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 2015  marzo 18 Mercoledì calendario

Notizie tratte da: Claude Lanzmann, L’ultimo degli Ingiusti, Skira 2015, pp. 128, 15 euro.Vedi Libro in gocce in scheda: 2326412Vedi Biblioteca in scheda: 2309028• Il rabbino Benjamin Murmelstein, la personalità più brillante della comunità ebraica di Vienna che, fin dal marzo 1938, data dell’Anschluss (l’annessione dell’Austria alla Germania), si oppose con tenacia ad Eichmann per strappargli il maggior numero possibile di vittime, prima di diventare l’ultimo Decano del Consiglio degli Ebrei di Theresienstadt, dal dicembre 1944

Notizie tratte da: Claude Lanzmann, L’ultimo degli Ingiusti, Skira 2015, pp. 128, 15 euro.

Vedi Libro in gocce in scheda: 2326412
Vedi Biblioteca in scheda: 2309028

• Il rabbino Benjamin Murmelstein, la personalità più brillante della comunità ebraica di Vienna che, fin dal marzo 1938, data dell’Anschluss (l’annessione dell’Austria alla Germania), si oppose con tenacia ad Eichmann per strappargli il maggior numero possibile di vittime, prima di diventare l’ultimo Decano del Consiglio degli Ebrei di Theresienstadt, dal dicembre 1944.

• Condannato ingiustamente all’esilio e impeditagli la possibilità di stabilirsi in Israele come avrebbe desiderato, Benjamin Murmelstein trascorse a Roma la maggior parte della sua vita.

• Claude Lanzmann, che oltre al libro realizzò anche un film sulla vita del rabbino Murmelstein.

• La citta di Theresienstadt, 60 km a nord-ovest di Praga, una città-fortezza costruita alla fine del diciottesimo secolo, scelta dai nazisti per essere adibita a quello che Adolf Eichmann definiva “il ghetto modello”, un ghetto da mettere in mostra.

• A Theresienstadt, come avevano fatto nei ghetti della Polonia dal 1939, i nazisti istituirono un Consiglio Ebraico costituito da 12 membri e un decano, chiamato Judenälteste, letteralmente “il più vecchio degli ebrei”.

• A Theresienstadt, durante i quattro anni di esistenza del ghetto, dal 1941 al 1945, si alternarono tre decani degli ebrei.

• Jakob Edelstein, il primo decano ebreo, era di Praga, sionista e amava molto i giovani. I nazisti lo arrestarono nel novembre del 1943, lo deportarono ad Auschwitz e sei mesi dopo lo uccisero con un colpo di pistola alla nuca, dopo aver assassinato la moglie e il figlio davanti ai suoi occhi.

• Paul Eppstein, il secondo decano, era di Berlino. Anche lui fu ucciso con un colpo alla nuca, a Theresienstadt, il 27 settembre del 1944.

• Benjamin Murmelstein, il terzo e ultimo decano di Theresienstadt, un rabbino di Vienna, nominato nel dicembre del 1944.

• Murmelstein, un uomo di bell’aspetto e dalla mente brillante, il più capace dei tre decani e forse il più coraggioso. Non tollerava la sofferenza delle persone anziane.

• Nonostante fosse riuscito a tenere in piedi il ghetto, fino agli ultimi giorni della guerra, per salvare la popolazione dalle “marce della morte” ordinate da Hitler, Murmelstein subì l’odio di una parte dei sopravvissuti. Sarebbe potuto facilmente scappare, ma non lo fece e preferì essere arrestato e imprigionato dai cèchi dopo che alcuni ebrei lo accusarono di collaborare con il nemico. Trascorse diciotto mesi in prigione prima di essere prosciolto da tutte le accuse. Fu esiliato a Roma, dove condusse un’esistenza molto difficile. Non andò mai in Israele, nonostante il grande desiderio di farlo e il grande amore per quella terra.

• Murmelstein, che si definisce lui stesso “l’ultimo degli Ingiusti”.

• Murmelstein aveva scritto un libro in italiano, intitolato Terezin, il ghetto modello di Eichmann, pubblicato nel 1961.

• Già dal 1941 Theresienstadt era popolata da ebrei cèchi e austriaci. Costruita per ospitare 7000 soldati al massimo, Theresienstadt assorbì anche 50.000 ebrei nei periodi di punta.

• Tra il novembre del 1941 e la primavera del 1945, 140.000 ebrei furono fatti sbarcare alla stazione di Bohušovice, per essere condotti, nelle peggiori condizioni, a Theresienstadt, distante tre chilometri e conosciuta con il nome cèco di Terezin, la città di cui Hitler fece dono agli ebrei.

• La città di Terezin accoglieva tutti coloro che, per ragioni di età o perché invalidi di guerra, non erano abili al lavoro. Le organizzazioni ebraiche erano state “autorizzate” a stipulare contratti che concedevano un vitalizio a Terezin-Terme, contro la rinuncia a tutti gli averi in favore del fondo di Eichmann.

• Entro poche settimane, le persone anziane arrivate nel ghetto erano 40.000.

• Una volta adagiati su pavimenti di mattoni, i vecchi non si alzavano più. Per trovare un rubinetto, un lavandino o una latrina, bisognava scendere e risalire un’interminabile fila di gradini.

• Qualcuno dei pochi fortunati che avevano trovato posto in una delle case sgombre tentava di esplorare la città, usciva e non faceva più ritorno. Confusi e attoniti, i vecchi vagavano per le strade, stentavano a riconoscere il portone della casa dove avevano dormito. Un servizio di orientamento, appositamente creato, aveva l’incarico di raccogliere questi ebrei erranti e di indagare sulla loro identità.

• Nel ghetto non c’era spazio per tutta la gente arrivata: diretti a est da Theresienstadt si registrarono 2000 deportati in giugno, altri 2000 in luglio e 3000 in agosto, così si rendeva libero qualche giaciglio.

• I morti furono 155 in maggio e 2327 in agosto (1942).

• Per i morti un carro funebre non bastava. I cadaveri si portavano, trenta alla volta, al crematorio, su un veicolo grande con piattaforma allargata. Il rito funebre, sempre collettivo per trenta o quaranta salme, si svolgeva quattro volte al giorno in una casamatta vicino alla barriera.

• Le bare non venivano chiuse perché la loro costruzione prevedeva di poter riutilizzare il coperchio e le pareti laterali per un altro morto, mentre la base doveva accompagnare il cadavere nel forno e contribuire all’alimentazione del fuoco.

• Claude Lanzmann incontrò e intervistò Benjamin Murmelstein a Roma, nel 1975.

• Nel 1944, a Theresienstadt, durante i lavori di abbellimento della città, fu girato un film di propaganda nazista, Theresienstadt. Murmelstein appariva in una scena accanto al decano Eppstein, ma poi quella scena fu tagliata perché Eppstein poche settimane dopo fu giustiziato.

• Nel 1975, Murmelstein era l’ultimo decano del Consiglio degli Anziani, l’unico ancora in vita. Nato nel 1905, è morto nel 1989.

• Quando Murmelstein arrivò per il suo interrogatorio, la prima volta, nel carcere di Pankratz a Praga, nel 1945, la domanda che gli fecero fu: «Come mai lei è vivo? Come mai lei è vivo?». Tutti i decani ebrei erano stati uccisi.

• Fin dal 5 maggio 1945 Murmelstein era in possesso di un passaporto da diplomatico della Croce rossa internazionale. Poteva andarsene in qualunque momento, ma non lo fece.

• «Io sono sopravvissuto perché avevo una favola da raccontare. Dovevo raccontare la favola del paradiso degli ebrei, Theresienstadt. Loro pensavano che avrei raccontato di un ghetto dove gli ebrei vivono come in paradiso, dove sono felici. Mi hanno tenuto in vita per raccontare questa favola. E alla fine è arrivato il 5 maggio del 1945, quando la Croce Rossa Internazionale è entrata a Theresienstadt. (…) Non mi hanno preso, ecco il mistero della sopravvivenza» (Benjamin Murmelstein).

• «In fondo il decano del Consiglio degli Anziani era sempre fra l’incudine e il martello, fra gli ebrei e i tedeschi. E la persona in quella posizione può parare un bel po’ di colpi, fare in modo che il colpo che arriva dall’alto non colpisca l’incudine. Ma lui prende tutti i colpi. Non può evitarne nessuno» (Benjamin Murmelstein).

• Murmelstein cominciò a lavorare per la comunità ebraica di Vienna nel giugno del 1938, dopo l’Anschluss.

• La prima volta che Murmelstein vide Eichmann fu nell’estate del 1938. Lui era ancora tenente e non aveva un ufficio. Lo ricevette sulla tromba delle scale. Murmelstein doveva scrivere per lui rapporti sull’emigrazione, ebraica e non.

• La notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, la Notte dei Cristalli, quando Murmelstein fu svegliato alle tre del mattino dal custode della sinagoga di Tempelgasse di Vienna, dove officiava all’epoca. Si vestì immediatamente e andò nella Seitenstettengasse, negli uffici della Comunità Ebraica. Ma appena in strada fu arrestato e portato al tempio nella Seitenstettengasse, dove un gruppo di militari stava distruggendo ogni cosa. Fracassavano gli oggetti sacri con martelli e accette. Eichmann comandava tutto, aveva uno scalpello in mano e distruggeva gli oggetti religiosi nel tempio.

• Nella Notte dei Cristalli furono bruciate e distrutte quarantadue sinagoghe. Alcune vennero rase al suolo. Soltanto una di esse, situata in mezzo agli edifici della Seitenstettengasse, non fu ridotta in macerie. Completamente restaurata, è l’unico luogo di culto ebraico nella Vienna di oggi.

• Il 10 novembre 1938, ore dopo la Notte dei Cristalli, Eichmann irruppe nell’ufficio di Murmelstein come un pazzo, con un revolver in mano, urlando che bisognava ancora promuovere l’emigrazione. Qualche giorno dopo, si inventò una storia dicendo che lui era dovuto andare alla comunità ebraica, il 10 novembre, altrimenti l’intero posto sarebbe stato distrutto. Eichmann era andato lì per proteggere l’edificio e gli uffici.

• Nell’interpretazione di Murmelstein, il 10 novembre 1938 ricorreva il ventesimo anniversario della proclamazione della Repubblica di Weimar: il 10 novembre 1918 Philipp Scheidemann aveva proclamato la Repubblica di Weimar, conosciuta anche come “la Repubblica degli Ebrei”. Esistono dichiarazioni sia di Hitler che di Rosenberg in cui essi affermavano che quel giorno gli ebrei avevano tradito la Germania e che avrebbero pagato per questo.

• Gli ebrei, che erano costretti a pagare tasse altissime e si dissanguavano per farlo. C’era anche la tasse sul cane.

• Ovunque gli ebrei dovevano cedere il posto agli ariani. Se un ebreo era in fila e arrivava un ariano, l’ebreo doveva cedere il posto.

• Eichmann introdusse il cosiddetto fondo per l’emigrazione. Un ebreo per ottenere un passaporto doveva fornire un elenco delle sue risorse finanziarie ed era obbligato a pagare una tassa per l’emigrazione. La versava a un fondo per l’emigrazione che era amministrato da Eichmann o, più precisamente, dal suo braccio destro, il dottor Jakowicz.

• La questione dell’emigrazione, molto importante per Eichmann perché gli dava soldi e, quindi, potere. In questo modo era indipendente dall’ufficio economico e amministrativo delle SS.

• Quella volta che, nell’aprile del 1939, Murmelstein accompagnò il più anziano dei rabbini di Vienna, il dottor Taglicht, a Londra, dove doveva emigrare. Durante il viaggio di ritorno, il volo da Londra a Vienna era vuoto e Murmelstein viaggiò da solo. Fino a Rotterdam erano in due. Poi rimase solo con la hostess. Era il giorno in cui Hitler aveva fatto un discorso sulla guerra: nessuno osava andare in Germania perché avevano paura che quel giorno avrebbe dichiarato la guerra.

• Nel giugno del 1939 arrivarono a casa di Murmelstein due certificati, con i quali il rabbino e la moglie sarebbero potuti emigrare in Palestina, ma lui preferì rinunciare e cederli a un suo amico studente.

• L’emigrazione nel ’39, in primavera e in estate, procedette in maniera soddisfacente grazie a un’operazione diretta da Murmelstein, detta Richborough Camp. La gente che stava nei campi di concentramento poteva uscirne solo se aveva la possibilità di emigrare.

• «Se qualcuno fa una cosa con passione, è sempre convinto di essere stato scelto per farlo» (Benjamin Murmelstein).

• Dal 1933 i nazisti inseguivano un unico e ossessionante obiettivo: sbarazzarsi degli ebrei, ovvero degli ebrei tedeschi. Dopo l’annessione dell’Austria, l’Anschluss, e dopo l’invasione della Cecoslovacchia, aumentò il numero di ebrei. Con la conquista della Polonia, i membri della razza ebrea sotto il dominio nazista aumentarono di tre milioni.

• Nel 1936, alcuni membri polacchi della Dieta di Varsavia pensarono di spedire tutti gli ebrei in un luogo remoto. Fu istituita una commissione per stabilire se l’isola di Madagascar fosse adatta a questo progetto. La “Commissione Lepecki”, dal nome del presidente, intraprese un viaggio in Madagascar, ma la guerra interruppe temporaneamente la discussione. Si pensò quindi a una nuova soluzione, la terraferma.

• La guerra con la Polonia finì nel settembre del 1939. Il 10 ottobre i leader ebrei di Austria e Cecoslovacchia vennero convocati da Eichmann a Ostrava, in Boemia, e venne loro annunciato che la prima deportazione degli ebrei, da Vienna e Praga, sarebbe avvenuta da lì a qualche giorno.

• Una trovata di Eichmann, creare una riserva per gli ebrei in Polonia nei pressi della cittadina di Nisko, in una zona situata tra i fiumi Bug e San.

• Benjamin Murmelstein da Vienna e Jakob Edelstein da Praga partirono con il primo convoglio di mille persone con il compito di costruire il campo che avrebbe dovuto accogliere altri convogli in tempi brevissimi.

• Il primo convoglio, partito da Ostrava il 18 ottobre 1939 e arrivato a Nisko il 19.

• Il 15 ottobre del 1939 Murmelstein ricevette l’ordine, subito dopo l’occupazione della Polonia, di presentarsi a Ostrava dallo Sturmbannführer Rolf Günther, che faceva le veci di Eichmann a Berlino. Qui gli fu detto del trasferimento a Nisko.

• Arrivati a Nisko, Eichmann spiegò a Murmelstein e agli altri che avrebbero dovuto costruire un campo. Dovevano costruire prima le baracche per gli uomini delle SS e poi quelle per il personale del campo, per quelli che sarebbero rimasti. Dovevano rispettare le misure sanitarie, non potevano usare l’acqua e dovevano scavare nuovi pozzi perché in quella zona giravano il tifo, il colera e così via.

• In tre settimane, i tecnici del convoglio partito da Ostrava costruirono tredici baracche nella terra attorno a Nisko, in un posto chiamato Zarzecze, che in polacco significa “oltre il fiume”.

• «I tedeschi nascondevano la verità al resto del mondo. Nisko veniva fatta passare come un’operazione di ripopolamento. (…) Alla stampa veniva detto che si trattava di un piano di ripopolamento appoggiato dalle organizzazioni ebraiche e al quale partecipavano funzionari ebrei. Addirittura gli ebrei gestivano l’intero programma delle partenze. Doveva risultare che gli ebrei si deportavano da soli. Doveva essere una auto-deportazione» (Benjamin Murmelstein, intervistato da Lanzmann a Roma nel 1975).

• Murmelstein rimase circa 25 giorni a Nisko, poi tornò a Vienna.

• Gli ebrei cèchi avevano voluto credere nella creazione del ghetto modello. Temevano la deportazione a Est, in Polonia, Paesi Baltici, Bielorussia, Ucraina, e il fatto che Theresienstadt si trovasse nel cuore della Boemia, a soli 80 chilometri da Praga, la capitale, dove avevano vissuto per secoli, li rassicurava. Presto però si resero conto, in soli due mesi, che Theresienstadt, con la sua cosiddetta “amministrazione autonoma”, non era altro che un campo di concentramento.

• Dopo soli due mesi dall’inaugurazione del ghetto modello, Eichmann e i suoi diedero inizio alle deportazioni ad Auschwitz e agli altri campi di sterminio a Est.

• Le impiccagioni alla Caserma Aussig, il 10 gennaio del 1942, il giorno dopo la prima deportazione a Riga. I tedeschi sanzionavano gli ebrei con la pena di morte anche per le colpe più veniali.

• In quel gennaio del 1942, il Consiglio degli Anziani, presieduto dal decano Edelstein, fu costretto ad assistere, insieme ai nazisti, alle impiccagioni. A Edelstein furono date quattro ore per trovare un boia, e lui stesso fu minacciato di finire fra gli impiccati se non l’avesse trovato. Il decano obbedì, con le ginocchia che gli tremavano.

• Per gli ebrei cèchi, confinati nella Caserma dei Sudeti, il luogo dove furono rinchiusi dal loro arrivo a Theresienstadt, tutto era semplicemente proibito: far passare una lettera, cercare di parlare con la propria moglie e con la propria figlia, togliere la stella per entrare in un negozio cèco, ecc. Tutto questo veniva punito con la morte.

• Quando Edelstein, la mattina del 10 gennaio del 1942, fu costretto a trovare un boia, pena la sua stessa impiccagione. Decise di rivolgersi ai macellai; ne trovò tre, ma rifiutarono tutti. Alla fine, trovò un certo Fischer dell’obitorio di Brno e Fischer accettò a condizione che gli fosse garantito un bicchiere di rum e del tabacco da masticare.

• Questa la motivazione delle impiccagioni: «Ordine numero 21, in data 8 gennaio 1942. Diversi abitanti del ghetto sono stati arrestati mentre cercavano di consegnare delle lettere di nascosto. Questo atto è considerato una violazione della legge marziale e per i colpevoli è prevista la pena di morte».

• I due capi nazisti di Theresienstadt, all’epoca, erano Siegfried Seidl e il suo assistente, Karl Bergl. Bergl insultò uno dei giovani che stava per salire sulla scala che portava alla forca per essere impiccato. Gli disse: «Muoviti, vigliacco!». E il giovane gli rispose, calmo: «No, non sono un vigliacco. Sono un uomo innocente». Si mise il cappio al collo da solo, saltò e la corda si spezzò. Allora il boia, il signor Fischer, disse: «Sentite, graziatelo. Non faccio il boia di professione, ma so che in questi casi si fa così». Ma il signor Seidl rifiutò.

• I nazisti liquidarono tutti i ghetti che erano ancora in funzione, compreso il ghetto di Lódz, il 21 agosto del 1944, l’ultimo ghetto a essere liquidato. E così rimase solo Theresienstadt.

• A Theresienstadt i tedeschi vivevano nella paura di una rivolta e delle circa 23.000 persone ancora presenti nel ghetto decisero di deportare 10.000 uomini in buona salute in grado di guidare una rivolta.

• Così fu ucciso Eppstein: un giorno un ufficiale delle SS lo chiamò per chiedergli di consegnare circa 30 sacchi alla Caserma Aussig. Eppstein si avviò in bicicletta su una strada a cui era vietato l’accesso. L’aveva fatto dozzine di volte senza che nessuno se ne fosse minimamente preoccupato. Ma quella volta fu accusato di aver tentato la fuga in bicicletta attraverso una strada a cui lui non poteva accedere. Fu portato nell’ufficio del comandante nazista del ghetto, Rahm. Erano presenti Rahm, Eppstein, il secondo di Rahm che si chiamava Ernst Möhs e Benjamin Murmelstein. Fu arrestato. Fu condotto alla Piccola Fortezza da due uomini delle SS. Fu ricevuto dal comandante in seconda della Piccola Fortezza, Wilhelm Schmidt, e si presentò secondo il regolamento: «Comandi!», con le cosce e le ginocchia unite come gli ebrei erano obbligati a fare davanti a un ufficiale delle SS. Lo portarono via immediatamente e lo fucilarono. Volendo mascherare l’esecuzione, i nazisti fecero venire quattro bare, invece di una, della stessa lunghezza del corpo di Eppstein e le mandarono a cremare, anche se tre di esse erano vuote.

• Benjamin Murmelstein, che quando Eppstein fu arrestato prese il suo posto. Fu nominato terzo decano nel dicembre del 1944.

• Murmelstein arrivò per la prima volta a Theresienstadt nel gennaio del 1943.

• Gli ebrei erano suddivisi in categorie. Murmelstein faceva parte della categoria A, in quanto vicario del decano, insieme a docenti universitari, generali, ministri e così via. Della categoria B facevano parte i funzionari ebrei tedeschi. La categoria B non portava nulla, era solo un titolo. Non aveva effetti. Invece gli ebrei di categoria A avevano certi diritti. Erano protetti durante i trasporti e non erano obbligati a lavorare.

• Murmelstein arrivò con la moglie a Theresienstadt la sera tardi. Giunti alla stazione, furono accolti da un gruppo di giovani, tutti ben vestiti, con giacche di pelle, che gridavano come gli uomini delle SS. C’era anche Seidl. Era furioso con lui e lo salutò con parole di rimprovero. Poi li portarono via e gli confiscarono i bagagli: Murmelstein fu l’unico della categoria A a cui fecero questo, gli altri tennero i bagagli senza problemi.

• A Theresienstadt Murmelstein dovette occuparsi di due settori nei quali, come i nazisti ben sapevano, non poteva fare nulla: l’ufficio tecnico e l’assistenza sanitaria. Inoltre gli misero contro i responsabili degli altri settori in modo che non lavorassero con lui. In questo modo pensarono di averlo neutralizzato.

• «Questa era la situazione: dopo le deportazioni di ottobre, il ghetto era un cumulo di macerie. Un cumulo di macerie. Le luci nelle stanze erano accese 24 ore su 24, le strade erano piene di letame, i malati cadevano dal letto, l’acqua gocciolava dai rubinetti e nessuno riusciva a chiuderli. Nessuno si curava di niente. Era tutto allo sfacelo. Io decisi di riportare un po’ di ordine, così i nazisti avrebbero tenuto aperto il ghetto. Introdussi le 70 ore settimanali. Feci lavorare la gente» (Benjamin Murmelstein, intervistato da Lanzmann a Roma nel 1975).

• Murmelstein si prese la responsabilità di eliminare la marcia di un’ora e introdusse il tempo libero. Si prese la responsabilità di autorizzare uscite dalle 20 alle 22.

• Dopo l’ottobre del ’44 ci furono tredici nascite nel ghetto. Questi bambini sopravvissero. Per quelli nati prima di ottobre del 1944, le SS ordinarono l’eliminazione.

• «Noi sapevamo di Birkenau. Per noi Birkenau era un ghetto per famiglie, gliel’ho già detto. Questo è assodato. Tutto il resto è stato ricostruito a posteriori. La prego, è davvero così» (Benjamin Murmelstein).

• Quando a Theresienstadt arrivarono i bambini di Bialystok. Nel 1943 c’era il progetto di mandare bambini ebrei dalla Polonia in Inghilterra e in Palestina in cambio di civili tedeschi dal Medio Oriente.

• Quando i bambini arrivarono a Theresienstadt, Murmelstein non sapeva né chi erano né da dove venivano, ma solo che doveva ospitarli. Nessuno poteva parlare con loro. Chi lo faceva doveva essere isolato dal ghetto.

• A un certo punto i bambini dovevano lavarsi, per questioni di igiene. Con una certa difficoltà Murmelstein ottenne il permesso per lavarli. Lì una bambina perse la sua carta d’identità e sopra c’era scritto “Bialystok”. Mentre si lavavano, quando i bambini videro le docce, strillarono: «Gas!». Fu qualcosa che Murmelstein e gli altri all’epoca non capirono.

• Alcuni bambini si ammalarono di una malattia contagiosa. Furono isolati in un reparto con un dottore e un’infermiera. Un bel giorno Murmelstein trovò il reparto vuoto. Niente bambini malati, né infermiera e dottore. Il giorno dopo alcune bare apparvero nel crematorio. Il numero delle bare corrispondeva a quello delle persone scomparse.

• I bambini sani rimasti dovevano andare all’estero. Tra gli accompagnatori, tutti volontari, c’era un giovane operaio ebreo di Vienna, Aron Menczer, che si presentò insieme a Ottla Kafka, sorella dello scrittore. Murmelstein: «Loro accompagnarono i bambini, si pensava a Ovest. Oggi sappiamo che il convoglio non andò a Ovest, ma a Est. E questa è la fine della storia». Li portarono ad Auschwitz, dove morirono tutti.

• A Theresienstadt non si sapeva la verità su Auschwitz. La appresero solo in un secondo momento, dagli slovacchi. Alcune voci giunsero fin dall’estate del 1944, ma ne furono del tutto convinti solo nell’aprile del ’45, quando i sopravvissuti di Auschwitz arrivarono lì e lo confermarono.

• Murmelstein era odiato sia dai tedeschi che dagli ebrei. Si era fatto la reputazione di «uomo cattivo».

• Gershom Scholem, uno studioso che aveva detto e scritto che Murmelstein meritava di essere impiccato dal popolo ebraico.

• «Se mi fossi messo a piangere, non sarei stato lì e neanche loro. Non era un senso di megalomania a spingermi a identificarmi con il ghetto. Salvare me stesso e salvare il ghetto era più o meno la stessa cosa. Le due cose erano legate. Io e il ghetto. Se avevano interesse a tenere aperto il ghetto, io ero salvo, perché dovevo occuparmene» (Benjamin Murmelstein).