Beatrice Borromeo, il Fatto Quotidiano 3/5/2013, 3 maggio 2013
LA RIVOLUZIONE E’ FINITA, INGROIA CAMBIA NOME
Mancava solo l’ufficializzazione: che l’esperienza di Rivoluzione Civile, il partito fondato poco prima di Natale da Antonio Ingroia, fosse conclusa, era chiaro già da mesi. Perchè incassata la batosta elettorale (appena il 2,2% dei voti) e superato lo smarrimento iniziale, i protagonisti di RC hanno subito cominciato a rinfacciarsi a vicenda la colpa del flop. E proprio dal divorzio a mezzo stampa tra Luigi De Magistris (secondo cui la responsabilità del fallimento era tutta di Ingroia), Antonio Di Pietro e lo stesso Ingroia (“il sindaco di Napoli è sleale”), nasce ora Azione Civile. “Nei giorni scorsi ci siamo riuniti con i soci fondatori di RC, e abbiamo detto che quell’esperienza è finita. Il progetto politico però continua”, spiega Ingroia dalla nuova sede del partito, in via del Corso a Roma. In una stanza spoglia con una bellissima vista sul cupolone di San Pietro, il pm palermitano riceve i giornalisti per mostrare il nuovo simbolo e spiegare perchè questo esperimento sarà diverso: “Stiamo rilanciando un movimento civico puro, che non crei quella parvenza da cartello elettorale”. Dunque sul modello dei Cinque Stelle, senza tessere né segreterie di partito, con una struttura orizzontale, dimenticando l’infelice alleanza con Comunisti, Arancioni, Verdi e Idv. Anche se i soldi per la campagna elettorale - circa un milione di euro - erano arrivati proprio dal partito di Di Pietro: “Adesso invece non abbiamo più un euro”, scherza Ingroia. E spiega che i fondi verranno raccolti ogni volta che ci sarà un progetto da finanziare, fino alla prossima competizione elettorale: “Già da ieri è online il sito di Azione Civile dove si può aderire al movimento versando una cifra simbolica, quattro o cinque euro”.
Le differenze con M5S sembrano poche, anche se Ingroia ci tiene a dire che “questo movimento non è personalistico, va oltre me. Cammina con le sue gambe ed è stato fortemente voluto dagli 800mila cittadini che ci hanno votato”. Una risposta, questa, per tentare di temporeggiare ancora. Scaduta l’aspettativa elettorale, Ingroia non ha ancora deciso cosa fare da grande: “Molto dipende dal Csm - spiega - se insistono nel mandarmi ad Aosta, dove non c’è una direzione distrettuale antimafia, rimango in politica”. Dipendesse da lui, la prima scelta sarebbe quella di riscuotere le tasse in Sicilia (come gli aveva offerto il governatore Rosario Crocetta) o di lavorare alla dna: “Ci sono state petizioni dei cittadini che chiedevano di mandarmi alla direzione nazionale antimafia. Non è successo. Ma restare in magistratura per me ha senso solo se mi permettono di proseguire il cammino di questi anni, continuando a combattere la mafia”. La scelta definitiva arriverà tra un paio di settimane, in tempo per la prima assemblea nazionale di Azione Civile, il prossimo 22 giugno. Lo spazio politico - giura Ingroia - c’è eccome: “Si è capito durante l’elezione del presidente della Repubblica. Sia Prodi sia Rodotà avrebbero dato forti segnali di cambiamento, ognuno a modo suo. Ma né il Pd né M5S sono riusciti a dialogare. Molti dei loro elettori sono venuti da me dicendosi pentiti. E anche il governo Letta, riedizione dell’esecutivo di Monti, non dà certo un segnale nuovo”.