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 2016  luglio 06 Mercoledì calendario

Le salme dei nove italiani uccisi a Dacca sono state rimpatriate, tra le lacrime delle famiglie e gli abbracci di Mattarella. Una scena straziante

Sono i singhiozzi convulsi dei familiari a fare da sottofondo al ritorno delle salme dei nove italiani uccisi a Dacca venerdì notte, un fosco requiem accompagnato dal rombo degli aerei in partenza e in arrivo da Ciampino ma anche dall’irrituale silenzio dei fotografi ammassati, muti, a pochi metri dalle bare avvolte nel tricolore.
Quando alle 19 il volo di Stato atterra allo scalo romano trova ad attenderlo una piccola folla di mogli, mariti, genitori, fratelli e sorelle, tutti schierati sulla pista insieme al Presidente della Repubblica Mattarella, il ministro degli Esteri Gentiloni, le massime autorità della Repubblica. Si sorreggono a vicenda i parenti di Adele Puglisi, Marco Tondat, Claudia Maria D’Antona, Nadia Benedetti, Vincenzo D’Allestro, Maria Rivoli, Cristian Rossi, Claudio Cappelli e Simona Monti. In prima fila c’è una bambina sui sei anni, probabilmente la figlia dell’imprenditore brianzolo Cappelli a cui finora non era stato spiegato troppo: ascolta cosa le dice la donna vestita di nero che la tiene stretta, stiracchia a lungo l’abitino bianco e poi inizia a piangere così tanto da essere dolcemente portata via. 
«A nome del governo mi sono impegnato con il presidente Mattarella ad assicurare che i benefici previsti dalla legge per le vittime del terrorismo si applichino ai nostri caduti all’estero», dice al termine della cerimonia il ministro Gentiloni. Quelli che fino a poco prima sfilavano storditi davanti ai carri funebri allineati sotto al Boeing 767 del XIV Stormo non pronunciano parola, composti, attoniti, in parte sotto choc come l’unico sopravvissuto, Gianni Boschetti, uno spettro sulla pista di Ciampino rimasto a distanza dalla bara della moglie Claudia di cui a Dacca, nascosto dietro una siepe, ha udito le grida di aiuto prima della mattanza. Ma l’Italia vuole prendere parte attiva all’indagine in corso e mentre a Dacca si susseguono le retate la Procura di Roma sta preparando una rogatoria internazionale per domandare al Bangladesh copia degli atti sull’attacco (potrebbe richiedere d’interrogare l’unico superstite del commando).
«Le autorità bengalesi sono confuse, capiscono di non aver colto i segnali leggibili negli attentati precedenti, da Tavella a padre Tavolari, ma sono aperte a esplorare le piste interne come quelle esterne e chiederanno la nostra collaborazione per le indagini sulla cellula responsabile della strage», racconta all’arrivo il vice-ministro degli esteri Mario Giro, partito ieri mattina da Dacca con le salme e Boschetti. Un viaggio assai più lungo della decina di ore regolamentari: «Prima di imbarcarci ho accompagnato Boschetti a deporre dei fiori al ristorante, non faceva altro che ripetere come per ore si fosse tormentato se restare nascosto o rientrare nel locale a farsi uccidere con la moglie e con gli altri».
A Ciampino, prima che le salme vengano condotte al Gemelli per l’autopsia e poi restituite alle rispettive città per i funerali in forma privata, c’è spazio solo per i singhiozzi. Boschetti resta in disparte, una giovane donna tiene sul petto la foto del compagno perduto, don Luca Monti, parroco di Magliano Sabina, benedice una a una le bare insieme ad altri due sacerdoti ma si accascia piangendo sull’ultima, quella della sorella Simona, 33 anni, incinta di pochi mesi. Alle sue spalle il padre, un omone in maniche di camicia, si regge in piedi a stento.