sconi, appena confermato nel cda delle Generali dal quale in­vece sembrava voler uscire, il fu­turo potrebbe riservare proprio la poltrona più alta di Trieste, in scadenza nell’aprile 2016.