
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
C’è altra gente nei guai per questioni legate a corruzione, tangenti e malavita.
• Chi?
Un Raffaele Cilindro impegnato negli appalti per la ricostruzione dell’Aquila e vicino al boss camorrista Zagaria. Poi Antonio Gozzi, che è presidente dell’Entella (serie B) ed è accusato dalla magistratura belga di aver pagato tangenti in Congo. Nuove rivelazioni sull’inchiesta di Firenze (ne abbiamo trattato ieri) mostrano che il giro di corruzione, se hanno ragione i magistrati, riguarda praticamente tutte le grandi opere pubbliche: i cantieri dell’Expo, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, la Fiera di Roma, l’Alta Velocità Milano-Verona, il terminal di Olbia, l’hub portuale di Trieste, il completamento della Livorno-Civitavecchia, il Metro 5 e la City Life di Milano, oltre alla Tav propriamente detta, quella piemontese, da cui è partita tutta l’inchiesta. Al centro del giro corruttivo, questo Ercole Incalza settantunenne, pugliese di Brindisi, inamovibile da capo della Struttura tecnica di missione dei Lavori Pubblici, a suo tempo seguace del Signorile ministro dei Trasporti (la sinistra ferroviaria). È andato in pensione lo scorso gennaio. E i politici, come il ministro Lupi sembra, che con leggine apposite gli avevano allungato la permanenza al ministero, erano pronti a prolungarlo ancora.
• Vediamo. I giornali hanno pubblicato delle intercettazioni. Che cosa capiamo dalla lettura di questi testi?
Poco. È certo che intercorressero stretti rapporti di colleganza tra tutti i personaggi coinvolti, questo Incalza, l’imprenditore Perotti e proprio Lupi. Dalle telefonate è trasparente il giro di corruzioni e di tangenti? Direi di no, e mi auguro che sul punto i magistrati abbiano altre pezze d’appoggio. C’è forte odore di potere e odore di favoritismi, però.
• E quindi?
E quindi ha il suo peso anche il sentimento generale che è di convinzione assoluta della vocazione di tutti a farsi gli affari propri, cioè del marcio generale. Prendiamo, come termometro di questo sentimento, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, molto sensibile al vento che tira: è freddissimo, a quanto riferiscono, ed è pronto a mollare Lupi. Il quale Lupi dovrà andare in Senato a riferire, e dopo il suo discorso, sottoporsi al voto dei senatori sulla mozione di sfiducia congiunta presentata da Sel e Movimento 5 Stelle. Il ministro rischia grosso e il premier-segretario sembra pronto a rimpiazzarlo. Il fedele sottosegretario Del Rio dichiara: «Dimissioni? Lupi ci pensa». ma il ministro resiste. La decisione di convocarlo al Senato, d’altronde, è stata presa dai capigruppo all’unanimità, cioè col voto favorevole anche del Pd. E tra le prese di posizione di ieri, va registrata con grande attenzione anche quella di Luigi Zanda, non solo perché si tratta del capogruppo dei democratici, ma anche perché fino al 1995 è stato a capo del Consorzio Venezia Nuova e ha strenuamente avversato il progetto Mose, altro pozzo senza fondo di mazzette.
• Che cosa ha detto?
Invitando a non trarre conclusioni affrettate (quindi: piano con i processi sulla pubblica piazza e i relativi linciaggi), Zanda ha però aggiunto: «Il ministro Lupi ricorda che l’ingegner Incalza è stato il padre della “legge obiettivo”. Proprio da quella legge negli ultimi vent’anni è nata gran parte dei guai degli appalti per le grandi opere pubbliche». Zanda mette sotto accusa il punto centrale della norma. «È un grave errore aver affidato alle imprese appaltatrici anche progettazione delle opere e direzione dei lavori. Con questa gigantesca concentrazione di poteri — conclude Zanda —, non c’è da stupirsi se nei grandi appalti i contenuti progettuali e il controllo dell’andamento dei lavori possono essere piegati a interessi economico-industriali».
• Secondo me, la questione centrale è la permanenza troppo lunga degli stessi super-burocrati nello stesso posto.
Sono d’accordo: gli basta compromettere un minimo il ministro di turno, per tenerlo in pugno a vita. Devono avere gli armadi pieni di dossier (Incalza, andandosene a gennaio, li ha naturalmente svuotati). E però, se ci pensa, non è neanche semplice ruotarli, come si fa con i vigili urbani o con i direttori delle filiali bancarie. Il super-burocrate o grand commis, è anche un concentrato di esperienze, e adopero la parola “esperienze” in tutti i sensi, competenze giuridiche e finanziarie, conoscenza degli uffici, sempre più labirintici, e anche semplici conoscenze umane, perché è pure illusorio che tutto si svolga in un vuoto sterilizzato di ogni odore, passione e interesse. Non si deve avere fretta, non si deve linciare la gente sulla base dell’antipatia, e però, con saggezza, a questo punto, bisogna anche fare piazza pulita.
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