Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  luglio 06 Mercoledì calendario

INTERVISTA A LUCIO SCHETTINO – Roma, luglio Più che toghe rosse, toghe che arrossiscono. Da settimane tiene banco sui giornali e nei corridoi delle Procure di mezza Italia una storia di amori, messaggi imbarazzanti e denunce, il cui protagonista ha un nome che richiama altri guai e altre amanti

INTERVISTA A LUCIO SCHETTINO – Roma, luglio Più che toghe rosse, toghe che arrossiscono. Da settimane tiene banco sui giornali e nei corridoi delle Procure di mezza Italia una storia di amori, messaggi imbarazzanti e denunce, il cui protagonista ha un nome che richiama altri guai e altre amanti. Si chiama Lucio Aschettino, napoletano, presidente della V Commissione del Consiglio Superiore della magistratura (organo di autogoverno delle toghe) e membro di Magistratura Democratica. Quando la storia è venuta fuori, oltre a imbarazzarsi si è armato di comunicato stampa e minacce di querela a giornalisti e colleghi chiacchieroni. Andiamo con ordine e rimaniamo sui fatti. Per farlo, però, dobbiamo partire dal gossip che lo ha fatto infuriare. Il sito che lo ha tirato fuori, giustiziami.it, l’ha riportato in questi termini (poi rivelatisi in parte infondati): avendo inviato per errore alla moglie un messaggio per la sua amante, Aschettino avrebbe pensato di uscirne denunciando il furto del cellulare; per questo, sarebbe indagato per simulazione di reato e sottoposto a un procedimento disciplinare da parte del Csm. Le cose, dicevamo, non stanno proprio così. Contenuto scottante Se, infatti, è vero che dal cellulare di Aschettino è partito un messaggio di Whatsapp dal contenuto imbarazzante, non regge la storia che fosse indirizzato alla sua amante e sia finito per errore alla moglie. Sostiene chi lo ha letto che contenesse riferimenti a una relazione del mittente con una donna e che fosse indirizzato a una terza persona. La moglie del giudice, anche lei magistrato, lo avrebbe ricevuto solo perché membro del gruppo di Whatsapp cui per errore è stato inviato. Un gruppo composto da decine di persone, motivo per cui la storia ha innescato gossip e ricostruzioni. Alcune molto fantasiose. Non è vero, per esempio, che Aschettino abbia denunciato il furto del cellulare: si è limitato a fare un esposto per “accesso abusivo”, sostenendo che qualcuno avesse utilizzato il cellulare a sua insaputa. È stato un software? L’indagine nata dall’esposto dovrà verificare se e come sia stato possibile. Ci sono infatti due modi in cui qualcuno può inviare messaggi dal nostro account di Whatsapp: se lasciamo incustodito il cellulare per il tempo necessario; o se nel cellulare viene installato un “virus spia” per utilizzarlo da remoto, cioè senza averlo fisicamente in mano. Nel primo caso, a tirare il brutto scherzo ad Aschettino potrebbe essere stato un collega o amico buontempone (o un nemico…) che si trovasse con lui nel momento in cui il messaggio è partito, e abbia approfittato di una distrazione del magistrato per usare il telefono (se per esempio si trattasse di un iPhone, servirebbe un codice di sblocco; senza, come sappiamo, neanche l’Fbi ci riesce) e inguaiarlo. In questo caso, vista la piega presa dallo scherzo, difficile credere che l’autore si faccia avanti e si scusi per la bravata. Anche se forse non ce n’è bisogno: agli inquirenti basterà chiedere ad Aschettino dove si trovasse nel momento in cui quel messaggio è partito per restringere il campo dei presunti colpevoli. Nel secondo caso, più inquietante, l’autore dell’accesso abusivo avrebbe dovuto installare nel cellulare di Aschettino un (costosissimo) software spia attraverso il quale manipolarne le attività. Forse troppo per uno scherzo, a meno che -  come qualcuno ha sostenuto – tutta questa faccenda non rientri in un intricato regolamento di conti interno al Csm. «Nessuna indagine» Tra i dettagli falsi di questa storia, anche quello che vorrebbe Aschettino indagato per simulazione di reato a Perugia. Se Aschettino fosse davvero indagato lo sarebbe a Roma, perché le indagini si fanno nel luogo del presunto reato. Alla regola fanno certamente eccezione i magistrati, che non possono essere indagati dalla Procura per cui lavorano. Ma non è il caso di Aschettino: fa parte del Tribunale di Nola e a Roma opera solo in qualità di membro del Csm. Per mettere un freno ai dettagli fantasiosi, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini ha diramato nei giorni scorsi un comunicato in cui si legge che «non risulta pendente alcun procedimento penale o disciplinare a carico di componenti del Csm»; Aschettino ha aggiunto: «Non sono mai stato indagato né archiviato per simulazione di reato o altra ipotesi delittuosa». I due comunicati hanno però dato adito a interpretazioni: nei corridoi e sulle mailing list interne, i magistrati fanno notare che in entrambi i casi si parla al presente o al passato e nulla si garantisce sulle evoluzioni della vicenda a meno che l’indagine nata dall’esposto non sia stata già chiusa, dettaglio che non è dato conoscere. Comunque vada a finire, un lieto fine c’è già: la moglie del magistrato lo ha “assolto” ed è rimasta al suo fianco.