Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 3/5/2013, 3 maggio 2013
RCS, A JOVANE 1 MLN PER 6 MESI
In Rcs si moltiplicano le incertezze: su chi, tra i soci, parteciperà all’aumento di capitale, su quali testate periodiche verranno cedute, su quanti esuberi, alla fine, vi saranno ai quotidiani. Ma c’è una granitica certezza: il posto di amministratore delegato del gruppo rende, e parecchio. Il nuovo a.d. Pietro Scott Jovane, per i suoi sei mesi di lavoro 2012 (dal 1° luglio al 31 dicembre) ha incassato, infatti, 1,066 milioni di euro; il suo predecessore, Antonello Perricone, se ne è andato il 2 maggio 2012 con 3.358.160 euro, di cui 355 mila fissi e il resto come liquidazione.
Insomma, gruzzoletti niente male per un gruppo che nel 2012 ha perso quasi 500 milioni di euro. Iovane ha una retribuzione annua di 550 mila euro per l’incarico di direttore generale e di 200 mila euro per l’incarico di amministratore delegato (e il pro quota 2012, sei mesi, porta a 375 mila euro). Per la sua attività 2012 ha poi incassato un bonus di 375 mila euro, più un bonus di ingresso di 300 mila euro. Il presidente di Rcs MediaGroup, Angelo Provasoli, ha invece una retribuzione di 500 mila euro, leggermente meno del suo predecessore, Piergaetano Marchetti, che invece si portava a casa 600 mila euro annui. Tra gli altri manager di cui la relazione sulle remunerazioni parla c’è Riccardo Stilli, il direttore finanziario uscito dal gruppo, che ha ricevuto compensi per 288 mila euro nel 2012, e a cui sono stati liquidati altri 275 mila euro nel gennaio 2013 per un patto di non concorrenza fino al giugno 2013.
Rcs MediaGroup, di per sé, non andrebbe poi così male: il risultato negativo monstre, infatti, è frutto di svalutazioni di asset in pancia, e non del business day by day. Svalutazioni massicce in Spagna, delle quali si è ampiamente parlato. Un po’ meno, invece, ci si è concentrati, per esempio, sulla svalutazione da 28,1 milioni di euro del Gruppo Finelco spa (che controlla le radio 105, Virgin e Rmc). Gruppo del quale, nonostante la svalutazione, Rcs ha sottoscritto l’aumento di capitale, passando, lo scorso 24 gennaio, dal 38,89% al 44,45% di quota. L’entusiasmo di Rcs, un polo editoriale con mille grattacapi, nei confronti di Finelco è abbastanza inspiegabile: come scrive la relazione finanziaria 2012 di Rcs, «il contributo del Gruppo Finelco sull’esercizio 2012 di Rcs è negativo per 8,4 milioni di euro (ed era già stato negativo per 6,3 milioni nel 2011), sia per il pro quota del risultato negativo di Finelco nell’esercizio 2012, sia per l’ammortamento di frequenze radio, sia per la svalutazione della partecipazione stessa per un adeguamento al fair value sulla base di una perizia effettuata da un esperto indipendente». Se si ricorda, tra l’altro, che il restante 46% delle azioni di Finelco è in pegno a Monte dei Paschi a garanzia di una linea di credito di 25 milioni di euro, c’è da sollevare più di un sopracciglio sulla solidità dell’azienda. Eppure Rcs insiste, versando a inizio 2013 cinque milioni di euro per partecipare all’aumento di capitale.
Ci sono poi i periodici, il cui destino appare ancora incerto: il sistema femminili di Rcs, nel 2012, ha perso il 15,3% dei ricavi, con un -30% di raccolta pubblicitaria nell’ultimo trimestre dell’anno; il sistema arredamento è arretrato del 27,8%; il comparto familiari è scivolato del 19,7%, con un -23,4% della raccolta pubblicitaria.
In generale il gruppo si regge, sostanzialmente, sui quotidiani italiani, che nel 2012 hanno portato un ebitda positivo per 50,7 milioni di euro; a seguire Dada (11,7 mln), l’attività televisiva (7,6 mln) e i libri (5,4 mln), mentre in profondo rosso sono i quotidiani Spagna (ebitda a -32,7 mln), i periodici (-16,2 mln), il corporate (-16,3 mln) e la pubblicità (-9,2 mln).