
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Dopo aver lasciato sul terreno il 14% lunedì, Monte dei Paschi ha perso ieri quasi il 20% in Borsa, e la sua azione vale adesso 27 centesimi di euro, il che equivale a una capitalizzazione di poco inferiore al miliardo. Dal 2011 a oggi i soci hanno inserito nel capitale della banca di Siena dieci miliardi. Che risultano adesso quasi tutti bruciati. Si invocano interventi o altri aumenti di capitale, ma nessuno vuole comprare e allo Stato, per ora, è vietato intervenire. Quindi apparentemente si va verso un colossale fallimento.
• Come ci si è ridotti a questo punto? Ieri i vertici non hanno parlato, ma hanno sempre detto che la banca era a posto e l’utile del trimestre è di 93 milioni.
È questioni di crediti che non si riescono a riscuotere, i cosiddetti crediti deteriorati. L’altro giorno la Banca d’Italia ci ha spiegato, e noi lo abbiamo scritto, che si esagera con le sofferenze italiane, per le quali scriviamo più o meno sempre «350 miliardi», mentre i miliardi davvero impossibili sarebbero un’ottantina. A queste parole, a cui noi crediamo, il mercato invece crede poco. Crede pochissimo nel caso specifico del Monte dei Paschi, la cui cifra di credito impossibile da riscuotere si aggira intorno ai 47 miliardi, una somma enorme sia che si prendano come riferimento i 350 miliardi delle nostre cronache sia che si considerino gli 80 di Banca d’Italia. La Banca Centrale Europea - cioè Draghi - ha chiesto a Mps lo scorso 22 giugno, vigilia della Brexit, di sbarazzarsi di almeno dieci miliardi di questi crediti. Le risposte della Banca sono alla base della caduta di Borsa: Mps aveva progettato di vendere 5,5 miliardi entro il 2018 e farsi restituire per la stessa data altri 6 miliardi. Siamo molto lontani da quello che vuole Draghi.
• Che si può fare?
La via maestra sarebbe di varare l’ennesimo aumento di capitale, cioè mettere soldi freschi in cassa, in modo da poter svalutare i crediti alle cifre che circolano in Europa. Le ricordo come funziona la cosa: tu hai un credito di cento euro, e non riesci a riscuoterlo, allora lo vendi a qualcuno che saprà come farsi dare i soldi e te lo compra però a un prezzo molto più basso del valore nominale. Qual è questo prezzo? Per il resto del mondo s’aggira intorno a una ventina di centesimi. Per i bilanci delle nostre banche, al doppio. Cioè nel mondo i crediti deteriorati italiani si comprano dando venti centesimi (quando non 17) per ogni euro. Le nostre banche credono invece che si possano vendere a 40 centesimi per ogni euro. Le risparmio le argomentazioni degli uni e degli altri. Fatto sta che i crediti marci italiani a 40 centesimi non se li compra nessuno.
• Sono costretto a rifarle la stessa domanda: se nessuno ci vuole mettere i soldi, che si può fare?
Renzi e Padoan chiamano a soccorso l’articolo 32 della Direttiva sulle risoluzioni bancarie. In pratica emettere una serie di bond, non troppo diversi da quelli molto cari varati a suo tempo da Mario Monti, che facciano da soccorso preventivo, preliminare, in modo da superare il momento difficile, ma che non possano coprire le perdite. Si potrebbe fare, ma i tedeschi vogliono che comunque correntisti e obbligazionisti ci rimettano qualcosa, e a questo Renzi si oppone con tutte le sue forze, minacciando addirittura azioni unilaterali: lo Stato mette i soldi e venitemi a prendere.
• Sarebbe più giusto?
No, perché significa far pagare a me e a lei, cioè ai contribuenti, il pasticcio Mps che riguarda solo azionisti e obbligazionisti e gruppo dirigente del passato, gli uomini che hanno prodotto i crediti deteriorati prestando soldi agli amici degli amici (era la politica e Renzi non c’era). Si potrebbero migliorare i numeri trasformando gli obbligazionisti in azionisti. Questo farebbe sparire dal tavolo un rosso da sei miliardi, ma le quote degli azionisti scenderebbero di molto, e gli azionisti non ci stanno. D’altra parte, Renzi non può correre il rischio di altre perdite di consenso. E Monte dei Paschi ha dimensioni ben diverse da Banca Etruria o Carichieti.
• Quando si prenderà una qualche decisione?
Il 29 luglio saranno resi noti gli esiti degli stress test che hanno messo Mps alle corde. Per quella data, il Fondo Atlante potrebbe aver venduto le due banche venete che ha in pancia e aver trovato altri soldi per salvare Mps. Oppure si potrebbe decidere un intervento forte della Cassa Depositi e Prestiti, che è considerata fuori dal perimetro dello Stato. Terza ipotesi: Deutsche Bank ha problemi talmente enormi con i suoi derivati, che la Merkel, forse, smetterà di fare la difficile.
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