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 2016  luglio 06 Mercoledì calendario

COSÌ NACQUE LAURA PALMER. IN PRINCIPIO FU UN CADAVERE

Il desiderio da parte del pubblico di arrivare alla soluzione dell’enigma ‘ha rovinato tutto’”. David Lynch ama la sua creatura enigmatica: Twin Peaks, quella soap opera per la televisione “all’improvviso” che paradossalmente diede al suo creatore lo “stimolo per soluzioni ingegnose”. Lui stesso racconta ai milioni di fan ogni dettaglio della serie e degli altri film in “Io vedo me stesso”, summa di un decennio di interviste del regista, musicista e pittore, raccolte da Chris Rodley. Pubblichiamo alcuni stralci.
LA GENESI
Un giorno Mark (Frost, ndr) e io stavamo parlando al Du Pars, la tavola calda all’angolo tra Laurel Canyon e Ventura, e a un tratto ci venne in mente l’immagine di un corpo avvolto nella plastica e trasportato dalla corrente sulla riva del lago […]. Fu così che ebbe inizio la cosa (ride). In origine si intitolava Northwest Passage; era una storia ambientata in una cittadina del North Dakota. Ma non la consideravamo un’idea tanto importante. […] Quello che mi piaceva era l’idea di una lunghissima storia a episodi […]. Scrivemmo qualcosa e poi io, non so più per quale ragione, dovetti tornare a New York; così comunicammo attraverso un modem installato a casa di Isabella Rossellini.
LA TRAMA
Il tema principale era il mistero di chi ha ucciso Laura Palmer, che però poi sarebbe scivolato leggermente in secondo piano a favore degli altri abitanti della città e dei loro problemi. […] È difficile dire come Twin Peaks sia diventato Twin Peaks. Forse non sapevamo neanche noi che cosa fosse.
CAFFÈ E CIAMBELLINE
In effetti la torta di ciliegie e il caffè erano già nella sceneggiatura, ma con l’andare del tempo acquistarono un maggior peso. […] Quando arrivammo là la proprietaria – si chiamava Peggy, credo – faceva sì e no sei torte al giorno, forse meno. Dopo Twin Peaks ne faceva sessanta! Gli autobus scaricavano davanti al locale tedeschi, giapponesi, gente di tutto il mondo che entrava nel dine e prendeva caffè con torta alle ciliegie. Quel posto rimarrà sempre sulle mappe!
LA VERA “SIGNORA CEPPO”
Ebbi un’idea mentre facevamo Eraserhead. […] S’intitolava I’ll Test My Long with Every Branch of Knowledge! [Ho messo alla prova il mio ceppo in ogni ramo della conoscenza], un programma televisivo di mezz’ora la cui protagonista doveva essere Catherine nelle vesti, appunto, della “Signora Ceppo”. […] Stavamo girando l’episodio pilota (di Twin Peaks, ndr), […] scena della riunione del consiglio comunale. Mi aveva colpito il fatto che Catherine dovesse parteciparvi: non doveva fare altro che tenere quel ceppo tra le mani e attirare l’attenzione su di lei. […] Il pubblico rispose molto favorevolemente, e quindi quello di Catherine diventò una specie di personaggio fisso. […] Grazie a un bel po’ di ricerche scovammo dei luoghi meravigliosi. La segheria, per esempio.
[…] In quel posto ci avevano messo da parte dei tronchi di un metro e mezzo o due di diametro che galleggiavano su un laghetto. Li mandavano su con un grande convogliatore a nastro continuo e li tagliavano con un’enorme sega circolare. Dopodiché arrivava una donna con cappello rigido e bastone e toccava il ceppo. È la persona più pagata della segheria. […] Per circa quattro giorni girammo sia interno che all’esterno, sfruttando tutte le immagini: le lame della sega e tutto il resto. L’intenzione non era di usarle per i titoli di testa, dove poi vennero inserite.
KILLER BOB
Frank Silva era l’assistente dello scenografo. […] Stavamo girando nella camera da letto di Laura Palmer e Frank era lì, a fare il suo lavoro. Stava spostando dei mobili. A un certo punto mise una cassettiera davanti alla porta. Così in quel momento Frank era nella stanza mentre tutti gli altri erano fuori, e qualcuno, non ricordo chi fece: “Frank, non rimanere bloccato nella stanza”. Allora mi venne un’illuminazione, e dissi: “Frank, sei un attore?”. “Sì”. “Vuoi recitare in questo film?”. “Certo”. “Allora ci sarai!”. “Che cosa farò?”. “Non lo so ancora, ma sicuramente ci sarai”.
[…] Avevamo quasi finito in casa Palmer, credo. Grace Zabriskie è lì sul divano e fuma, assorta nei suoi pensieri. […] Poi vede qualcosa. […] L’operatore era per terra, pronto a saltar su per riprenderla. Ed ecco che BAM!, scatta su e lei lancia uno strillo fantastico […] “Bellissimo!”. E l’operatore: “Mica tanto”. “Che c’è” dico io. E lui: “C’era qualcuno riflesso nello specchio”. “Che nessuno si muova! Dov’era?” Guardai nel mirino, e di chi era quel riflesso? In fondo a quel vecchio specchio c’era Frank!. “Perfetto”, mi dissi. Ma non sapevo ancora che diavolo potesse significare”.
L’ASSASSINO
Non dicemmo mai niente a nessuno (che il colpevole fosse Leland Palmer, ndr) […] volevamo lasciarlo a lungo in sospeso. Però a quelli della tv non piacque proprio per niente; anzi, ci costrinsero in tutti i modi ad arrivare all’assassino […]. La gente insisteva, voleva sapere […] Molti credevano che l’assassino […] fosse Benjamin Horne. Il primo giorno della settimana in cui dovevamo girare quella sequenza chiamammo Ben e Leland e filmammo due volte la stessa scena, prima con l’uno poi con l’altro. Quindi nessuno, nemmeno la troupe sapeva chi dei due sarebbe stato il colpevole.
LAURA PALMER
La scegliemmo da una foto. Sapevamo che avremmo girato a Seattle e, dato che quel personaggio era morto e quindi non aveva battute, non volevamo prendere qualcuno di Los Angeles, a cui avremmo dovuto pagare alloggio, diaria e tutto il resto solo per interpretare il ruolo di un cadavere. […] E poi, sai, un giorno c’era e il giorno dopo non c’era più. Mentalmente, però, era presente in ogni scena.
David Lynch, il Fatto Quotidiano 6/7/2016