Corriere della Sera, 6 luglio 2016
Crolla il prezzo del grano, mentre coltivatori e pastai litigano
Mai così basso dalla campagna 2009-2010 ad oggi. Il prezzo dei cereali continua a scendere e adesso un quintale di grano duro vale il prezzo di una, al massimo due pizze: 24 euro sul mercato di Bologna, riferimento per il Nord Italia, 19 euro su quello di Foggia, il più importante del Mezzogiorno, più o meno la metà delle quotazioni di fine 2014. Il caso del Sud è il più preoccupante: nella seduta di mercoledì scorso, l’ultima di giugno, la commissione prezzi della Camera di commercio di Foggia non ha «prudentemente» quotato il grano che veniva scambiato, la scorsa settimana, a 16 euro al quintale. Il prezzo non è stato fatto, evidentemente, per non alzare ulteriormente la tensione, che tra produttori di grano e industriali è già alle stelle: i primi, con prezzi così bassi non riescono ad andare avanti; i secondi si lamentano del basso tasso proteico del grano italiano che li costringe a importare dall’estero materia prima di più alta qualità. Per i consumatori i potenziali effetti negativi sono due: c’è il rischio, per Confagricoltura, che dal prossimo anno sia sempre meno la pasta made in Italy, fatta con grano italiano; per Coldiretti, che si allarghi la forchetta, già elevata, del prezzo che dal grano al pane cresce del 1.450% e dal grano alla pasta del 400%.
Oggi – a Foggia – e domani – a Bologna – il test delle quotazioni sarà quindi molto importante. Particolarmente in Puglia, la regione leader per produzione in Italia. «Faremo comunque una quotazione anche senza la commissione – spiega Fabio Porreca, presidente della Camera di commercio di Foggia – che probabilmente andrà deserta». Come conferma il presidente della Confagricoltura locale Onofrio Giuliano: «Diserteremo in segno di protesta nei confronti degli industriali: a fronte di una maggiore produzione nazionale quest’anno dovrebbe esserci una importazione minore. Le aziende chiedono maggiore qualità? Giusto, ma non tutto il grano può essere venduto a prezzi da discount». Le stime di Italmopa, l’associazione che rappresenta l’industria molitoria italiana, in effetti confermano che la produzione nazionale di grano duro, nel 2016, si attesterà a 5,5 milioni di tonnellate, il livello più alto dell’ultimo decennio (4,2 milioni nel 2015). «Il raccolto è abbondante – precisa, però, il presidente di Italmopa Ivano Vacondio – ma pur sempre inferiore alle esigenze quantitative dell’industria molitoria. E presenta qualche lacuna dal punta di vista qualitativo». Di qui il calo dei prezzi del grano duro italiano al quale le aziende preferiscono quello straniero. «Non abbiamo nessun pregiudizio per il grano italiano – spiega Mario Piccialuti, direttore di Aidepi, l’associazione che rappresenta i pastifici – anzi saremmo ben lieti, per motivi logistici, di utilizzare solo materia prima nazionale. Ma i produttori devono garantire, oltre alla purezza base, anche gli standard qualitativi richiesti dalle aziende».