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 2016  luglio 06 Mercoledì calendario

«Volete o no che l’Ue possa obbligarci ad accogliere in Ungheria il ricollocamento forzato di cittadini non ungheresi?». È questo il quesito del referendum indetto ieri per il 2 ottobre dal presidente Janos Ader. L’esito è scontato

«Volete o no che l’Ue possa obbligarci ad accogliere in Ungheria, senza l’autorizzazione del Parlamento ungherese, il ricollocamento forzato di cittadini non ungheresi?». È questo il quesito (dall’esito scontato) del referendum indetto ieri per il 2 ottobre dal presidente della Repubblica ungherese Janos Ader. La consultazione è stata proposta dal governo di destra populista guidato da Viktor Orban, ed approvata dal Parlamento il 10 maggio. Sarà valida (ma gli effetti giuridici della consultazione non sono affatto chiari visto che si vota sugli effetti di un Trattato internazionale) con l’affluenza di almeno 50% dell’elettorato (4 milioni di elettori). 
Secondo Orban, si tratta di decidere sull’indipendenza del Paese, e di far valere il diritto di scegliere con chi convivere. In sostanza il voto rischia di diventare una sorta di referendum sulla Ue e in effetti l’opposizione democratica accusa Orban di voler portare il Paese fuori dall’Ue, seguendo l’esempio britannico. L’opposizione di sinistra boicotterà il referendum mentre il partito di estrema destra Jobbik lo sosterrà.
In base a quanto stabilito dall’Ue, l’Ungheria dovrebbe accogliere circa 1.300 migranti da ricollocare, ma il governo teme un sistema di quote e con il referendum vuole mettere le mani avanti.
Dopo l’annuncio della Presidenza della Repubblica, il ministro dell’Informazione, Antal Rogan, ha ricordato che l’Ungheria sarà il primo Paese dove si voterà sulla politica europea di immigrazione, e gli elettori sono chiamati ad esprimere un messaggio di protesta contro questa politica. «Sono soltanto gli ungheresi a decidere con chi vogliono convivere», ha detto senza però mettere in dubbio se accettare i copiosi versamenti netti che ogni anno l’Ungheria riceve dal bilancio europeo,
Incoraggiato dall’esito del voto della Gran Bretagna per uscire dall’Unione, Orban è andato avanti con il suo referendum che spera gli darà un mandato per sfidare Bruxelles. Una massiccia campagna pro-referendum è già in atto. Orban ha preso una posizione anti-immigrazione durante l’afflusso di profughi verso l’Europa l’anno scorso. L’Ungheria è stato il punto di ingresso principale nella zona Schengen per i migranti che viaggiavano via terra dalla Grecia fino a quando Orban ha chiuso la frontiera croata e serba. 
L’Ungheria, insieme alla Slovacchia, ha già fatto ricorso contro il piano di ricollocazione Ue, stabilito durante il culmine della crisi dello scorso anno, in cui saranno definite le quote di migranti da ospitare per ciascun Paese dell’Ue in due anni. Ma l’Unione europea sta anche discutendo un cambiamento delle nuove regole in materia di asilo, che impongono agli Stati membri di accettare obbligatoriamente una quota di profughi o di pagare una sanzione per ciascun migrante dovesse essere alloggiato altrove. 
Antal Rogan, capo di gabinetto di Orban, ha detto che il flusso di migranti doveva essere fermato. «Il governo ungherese si rivolge ai cittadini per dire no al reinsediamento obbligatoria e per dire no alla politica di immigrazione di Bruxelles», ha detto ai giornalisti. Rogan ha anche detto che l’Ungheria ha raddoppiato le truppe che pattugliano il suo confine meridionale con la Serbia, in cui da 6mila a 10mila poliziotti e soldati saranno schierati d’ora in avanti.
Secondo il governo quest’anno più di 17mila migranti hanno attraversato l’Ungheria illegalmente dalla Serbia. Rogan ha detto che i trafficanti di esseri umani avevano cominciato a usare i droni per monitorare il movimento delle pattuglie di frontiera ungheresi, aggiungendo che l’Ungheria ha informato le autorità serbe su questo episodio.
Le misure anti-immigrazione decise da Orban sono molto popolari in patria, ma molto criticate dai gruppi per i diritti umani. A partire da questo mese, una nuova legge appena entrata in vigore, permette alla polizia magiara di rispedire di nuovo in Serbia i migranti irregolari arrestati entro otto chilometri dal confine, una norma oggetto di forti critiche da parte dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite.