la Repubblica, 6 luglio 2016
5.186.904.000 di euro in azioni subordinate. Ecco quanto rischia Mps
«Ormai il capitale è andato. Ora il dilemma è sui bond subordinati». Dopo il -30% in due sedute di Borsa e una quotazione scesa a 750 milioni di euro, gli investitori grandi e piccoli del Monte si concentrano su ciò che rimane di “aggredibile” dal sempre più prossimo intervento di sistema, che potrebbe coinvolgere nelle perdite i portatori delle obbligazioni “subordinate” nel rimborso, quindi meno sicure. Mps ne ha per 5.186.904.000 euro, una bella somma per una banca del suo tenore, su un ammontare complessivo di circa 60 miliardi emessi dalle banche italiane. Quelli targati Mps sono 15 e secondo stime attendibili stazionano nelle tasche dei correntisti della banca tra la metà e i due terzi del totale. Pagano, quando ci riescono, cedole comprese tra il 2,3% e il 7,4%, e in otto casi hanno un rating Moody’s Caa3, ben sotto il livello di investibilità (in gergo, “spazzatura”). Ma i subordinati sono anche il pane degli speculatori, per l’alto rendimento delle loro cedole: lo si è visto ieri, quando sul mercato secondario si sono deprezzati tra il 6 e il 12%, penalizzando i bond di altri istituti.
Mentre si avvicina la soluzione di sistema del nodo bancario senese, un numero crescente di operatori s’interroga sul futuro di questi bond, che da un decennio le banche nostrane usano per rimpolpare il patrimonio. In più casi giocando con la fiducia dei clienti, che identificano ogni prestito bancario con un titolo sicuro. La rischiosità dei subordinati si è vista, invece, lo scorso novembre, quando il salvataggio consortile delle quattro banche del Centro Italia è costato l’azzeramento di 788 milioni di loro bond junior, circa 340 milioni in mano a 10mila risparmiatori. Sul caso Mps si dice che siano circa 60mila i detentori di bond subordinati, esposti tra 2,5 e 3,4 miliardi secondo i modi del computo. Il management guidato da Fabrizio Viola, ma ancor più il governo di Matteo Renzi, faranno di tutto per evitare brutte sorprese a questi creditori della banca; ma non la vede così la Commissione europea, che dal 2013 ha introdotto il criterio del “bail in” alle banche, e vuol dunque vedere sacrifici privati prima di concedere salvataggi pubblici.
Uno dei rischi è la conversione in azioni dei subordinati, prevista dalla direttiva Brrd in vigore da gennaio. Ma il salvataggio operato da Atlante su Veneto banca e Vicenza ha “graziato” i loro obbligazionisti subordinati. Inoltre, per la diffusione, la conversione forzosa sarebbe più adatta ai soli investitori istituzionali (come i portatori dei 434 milioni di bond tipo Tier 1, i più rischiosi tra i subordinati); mentre non sarebbe un’operazione amichevole per chi è meno esperto. Tra questi, i titolari dei 2,16 miliardi di obbligazioni scadenza 2018, taglio minimo da soli 1.000 euro e interamente vendute agli sportelli Mps, dalla gestione di Mussari & Vigni quando doveva finanziare l’acquisto di Antonveneta.