Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore 3/5/2013, 3 maggio 2013
«FLESSIBILITÀ IN ENTRATA, SI CAMBIA»
ROMA «Con attenzione». Ma la legge Fornero «va rivista», puntando su una semplificazione delle regole sulla flessibilità in entrata. A partire dai contratti a termine, con l’obiettivo di creare nuovi posti di lavoro. E frenare la disoccupazione giovanile: su questi obiettivi concordano il premier, Enrico Letta, e il neoministro del Lavoro, Enrico Giovannini. Convinti che in una fase di crisi la stretta operata dalla legge 92 del 2012 non abbia favorito l’occupazione.
Fino a gennaio si viaggiava al ritmo di 100mila posti di lavoro bruciati ogni mese, poi scesi a 40mila. Sempre troppi. Soprattutto se si considera che i più penalizzati sono i giovani, tra i quali la disoccupazione ha raggiunto a marzo il picco record del 38,4 per cento.
Tutti d’accordo nel Governo, dunque, sulla necessità di correggere la legge 92 del 2012, almeno sui contratti a tempo determinato e sull’apprendistato. Iniziamo dai contratti a termine: sono allo studio due ipotesi. In primis, si pensa di intervenire sugli intervalli minimi che intercorrono tra un rinnovo e l’altro che la legge Fornero, modificando il Dlgs 368 del 2001, ha allungato da 10 a 60 giorni (per i contratti di durata fino a 6 mesi) e da 20 a 90 giorni (oltre i 6 mesi), con l’effetto di scoraggiare le imprese a prolungare i contratti. La strada potrebbe essere quella di ridurre i periodi di intervallo, lasciando sempre alle parti, tramite la contrattazione, la possibilità di stabilire pause più brevi.
La seconda ipotesi allo studio riguarda il cosiddetto "causalone", ovvero per quali ragioni il datore di lavoro ha preferito il ricorso al contratto a termine, rispetto all’assunzione a tempo indeterminato. La legge Fornero ha abolito il ricorso alle causali per il primo contratto a tempo determinato per una durata fino a 12 mesi (che non è prorogabile). Tra le opzioni allo studio del Governo c’è quella di rendere più "leggera" la causale, generalizzando l’acausalità. Oppure, seguendo il modello adottato da altri Paesi europei, sostituire la causale con limiti massimi di ricorso al contratto a tempo determinato calcolati in base all’organico dell’azienda, fissati a livello settoriale tenendo conto delle specificità e delle serie storiche.
Per rendere ancor più conveniente il ricorso al contratto a tempo determinato si potrebbero prevedere incentivi non solo per le nuove assunzioni, ma anche per le stabilizzazioni dei contratti a tempo.
Altro elemento di criticità per le aziende è rappresentato dall’incremento dell’1,4% del costo del lavoro per i contratti a tempo determinato (introdotto dalla legge 92 per finanziare il nuovo ammortizzatore Aspi), che in una stagione di grandi difficoltà, come l’attuale, può spingere gli imprenditori a non utilizzare questo istituto, o ad optare per altri contratti meno onerosi.
Sempre in tema di flessibilità in entrata, nel mirino del Governo c’è anche l’apprendistato, rinnovato a fine 2011 dal testo unico Sacconi, e oggetto di ulteriori interventi con la legge Fornero. Nelle intenzioni del legislatore questo contratto deve rappresentare il canale d’ingresso privilegiato dei giovani nel mondo del lavoro, ma finora è stato utilizzato molto poco. Gli apprendisti in Italia sono solo mezzo milione (504.558, per la precisione, secondo l’ultimo monitoraggio Isfol) e i contratti d’apprendistato rappresentano appena il 2,8% delle nuove assunzioni. Le modifiche allo studio potrebbero interessare il regime del vincolo per le nuove assunzioni, condizionate alla stabilizzazione di almeno il 50% di apprendisti (30% fino a luglio 2015). Tra le ipotesi si potrebbe passare dal vincolo agli incentivi alle stabilizzazioni. Sempre in direzione della semplificazione si potrebbe anche stabilire che la formazione venga fatta esclusivamente in ambito aziendale, lasciando controlli esterni da parte degli ispettori. Al posto dell’attuale regime misto pubblico-privato che presenta criticità applicative, soprattutto a causa dei difficili rapporti tra le imprese e le Regioni che hanno la competenza sulla formazione e possono fissare regole diverse a livello territoriale.