La Stampa, 6 luglio 2016
Sette domande e sette risposte per capire cosa succede in Mps. Cosa rischiano i correntisti, i risparmiatori e come mai le banche italiane sono ancora nei guai
Quali risparmiatori rischiano, nella crisi delle banche italiane?
Chi ha un conto corrente no. I primi 100.000 euro di ciascun deposito sono comunque intoccabili. Oltre i 100.000 euro secondo la normativa europea i depositi rischiano solo in casi estremi, che sono fuori dell’orizzonte. Invece sono in pericolo gli obbligazionisti, come per Banca Etruria, Cassa di Ferrara eccetera. Proprio a causa di quell’esperienza negativa il governo sta cercando di evitare che vengano colpite le obbligazioni subordinate (titoli rischiosi già a norma della legge fallimentare, che non avrebbero dovuto essere venduti ai piccoli risparmiatori). Il Monte dei Paschi, la più grande delle banche in pericolo, ha in circolazione subordinate per 5 miliardi di euro, oltre 6 volte la somma di quelle di Etruria, Marche, Ferrara e Chieti. Negli ultimi giorni in Borsa le quotazioni sono cadute e precipizio: quei titoli sono al momento invendibili se non a prezzo di realizzare una forte perdita.
Ma perché l’Europa insiste per coinvolgere le obbligazioni?
La normativa europea sul «bail-in» o salvataggio interno, in vigore dal 2013, risponde a un principio nobile: non scaricare sui contribuenti le malefatte dei banchieri. Ovvero, lo Stato può intervenire a sostegno delle banche solo se prima pagano coloro che hanno dato fiducia ai cattivi banchieri, o comprandone le azioni o sottoscrivendone le obbligazioni. Il dubbio di questi giorni è se il principio non sia stato adottato troppo presto, prima che fossero completamente sanate le conseguenze della grande crisi del 2007-2008; lo ha espresso anche un economista autorevole come l’americano Barry Eichengreen. In teoria la norma è giusta, e sono i banchieri a non gradirla perché limita i loro margini di azione; in pratica, dovendola applicare su ampia scala in un momento di incertezza, si rischia di far dilagare la sfiducia.
Come mai le banche italiane sono ancora nei guai?
In Italia sono più gravi problemi che esistono in tutta l’area euro. Dopo il referendum britannico la speculazione torna a prendere di mira la fragilità dell’unione monetaria; non potendo colpire i titoli pubblici protetti dagli interventi della Bce, si sfoga sui titoli bancari. Per questo oggi invece di veder salire lo «spread» tra i titoli di Stato italiani e tedeschi vediamo precipitare le quotazioni azionarie delle banche (anche delle grandi banche tedesche).
Non siamo il solo Paese ad aver sbagliato, dunque?
La stessa Germania credeva di aver risolto tutto nel 2013, quando ha dato l’impulso principale alla nuova normativa europea di cui sopra. Ha proclamato «basta aiuti di Stato alle banche», dopo averne concessi da parte propria in grande abbondanza. Il più grande istituto tedesco, la Deutsche, che il denaro pubblico non l’ha voluto, ha ancora in bilancio una quantità enorme di «titoli tossici» ed è considerata a rischio. Lo Stato federale resta il maggior azionista della seconda, la Commerzbank: alle quotazioni attuali di Borsa perde ben 4 dei 5,1 miliardi di euro investiti.
A noi italiani quanto è costata finora la crisi bancaria?
Da noi gli aiuti alle banche dopo la crisi sono stati modesti; lo Stato ha riavuto indietro tutti i soldi prestati, tranne una parte degli interessi dovuti dal Monte dei Paschi. Al contrario di quanto molti credono, finora non si sono scaricati oneri sui contribuenti. Gli interventi su Etruria eccetera sono stati pagati dalle altre banche. Invece il denaro pubblico dovrà essere usato adesso, con gli interventi di cui si discute. Secondo alcuni, intervenendo prima si sarebbe speso meno.
Chi è responsabile di questa situazione?
L’ex presidente del consiglio Mario Monti ha dichiarato che i banchieri, durante il suo periodo di governo, non volevano essere aiutati. In effetti i gruppi azionari di maggioranza hanno cercato di mantenere il pieno controllo delle loro aziende, rifiutando il soccorso dello Stato e ricorrendo solo in misura limitata ad altro capitale privato. Sono anche state evitate drastiche riduzioni di personale, a cui i sindacati si opponevano. La distribuzione di dividendi agli azionisti è stata contenuta, anche su pressione della Banca d’Italia, ma avrebbe potuto esserlo ancora di più. In generale, non si era previsto che le difficoltà dell’economia italiana si protraessero tanto a lungo.
Che cosa accadrà nei prossimi giorni?
In sostanza si sta discutendo di chi paga e quanto. Il governo italiano, per timore che si diffonda sfiducia tra gli investitori, è pronto ad accollare pesi ai contribuenti. Le autorità europee insistono per tener fermo in qualche modo il principio che chi dà soldi ai cattivi banchieri li perde.