Fabio De Rossi, Quattroruote 7/2016, 6 luglio 2016
SE IL DRAGONE CAMBIA MARCIA
L’internazional popolare cinese in maglia nerazzurra è l’ennesimo colpo dell’ex Impero di mezzo. Che, ormai, è più di qua che di là, considerando il trapasso d’investimenti finanziari verso l’Occidente, Italia compresa. E con uno schema tattico piuttosto chiaro: soldi, tanti, per avere accesso al know-how tecnologico e poterlo replicare. In tutti i settori. Compreso quello automotive, dove però serve qualche distinguo. Da noi l’operazione più rilevante è stata Pirelli-ChemChina: circa 7,4 miliardi di dollari per il controllo dei pneumatici premium della Bicocca. E non solo. Il 35% di Cdp Reti, il veicolo della Cassa depositi e prestiti che controlla poco meno del 30% di Snam e Terna, è andato a China State grid, la più grande società elettrica del mondo. Shanghai Electric ha rilevato il 40% di Ansaldo Energia, mentre gli yacht Ferretti fanno capo a Shig-Weichai. Per non parlare delle quote di portafoglio intorno al 2% della Banca centrale cinese in Eni, Generali e Telecom. Insomma, la Cina è più vicina di quanto sembri. Tanto che si è parlato del possibile ingresso del Gac. il Guangzhou automobile group, nel capitale azionario del partner FCA. Circostanza smentita da ambo le parti, ma che probabilmente è nel “book” di qualche banca d’affari. A parte Geely con Volvo, le conglomerate cinesi puntano a crescere in modo organico sul mercato interno, potenzialmente il più grande del mondo. Assemblare vetture costa tantissimo e dà ritorni bassi: meglio puntare (per ora) sulle joint venture per imparare l’arte e metterla da parte. E intanto il Dragone continua a fare fuoco e fiamme.