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 2016  luglio 06 Mercoledì calendario

E crolla anche il petrolio. A New York ha perso il 4,9 per cento

Il petrolio è affondato alla borsa Nymex di New York, dove le quotazioni hanno perso il 4,9% chiudendo a 46,60 dollari al barile nel calo giornaliero più marcato in cinque mesi sui timori che Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, possa rallentare la già fragile ripresa dell’economia globale rendendo improbabile la crescita della domanda energetica al punto da riuscire a ridurre l’attuale eccesso di offerta. I dati hanno mostrato forniture in rialzo, tra cui un accumulo delle scorte presso l’hub di consegna per i futures del greggio degli Stati Uniti.
I timori per la Brexit hanno colpito anche il mercato immobiliare della Gran Bretagna e hanno spinto la sterlina ai minimi di 31 anni. Per la prima volta dal 1985, la sterlina viene scambiata per meno di 1,30 dollari. Mentre i rendimenti dei Treasury americani a 10 e 30 anni hanno toccato nuovi minimi record rispettivamente all’1,3549% e al 2,1294%, il cross tra la valuta britannica e quella statunitense ha rotto al ribasso quella soglia. La maggior banca d’affari tedesca, Deutsche Bank, prevede che la sterlina arrivi entro fine 2016 a 1,15 dollari, mentre la banca americana Goldman Sachs si aspetta un cross a 1,21 dollari e non più a 1,34 dollari.
Gli analisti della banca britannica HSBC prevedono 1,20 come cambio più probabile mentre l’investitore George Soros, che già una volta mandò al tappeto la valuta britannica, suggerisce addirittura 1,15, l’equivalente di circa un euro – cioè circa 60 centesimi al di sotto della sua media dal 1971.
«Il peso economico di un Paese misurato in un’altra valuta, per il Regno Unito possiamo usare il dollaro, è un indicatore della sua capacità di proiettare il suo potere e l’influenza a livello internazionale», ha detto Barry Eichengreen, professore di economia presso l’Università della California. E questo significa che il clamoroso risultato del referendum e le successive convulsioni politiche londinesi hanno fortemente incrinato la fiducia dei mercati verso Londra. Il calo della sterlina è la febbre che segnala il riaccendersi di timori legati alla Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Ue come decisa nel referendum del 23 giugno. 
Ma la questione si intreccia alla fuga verso la qualità degli investitori internazionali. «Ci sono rischi in crescita su molti fronti -ha detto David Thompson, analista della società di brokeraggio sul mercato delle commodities, Powerhouse, con sede a Washington. «Le azioni, le materie prime e la sterlina sono sotto pressione, mentre i prezzi delle obbligazioni degli Stati Uniti e dei T-Bill sono alle stelle». Più nel dettaglio sono proseguiti gli acquisti sui titoli di stato Usa, considerati un porto sicuro in tempi di incertezze. 
Un riflesso condizionato quando sale la tensione. Così la volatilità ha spinto su nuovi minimi anche i rendimenti di titoli di stato di Svizzera, Germania e Francia. Il decennale Usa ha segnato rendimenti – che si muovono inversamente ai prezzi – all’1,37% dall’1,446% di venerdì scorso ma nel durante era arrivato fino all’1,3549% ossia sotto il minimo intraday di 1,385% raggiunto nella scorsa seduta.
I rendimenti del titolo a tre mesi sono giunti allo 0,2562 per cento. Quanto all’andamento delle altre scadenze il titolo a 2 anni, ha segnato rendimenti in ribasso allo 0,5615%; il titolo a cinque anni, rendimenti in decrescita allo 0,9416% e quello a 30 anni, rendimenti in calo al 2,1395% ma nel durante si era spinto al 2,1294 per cento. 
Come se non bastasse, una raffica di dati provenienti dalla Cina nelle prossime settimane è probabile che mostreranno che sia il commercio che gli investimenti sono in calo. Un nuovo motivo di incertezza per gli operatori e gli investitori di cui non si sentiva certo la mancanza.