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 2015  marzo 18 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ATTACCO JIHADISTA IN TUNISIA

repubblica.it (20.13)
TUNISI - Le vittime dell’attacco terroristico al Museo del Bardo di Tunisi sono 22, 50 i feriti. Aggiornamento che ritocca nel giro di pochissimo tempo le cifre appena diramate dal premier Habib Essid, che aveva parlato di 19 morti, forse escludendo dal conteggio i due jihadisti e l’agente delle forze di sicurezza morti nel blitz che ha portato alla liberazione degli ostaggi. Tra le vittime, anche italiani. "Le autorità tunisine hanno parlato di vittime italiane e di altre nazionalità e mi è stato confermato dal primo ministro, ma aspettiamo altre conferme" ha spiegato in conferenza stampa il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Fra i morti ci sono almeno 4 polacchi, mentre 11 di loro sono rimasti feriti. Lo ha annunciato stasera, ancora in via non ufficiale il principale telegiornale pubblico polacco sulla base delle informazioni del ministero degli Esteri. Secondo il premier tunisino Habib Essid, tra i turisti vittime dell’attacco ci sono anche italiani, tedeschi e spagnoli.

Gli italiani rimasti uccisi potrebbero essere due, come rivelato dalla drammatica testimonianza di una turista torinese, al telefono durante il sequestro. Le altre sono di nazionalità polacca, tedesca e spagnola. Secondo il sito di El Mundo, tre turisti sono rimasti uccisi durante l’irruzione delle teste di cuoio tunisine. Matteo Renzi riferisce alla Camera: "Non siamo nelle condizioni di ufficializzare il numero degli italiani coinvolti". La Procura di Ro,a in contatto con la Farnesina, ha aperto un fascicolo sull’accaduto...


REPUBBLICA.IT
TUNISI - Le vittime dell’attacco terroristico al Museo del Bardo di Tunisi sono 22, 50 i feriti. Aggiornamento che ritocca nel giro di pochissimo tempo le cifre appena diramate dal premier Habib Essid, che aveva parlato di 19 morti, forse escludendo dal conteggio i due jihadisti e l’agente delle forze di sicurezza morti nel blitz che ha portato alla liberazione degli ostaggi. Tra le vittime, anche italiani. "Le autorità tunisine hanno parlato di vittime italiane e di altre nazionalità e mi è stato confermato dal primo ministro, ma aspettiamo altre conferme" ha spiegato in conferenza stampa il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Gli italiani rimasti uccisi potrebbero essere due, come rivelato dalla drammatica testimonianza di una turista torinese, al telefono durante il sequestro. Le altre sono di nazionalità polacca, tedesca e spagnola. Secondo il sito di El Mundo, tre turisti sono rimasti uccisi durante l’irruzione delle teste di cuoio tunisine. Matteo Renzi riferisce alla Camera: "Non siamo nelle condizioni di ufficializzare il numero degli italiani coinvolti". La Procura di Ro,a in contatto con la Farnesina, ha aperto un fascicolo sull’accaduto.
Ancora il premier tunisino ha affermato che il commando era composto da cinque persone, ancora non identificate ma si sa che "coloro che hanno compiuto l’operazione sono due e sono stati uccisi". Habib Essid ha inoltre annunciato di aver preso "provvedimenti urgenti", in particolare "misure preventive per tutelare la stagione turistica". "Difenderemo il settore, abbiamo preso tutte le misure per garantire la sicurezza nella capitale e nei siti turistici" ha assicurato il premier.
Per le 18 è previsto un discorso alla nazione del presidente tunisino Béji Caïd Essebsi. Che all’Afp anticipa: "La Tunisia farà di tutto per impedire nuovi attacchi". Essebsi ha sottolineato che la sfida lanciata dal terrorismo in Tunisia è la stessa per tutta le regione nordafricana e ha evocato la caduta nel caos della vicina Libia, dove è protagonista lo Stato Islamico: "Anche in Tunisia ci aspettavamo un’azione (terroristica) di grado elevato". Una sfida che consiste anche nell’arginare il colossale e fin qui incontrollabile traffico di armi che interessa tutta la fascia maghrebina, dal Marocco all’Algeria alla stessa Tunisia.
Il partito islamico Ennahda, dissociandosi dal radicalismo, ha organizzato per la serata un sit-in nel centro di Tunisi per condannare l’attacco. Numerosi manifestanti si stanno raccogliendo davanti al teatro comunale in Avenue Bourguiba con cartelli e bandiere tunisine, intonando slogan come "’Tunisia libera, via i terroristi", riferisce la Bbc.
Il capo della diplomazia dell’Ue, Federica Mogherini: "L’Unione Europea è determinata a mobilitare tutti i suoi strumenti per sostenere pienamente la Tunisia nella lotta contro il terrorismo e nella riforma del settore della sicurezza" così come "nella transizione democratica e nelle riforme economiche". Il segretario di Stato americano John Kerry: "Gli Usa sono accanto al popolo tunisino in questo momento difficile e continuano a sostenere gli sforzi del loro governo per avanzare verso una sicura, prospera e democratica Tunisia". Condanna del terrorismo e condoglianze alle vittime dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon.
Assalto al museo. Le cifre ufficiali si aggiornano di minuto in minuto, mentre parallelamente si rincorrono altri numeri e altre informazioni non confermate provenienti da media locali, testimoni, sopravvissuti. Tutto è cominciato questa mattina quando terroristi, forse con indosso le uniformi dell’esercito, hanno fatto fuoco contro un pullman parcheggiato davanti al Museo del Bardo, non lontano dalla sede del Parlamento, uccidendo otto persone (sette stranieri, di cui due britannici, e un tunisino) per poi asserragliarsi all’interno del museo con un numero imprecisato di visitatori. Secondo vari media, più di 200 turisti erano all’interno del museo del Bardo al momento dell’attacco.
Media riportano che l’attacco è stato rivendicato dallo Stato Islamico. Due ore dopo le forze speciali antiterrorismo sono entrate in azione: nel blitz sono rimasti uccisi due terroristi e un agente, riferisce un portavoce del Ministero dell’Interno, aggiungendo che "tutti gli ostaggi sono stati liberati". Un terzo terrorista, uno studente di 22 anni, sarebbe stato arrestato, secondo altre fonti della sicurezza. In effetti, una foto mostra un uomo dal volto coperto bloccato dagli agenti speciali.
Tunisi: terroristi sparano nel museo. Blitz libera gli ostaggi: ma le vittime sono 22, anche italiani
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Il bilancio delle vittime era salito dunque a 11, ma poi è intervenuto il premier a fornire un altro numero, 19, destinato a essere rivisto. Mentre resta imprecisato il numero degli ostaggi liberati. "Questa sarà una guerra lunga: dobbiamo mobilitarci a ogni livello, tutti insieme, tutte le appartenenze politiche e sociali, per lottare contro il terrorismo. Serve unità nella difesa del nostro Paese che è in pericolo" le parole del premier Habib Essid.
Tunisi, le forze speciali in azione al museo Bardo
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Italiani tra gli ostaggi. La Farnesina conferma che vi sono italiani coinvolti. Sicuramente alcuni erano imbarcati su una nave di Costa Crociere ed erano in tour nella città. La società di navigazione fa sapere di essere in stretto contatto con il Mise e di aver richiamato a bordo della "Costa Fascinosa" tutti i passeggeri (3161 in totale) e che "le autorità di sicurezza locali hanno predisposto misure eccezionali nell’area portuale per garantire la sicurezza della nave, dei passeggeri e dell’equipaggio. La partenza della nave da Tunisi - si legge nella nota - prevista da programma alle ore 20 di oggi, sarà molto probabilmente posticipata". Tre italiani, nessuno in pericolo di vita, risultano ricoverati all’ospedale Charle Nicolle di Tunisi, dove sono stati portati i feriti dell’attentato, riferiscono fonti mediche. Si tratta di due donne, madre e figlia, e di un uomo.
Anche una nave di Msc Crociere è ormeggiata a Tunisi. "Tutti i pullman in tour sono stati immediatamente richiamati in porto e tutte le altre escursioni e attività a terra sono state immediatamente sospese", spiega Msc. I passeggeri sono tutti in salvo a bordo della nave ma, secondo quando si apprende, manca all’appello un membro dell’equipaggio.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha condannato con fermezza gli atti criminali di Tunisi che vedono, purtroppo, coinvolti anche cittadini italiani ed esprime vicinanza al governo ed alle autorità tunisine di fronte ad un attacco tanto sanguinoso ed alla minaccia terroristica in Africa e nel mondo. "Siamo in contatto continuo con Tunisi.
Vado a Palazzo Chigi per fare delle telefonate e avere l’aggiornamento continuo della situazione" ha detto Renzi, lasciando la Camera.
Tunisi: i turisti in fuga protetti dalle forze speciali
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Erano tra gli ostaggi quattro dipendenti del Comune di Torino, tra cui Carolina Bottari, torinese, la donna che durante il sequestro al telefono aveva riferito di due italiani uccisi. "Eravamo una comitiva di una cinquantina di persone. Qui nella stanza siamo in sei italiani, di là nello stanzone sono molti di più. Due persone sono morte. Altre tre sono rimaste ferite". "Qui stanno sparando a tutti - aveva aggiunto ancora la donna - vi prego aiutateci". Foto che risulterebbero scattate da un ostaggio e diffuse via Twitter hanno mostrato anche bambini tra gli ostaggi.
Secondo quanto riferito dal portavoce della comunità ebraica di Roma, Fabio Perugia, una coppia di ebrei romani è scampata all’attacco uscendo dal museo prima che i terroristi prendessero gli ostaggi. Una coincidenza fortuita, come una banale indisposizione che li ha indotti a non sbarcare a Tunisi, ha salvato anche una coppia di cinquantenni valdostani. "All’improvviso - hanno raccontato a un amico Cristina Bernardi e il marito Domenico Brunello - abbiamo visto tutti rientrare di corsa a bordo, chi è riuscito a scampare ai terroristi era nel panico". Erano invece tra gli ostaggi i genitori del rabbino capo di Torino, Ariel Di Porto. Entrambi sono stati liberati e, a quanto si apprende, sono in buone condizioni anche se il padre nella fuga sarebbe rimasto lievemente contuso in una caduta.
Cantando l’inno nel Parlamento blindato. Mentre era in corso l’assalto, gli agenti della sicurezza hanno blindato il vicino Parlamento, impedendo a giornalisti e deputati di lasciare l’aula, procedendo solo successivamente all’evacuazione.
Informazione confermata da un tweet della deputata Sayida Ounissi, che ha raccontato di "panico enorme" e che tutto è successo mentre era in corso l’audizione delle forze armate sulla legge antiterrorismo, presenti il ministro della Giustizia, giudici e responsabili delle Forze armate. Cosa è accaduto dopo l’allarme lo mostra un video diffuso su Facebook: i parlamentari tunisini hanno cantato l’inno nazionale mentre era in corso il blitz delle teste di cuoio al vicino museo.
Tunisi, i deputati cantano l’inno nazionale durante l’attacco terroristico
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Poche ore prima dell’attacco, il ministero dell’Interno tunisino aveva annunciato di aver sgominato una cellula jihadista nella periferia nord di Tunisi nell’ambito delle attività di prevenzione di eventuali attentati terroristici nel Paese. Si tratta di sette persone, alcune delle quali note alle forze dell’ordine per aver partecipato a combattimenti armati in Siria. Il gruppo era in contatto con terroristi tunisini ancora attivi in Siria e aveva anche il compito di reclutare giovani da mandare nelle zone di combattimento.
Ma ancor più importante era stata la notizia diffusa nei giorni scorsi, riguardante la morte del jihadista tunisino Ahmed Rouissi, esponente di spicco di Ansar al Sharia, considerato la mente degli omicidi del 2013 dei leader dell’opposizione Chokri Belaid e Mohammed Brahmi. Rouissi, secondo quanto riferito dalla stampa locale, sarebbe rimasto ucciso sabato a 70 chilometri da Sirte, durante gli scontri con la Brigata 166, milizia fedele al governo insediato a Tripoli.

REPUBBLICA.IT - TAFFICO D’ARMI
ROMA - Diciotto milioni di dollari all’anno vengono spesi in Africa per uccidere migliaia e migliaia di persone già morte di fame. Su 500 milioni di armi piccole e leggere (Salw) circolanti nel mondo, ben 100 milioni vengono usate clandestinamente in tutto il continente africano. Nessuna novità eclatante, ma questo emerge dallo studio, il più possibile aggiornato, che l’Archivio Disarmo ha stilato per mettere in guardia sull’esplosione incontenibile del commercio di armi nel continente più sanguinario del mondo. Il report di Maurizio Simoncelli è stato esposto nell’ambito del convegno "Africa, Continente in cammino", che si è tenuto a Roma, presso il Seraficum, Università Pontificia di Roma.

Le spese militari aumentano costantemente. "Le spese militari dell’Africa sono andate crescendo costantemente dal 1990 a oggi". Così Simoncelli, vicepresidente dell’Archivio Disarmo, apre il suo studio sul commercio di armi in Africa. Risulta che l’acquisto di armi nel continente sia passato, in termini reali, dai 17,9 miliardi di dollari ai 42,7 del 2013: l’incremento maggiore è nell’area nordafricana, dove si è passati dai 3,8 ai 18, mentre nell’Africa subsahariana la crescita è dai 14,1 ai 24,7. Pur essendo queste cifre piuttosto approssimative, poiché non tutti i paesi africani presentano regolarmente bilanci attendibili, comunque indicano una chiara linea espansiva e allarmante.

Gli acquirenti di armi nel paese. I tre maggiori importatori nel periodo 2009-’13 sono stati Algeria (36% dell’import), Marocco (22%) e Sudan (9%). L’Algeria ha quasi raddoppiato le sue spese (da 5.712 milioni di dollari a 9.902), come anche la Tunisia (da 586 a 978), mentre il Marocco è passato da 3.101 a 4.077. L’Egitto, in controtendenza, scende da 4.597 a 4.303. I territori dell’Africa subsahariana, poi, hanno ricevuto il 41% delle importazioni globali africane. Molti di questi stati mantengono costanti le proprie spese, mentre pochi altri evidenziano aumenti di un certo rilievo, come l’Angola (da 3.640 milioni di dollari a 5.208), la Repubblica Democratica del Congo (da 154 a 301), il Kenya (da 597 a 731), la Namibia (da 384 a 465), la Nigeria (da 1.825 a 1.995), il Sudafrica (da 4.602 a 4.894), la Tanzania da 221 a 308), l’Uganda (da 292 a 398), lo Zambia (da 254 a 367) e lo Zimbabwe (da 102 del 2010 a 334).

Armi fai da te e importazioni. Lo "Small Arms Survey" (il progetto di ricerca sulle armi di piccolo taglio, con sede in Svizzera), rileva che sia i gruppi armati del Sudan, sia quelli ribelli del Sud Sudan raramente utilizzano armi piccole e leggere acquistate all’estero: alcuni paesi, Sudan in primo luogo, sono diventati produttori loro stessi di armi e munizioni. Mentre gli stati che le importano maggiormente (Algeria, Angola, Burkina Faso, Botswana, Etiopia, Ghana, Libia, Marocco, Mozambico, Namibia, Sudan, Sudafrica e Uganda), le comprano soprattutto in Cina, Francia, Russia e Bielorussia. I paesi più attivi nel diffondere Salw in Africa, infine, sono Usa, Cina, Francia, Israele, Russia e Italia.

Il traffico clandestino. Gli embarghi delle Nazioni Unite, che cercano di bloccare le vendite regolari di armamenti tra stato e stato, vengono aggirati proprio da questi traffici clandestini. Queste armi provengano dagli arsenali di conflitti conclusi, da quelli di guerre in atto in aree vicine, da forze di sicurezza che le vendono o le noleggiano, da governi simpatizzanti, da importazioni esterne all’Africa stessa. Come ricordato, in Africa i costi connessi ai conflitti armati ammontino a circa 18 miliardi di dollari all’anno, annullando completamente gli effetti positivi degli aiuti allo sviluppo.

Eserciti e governi nazionali alimentano il mercato. Possono essere le stesse forze armate o della polizia a rafforzare il mercato clandestino, come è avvenuto nel Burkina Faso e in Nigeria; mentre altre volte sono gli stessi governi che armano gruppi ribelli in altri stati, contro i quali i governi di questi ultimi riforniscono a loro volta gruppi armati e mercenari. Difficile da spiegare, perché è un meccanismo simile a quello delle matrioske: aprendone una si apre un mondo. I veri e propri trafficanti, poi, sono di volta in volta le stesse forze di sicurezza, militari o ex-militari, mercenari e avventurieri, che trasportano armi dalla Libia al Mali, dalla Costa d’Avorio alla Liberia. Grazie anche a legislazioni differenti tra i vari paesi, i trafficanti riescono a trasportare le loro merci utilizzando metodi leciti e illeciti, lacune giuridiche, legami tribali, corruzione. Nell’Africa occidentale sono state individuate 38 direttrici commerciali di armi clandestine. Mentre il traffico dell’area sahariana è dominato dai gruppi nomadi che contrabbandano anche sigarette e carburante.

Dove sono finiti gli arsenali della Libia dopo Gheddafi? Gli arsenali delle forze libiche, dopo la caduta di Gheddafi, sono stati smembrati e indirizzati verso varie destinazioni (Mali, Siria, Gaza, ecc.). Nei depositi libici erano presenti ben 22.000 MANPADS (sistemi missilistici antiaerei a corto raggio trasportabili a spalla). Di questi, 5.000 sono stati messi al sicuro, ma a oggi, dei restanti 17.000 si sono perse le tracce. Si sa soltanto che 17 sono stati sequestrati in Algeria 400 sono già stati venduti illegalmente. E ancora, su 450.000 armi da fuoco dell’esercito libico, 12.000 hanno seguito una sorte analoga. I circa 2.000 tuareg provenienti dal disciolto esercito libico si sono portati le loro armi in Mali, contribuendo all’aggravamento delle tensioni già da tempo in atto in questo paese.

Gli arsenali libici e il traffico nell’Africa occidentale. Seguendo il documentato ragionamento di Maurizio Simoncelli, risulta che gli arsenali di Gheddafi, dopo la sua caduta, sono diventati la fonte per tutti i traffici illeciti del continente, in particolare nell’area dell’Africa occidentale. Per esempio, nel gennaio 2012 sono stati intercettati oltre 1 milione di cartucce e 567 armi in entrata in Egitto, mentre diverse altre migliaia di cartucce, con destinazione Mali, sono state sequestrate in Niger e un altro rilevante quantitativo (oltre mezzo milione di munizioni) è stato sequestrato dalle autorità libanesi a bordo della nave Letfallah II battente bandiera del Sierra Leone.

Lo smercio tramite Facebook. Italia, Francia, Cina, Russia. Armi e munizioni vengono vendute anche attraverso i mezzi di comunicazione come Facebook, il che ha permesso di rilevare la presenza in Libia di munizioni provenienti dalla turca Özkursan, dalla belga FN Herstal, dalla portoghese Fábrica Nacional de Munições de Armas Ligeiras FNMAL, dalla russa Barnaul Cartridge Plant CISC, dalla SNIA italiana, dalla cinese Industria di Stato 31 e così via. Il violento gruppo jihadista nigeriano Boko Haram, che ha dichiarato incondizionata adesione all’Isis, per esempio, si è rifornito non solo al mercato nero nell’Africa centrale, occidentale e settentrionale, ma anche direttamente dai depositi delle forze armate e di sicurezza della Nigeria, che a sua volta le aveva acquistate da Italia, Francia, Cina, Russia, Ucraina, Repubblica Ceca, Israele, Sudafrica e EAU (Emirati Arabi Uniti).

Il "made in Italy" delle armi in Africa. L’Italia, tra i primi 10 esportatori di armi al mondo, grazie alla centralità nel Mediterraneo da un lato e all’elevata qualità e affidabilità dei prodotti nostrani offerti dalla Beretta dall’altro, è stata in grado di sviluppare un florido commercio di armi con i paesi del Nord Africa i quali, poi, hanno fatto circolare le nostre armi per l’intero continente, facendo sì che oggi ne esportiamo anche in Sud Africa. Il 6% delle maggiori armi convenzionali esportate in Africa sono italiane e solo Ucraina, Russia, Cina e Francia ne hanno esportate di più. Per quanto riguarda le Salw e relative munizioni, tra i paesi dell’Ecowas che l’Italia ha rifornito ci sono Ghana, Mali, Nigeria e il Senegal, i quali hanno importato tali merci per un valore di poco inferiore ai 2 milioni di dollari. Considerato ciò, è lecito pensare che molte armi "made in Italy" siano finite in mano a ribelli, terroristi o semplici civili dei paesi confinanti, così come è già accaduto per le armi russe e statunitensi.

Speranze possibili: Ecowas sulle Salw e ratifica dell’ATT. La situazione a dir poco deflagrante del continente, ha spinto i governi stessi a cercare soluzioni comuni. I paesi dell’Ecowas (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Capo Verde, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo) hanno attivato un’apposita convenzione su Salw, munizioni e materiali relativi, divenuta esecutiva dal settembre 2009. Inoltre, dopo essere stato approvato dall’Assemblea Generale dell’Onu, è entrato in vigore a livello mondiale, nel dicembre 2014, l’Arms Trade Treaty (ATT), teso a controllare un mercato sinora lasciato alle singole normative nazionali. È necessario che l’ATT venga ratificato da tutta la comunità internazionale per creare un export sempre più responsabile. Anche se il Trattato non è del tutto rispondente alle infinite necessità, è comunque un primo passo per cercare di mettere sotto controllo la confusionaria pluralità legislativa sulla circolazione di armi, che favorisce produttori e trafficanti. È troppo presto per vederne i risultati, ma questa è la strada da percorrere per ridurre la violenza in Africa e nel mondo.

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Strage al Museo del Bardo di Tunisi dove almeno 22 persone, 20 ostaggi e due terroristi, sono rimaste uccise. Ma il bilancio potrebbe aggravarsi. Il premier tunisino ha parlato di due turisti italiani uccisi, ma si temono altre vittime tra i connazionali. Per ora la Farnesina non ha ancora confermato. Più di 200 visitatori erano presenti all’interno del museo quando è entrato un commando di quattro-cinque terroristi. Le forze speciali antiterrorismo hanno liberato gli ostaggi con un blitz: due terroristi e un agente sono rimasti uccisi. Il premier tunisino ha parlato di «italiani (tra cui anche 24 valdostani), tedeschi, polacchi e spagnoli tra le vittime della strage» e spiegato che i due terroristi «potrebbero avere avuto il sostegno di 2-3 elementi, che sarebbero in fuga».
I turisti italiani coinvolti
Nell’attacco sono rimasti coinvolti anche diversi altri italiani: cento connazionali sarebbero stati tratti in salvo. Carolina Bottari, impiegata presso l’ufficio Patrimonio dell’amministrazione comunale di Torino, era tra gli ostaggi: «Qui stanno sparando a tutti - ha raccontato a La Presse - vi prego aiutateci». Una coppia di ebrei romani è invece riuscita a sfuggire all’attacco terroristico, uscendo dal museo prima che i terroristi prendessero gli ostaggi. Molti dei turisti italiani sarebbero passeggeri della nave Costa Fascinosa e tra loro c’è un gruppo di dipendenti del Comune di Torino. Durante la sosta alcuni hanno fatto un tour in alcuni luoghi della città, tra cui il Museo Nazionale del Bardo», comunica Costa Crociere.
-- LA RICOSTRUZIONE INTERATTIVA DELL’ATTENTATO --
La dinamica dell’attacco
La sparatoria è avvenuta proprio al Museo dei mosaici della capitale tunisina, dove i presunti terroristi si sono rifugiati. Gli autori dell’attacco, vestiti con divise militari, avrebbero cercato di infiltrarsi all’interno dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo, il Parlamento tunisino, prima di asserragliarsi nel vicino museo. Secondo la ricostruzione del parlamento, gli uomini armati avrebbero tentato di entrare nella sede del parlamento ma sono stati bloccati dalle guardie della sicurezza. Al momento dell’attacco era in corso una riunione della Commissione parlamentare sicurezza ed esercito, che lavora per redigere una legge antiterrorismo, ed erano presenti alcuni generali dell’esercito.
FOTO - Gli ostaggi asserragliati al museo
La foto di uno dei presunti terroristi arrestati dalle forze speciali
L’ombra dell’Isis
Secondo quanto riportano alcuni media tunisini i jihadisti dello Stato islamico (Is) hanno rivendicato il sequestro di turisti stranieri. Uno dei presunti responsabili dell’attacco sarebbe stato arrestato mentre gli altri due sono stati uccisi durante il blitz delle forze speciali. Lo riferiscono a Efe fonti della sicurezza, precisando che l’arrestato è uno studente di 22 anni.
Il premier: sarà guerra lunga
Dopo l’attentato il premier tunisino Habib Essid ha lanciato l’allarme: «Questa sarà una guerra lunga: dobbiamo mobilitarci a ogni livello, tutti insieme, tutte le appartenenze politiche e sociali per lottare contro il terrorismo. Serve unità nella difesa del nostro paese che è in pericolo».
Renzi: “Colpiti tutti noi”
Il premier italiano ha aperto le sue comunicazioni alla Camera sul Consiglio Ue di domani e venerdì parlando dell’attentato al museo di Tunisi: «Il primo pensiero va ai nostri connazionali, alle vittime, il nostro convinto sostegno va al governo tunisino perchè possa uscire da questa prova: l’Italia è al loro fianco. Dove si cerca di aggredire il sistema democratico, la cultura, la moderazione del governo tunisino si colpisce ciascuno di noi», ha aggiunto Renzi.

CORRIERE.IT
Strage in Tunisia. Secondo la tv di Stato è di 20 morti e 50 feriti il bilancio di un attacco terroristico avvenuto mercoledì a Tunisi. Un commando di tre uomini ha tentato di fare irruzione in Parlamento e sono poi entrati nel Museo del Bardo, poco distante, tenendo in ostaggio lì dentro centinaia di persone, fra cui almeno 100 italiani.
Il blitz delle forze dell’ordine è arrivato tre ore dopo. Uno dei presunti terroristi, uno studente di 22 anni, sarebbe stato arrestato. Gli altri due sono stati uccisi. Morto anche un poliziotto e un custode del museo.
Il premier tunisino Habib Essid ha riferito che tra le vittime ci sono anche italiani. Forse due, come rivelato da una testimone torinese. Una notizia ancora non confermata dalla Farnesina . «Ho sentito telefonicamente il ministro Paolo Gentiloni, il quale ha ribadito che si teme ci siano 2-3 vittime di nazionalità italiana: attualmente però mancano le conferme ufficiali perché sono ancora in corso le verifiche da parte delle autorità tunisine», ha spiegato il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino. Secondo i media locali, l’attacco sarebbe stato rivendicato da Isis.
Le reazioni
Il premier Matteo Renzi ha condannato l’attacco, esprimendo vicinanza al governo di Tunisi. Nel tardo pomeriggio è intervenuto anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che non ha confermato se ci sono o meno vittime italiane. «Le autorità tunisine hanno parlato di vittime di diversa nazionalità, tra cui italiane, ma noi prima di dare numeri vogliamo conferme molto concrete», ha precisato il ministro. Poi ha invocato «una risposta forte e una reazione di fermezza, vigilanza e vicinanza alla Tunisia», chiedendo di «rafforzare la determinazione contro la minaccia terroristica». Anche gli Stati Uniti «condannano duramente», ha affermato il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest. E Federica Mogherini, Alta rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, ha fatto sapere che tutta l’Ue è vicina a Tunisi.
L’attacco
Tutto è iniziato verso mezzogiorno quando tre uomini con l’uniforme dell’esercito, armati con kalashnikov, hanno tentato di fare irruzione nella sede del Parlamento, dove in quel momento si stava discutendo una legge antiterrorismo. Bloccati dalle forze dell’ordine, hanno sparato contro un pullman di turisti parcheggiato lì davanti. Poi si sono spostati all’interno del Museo del Bardo (adiacente all’Assemblea tunisina), prendendo in ostaggio decine di persone.
I due terroristi e un agente di polizia sono rimasti uccisi durante il blitz delle forze dell’ordine. Nel tardo pomeriggio, la tv di Stato parla di 22 morti. In precedenza il premier tunisino aveva parlato di 19 morti (tra cui 17 turisti di diversa nazionalità). Tra cui: 17 turisti - italiani, spagnoli, tedeschi e polacchi - un custode del museo e un agente di polizia morto durante il blitz. Poco dopo, come specificato dalla tv di Stato tunisina, il bilancio dei feriti è salito a 50.
Gli italiani in gita
Tra le persone coinvolte ci sono decine di italiani. Molti erano arrivati in città a bordo delle navi da crociera Costa Fascinosa, arrivata nella capitale tunisina da Palermo poche ore prima e in attesa di ripartire per Palma di Maiorca, e MSC Splendida. Tra loro anche dipendenti del Comune di Torino, partiti per una vacanza organizzata dal dopolavoro del Comune. Carolina Bottari, 54 anni, è un’impiegata presso l’ufficio Patrimonio dell’amministrazione comunale: «Eravamo una comitiva di una cinquantina di persone. Due persone sono morte. Altre tre sono rimaste ferite». Anche due turisti novaresi, marito e moglie, tra i feriti. Il più grave sarebbe l’uomo, che non è però in pericolo di vita. La coppia viaggiava sulla Costa Fascinosa. Mancherebbe inoltre all’appello un membro dell’equipaggio della nave Splendida. All’ospedale Charle Nicolle di Tunisi, infine, ci sarebbero altri tre feriti italiani non gravi: due donne, madre e figlia, e un uomo. Ma c’è grande confusione in merito alle condizioni degli italiani. Alcune fonti parlano di un ferito grave, turisti a bordo della nave da crociera scrivono su Facebook che i morti italiani sarebbero otto.
Martedì la ministra del Turismo tunisino, Selma Ellouni Rekik, aveva lanciato un appello ai visitatori stranieri: «La Tunisia è un Paese sicuro che può essere visitato tranquillamente», aveva detto. «Certamente la situazione in Libia non ci aiuta, come avviene sempre quando ci sono problemi in paesi vicini, ma le nostre frontiere sono assolutamente impermeabili a qualunque tentativo di infiltrazione. Non c’è nessun problema di sicurezza in Tunisia, è tutto sotto controllo». In serata, alle 20.30, una sessione plenaria straordinaria del Parlamento tunisino si terrà nella sede del museo Bardo.

MARTA SERAFINI
«In Tunisia non siamo abituati a questo genere di cose». Ha la voce rotta dalla stanchezza il deputato tunisino di Ennahda Osama Al Saghir. Per tutta la giornata è stato in collegamento telefonico con i colleghi asserragliati dentro il Parlamento, dove verso mezzogiorno hanno fatto irruzione due uomini armati dando inizio all’assalto che è costato la vita a 19 persone. Osama fa parte del partito di Ennhada, di orientamento islamista moderato e che ripudia la violenza come mezzo di lotta.


Osama, lei era all’interno del Parlamento quando sono iniziati gli spari?
«No, ma mi trovavo nelle vicinanze, ho sentito degli spari molto forti, poi il suono delle sirene. Allora mi sono attaccato al telefono per chiamare i miei colleghi»
Che cosa le hanno raccontato?
«Che due uomini armati hanno fatto irruzione. Uno dal tetto, uno dalla porta principale. Poi sono intervenute le forze di sicurezza e allora si sono spostati nel Museo che è adiacente al Parlamento».
I due uomini indossavano una tuta mimetica come hanno raccontato alcuni testimoni?
«No, erano in abiti civili. Per questo motivo sono riusciti a entrare indisturbati. L’uomo che ha usato l’ingresso principale ha iniziato a sparare quasi subito. Anche l’altro dal tetto ha aperto il fuoco. Poi sono stati bloccati dalle forze di sicurezza»
I terroristi avevano bandiere o simboli?
«Non a quanto mi hanno riferito»
Qualcuno dei suoi colleghi è rimasto ferito o è morto?
«Non a quanto mi è dato sapere al momento. Tra le vittime mi è sembrato di riconoscere una delle inservienti del Parlamento».
Crede che sia una coincidenza il fatto che in Parlamento fosse iniziata la discussione sulla legge anti terrorismo?
«Assolutamente no. E’ evidente che c’è un nesso. Come dicevo prima in Tunisia non siamo abituati a queste cose, anche la rivoluzione è durata solo un mese. Non so chi sono questi terroristi ma è facile che abbiano contatti o facciano parte dei gruppi estremisti che esistono anche in Tunisia».

CORRIERE DELLA SERA - STUDENTI DI MAIORI
[Esplora il significato del termine: Una scolaresca di Maiori a Tunisi nel giorno dell’attentato al Museo Trenta ragazzi dell’alberghiero a bordo della nave dove c’erano i turisti italiani rimasti coinvolti nell’attentato. Loro hanno preferito andare a Cartagine di Redazione online shadow 0 0 0 0 Ci sono anche trenta studenti dell’alberghiero di Maiori sulla nave da crociera Costa Fascinosa che si trova a Tunisi e sulla quale erano imbarcati anche alcuni turisti italiani rimasti coinvolti nell’attentato terroristico al Museo del Bardo. I ragazzi, che si trovano in compagnia di tre docenti, sono rimasti sull’imbarcazione preferendo un po’ di relax al tour che prevedeva anche la visita del museo. I contatti «C’è qualche problema a bordo – ha dichiarato a “il Vescovado” il preside Lino Scannapieco - ma i nostri ragazzi per fortuna non sono scesi dalla nave e stanno bene. Dopo esserci rassicurati dell’incolumità degli studenti stiamo provvedendo a contattare tutti i genitori per rassicurarli. La nave proseguirà il proprio itinerario come da programma». La scolaresca era partita lunedì scorso da Civitavecchia per un giro nel Mediterraneo che comprendeva anche gli scali a Palermo, Tunisi, Palma de Maiorca e Barcellona. La gita a Cartagine A evitare il peggio è stata una scelta “fortunata” della scolaresca, che aveva optato per la visita del sito di Cartagine (e quindi alle Terme di Antonino e le rovine del Teatro e dell’Anfiteatro), anziché di Tunisi. Il dissenso di qualche genitore «In occasione dell’incontro scuola famiglia dell’Istituto Turistico di Amalfi ho parlato proprio con gli insegnanti che dovrebbero accompagnare gli alunni in crociera, mostrando le perplessità per la scelta delle località - commenta su Facebook Geremia Apicella, genitore di una studentessa del quinto anno che non ha preso parte al viaggio d’istruzione - Il mio disaccordo riguardo le località scelte per la crociera. Gli insegnanti hanno contattato la compagnia che a sua volta non ha modificato l’itinerario. Tutto questo un mese fa. Naturalmente ho provveduto immediatamente ad inviare all’istituto la rinuncia per quanto riguarda la partecipazione di mia figlia perdendo anche l’acconto già versato. Ora spero che cambino idea sia l’istituto che la compagnia perché penso che dopo i tragici eventi di oggi nessun genitore farà partire il proprio figlio». La vicenda Diciannove morti, tra cui 17 turisti di diversa nazionalità e un tunisino. È il bilancio dell’attacco terroristico a Tunisi. Tre terroristi hanno attaccato il complesso del Parlamento, facendo irruzione nel Museo del Bardo e tenendo in ostaggio decine di turisti per circa tre ore. Secondo Al Jazeera tra i morti ci sarebbero anche due italiani. Una notizia ancora non confermata dalla Farnesina secondo cui, tra i nostri connazionali rimasti coinvolti nell’attentato, ci sarebbero solo 2 feriti. Uno dei presunti responsabili, uno studente di 22 anni, è stato arrestato dalle forze dell’ordine. Gli altri due sono stati uccisi durante il blitz delle forze dell’ordine. Morto anche un poliziotto.]
Una scolaresca di Maiori a Tunisi
nel giorno dell’attentato al Museo
Trenta ragazzi dell’alberghiero a bordo della nave dove c’erano i turisti italiani
rimasti coinvolti nell’attentato. Loro hanno preferito andare a Cartagine
di Redazione online
Ci sono anche trenta studenti dell’alberghiero di Maiori sulla nave da crociera Costa Fascinosa che si trova a Tunisi e sulla quale erano imbarcati anche alcuni turisti italiani rimasti coinvolti nell’attentato terroristico al Museo del Bardo. I ragazzi, che si trovano in compagnia di tre docenti, sono rimasti sull’imbarcazione preferendo un po’ di relax al tour che prevedeva anche la visita del museo.
I contatti
«C’è qualche problema a bordo – ha dichiarato a “il Vescovado” il preside Lino Scannapieco - ma i nostri ragazzi per fortuna non sono scesi dalla nave e stanno bene. Dopo esserci rassicurati dell’incolumità degli studenti stiamo provvedendo a contattare tutti i genitori per rassicurarli. La nave proseguirà il proprio itinerario come da programma». La scolaresca era partita lunedì scorso da Civitavecchia per un giro nel Mediterraneo che comprendeva anche gli scali a Palermo, Tunisi, Palma de Maiorca e Barcellona.
La gita a Cartagine
A evitare il peggio è stata una scelta “fortunata” della scolaresca, che aveva optato per la visita del sito di Cartagine (e quindi alle Terme di Antonino e le rovine del Teatro e dell’Anfiteatro), anziché di Tunisi.
Il dissenso di qualche genitore
«In occasione dell’incontro scuola famiglia dell’Istituto Turistico di Amalfi ho parlato proprio con gli insegnanti che dovrebbero accompagnare gli alunni in crociera, mostrando le perplessità per la scelta delle località - commenta su Facebook Geremia Apicella, genitore di una studentessa del quinto anno che non ha preso parte al viaggio d’istruzione - Il mio disaccordo riguardo le località scelte per la crociera. Gli insegnanti hanno contattato la compagnia che a sua volta non ha modificato l’itinerario. Tutto questo un mese fa. Naturalmente ho provveduto immediatamente ad inviare all’istituto la rinuncia per quanto riguarda la partecipazione di mia figlia perdendo anche l’acconto già versato. Ora spero che cambino idea sia l’istituto che la compagnia perché penso che dopo i tragici eventi di oggi nessun genitore farà partire il proprio figlio».
La vicenda
Diciannove morti, tra cui 17 turisti di diversa nazionalità e un tunisino. È il bilancio dell’attacco terroristico a Tunisi. Tre terroristi hanno attaccato il complesso del Parlamento, facendo irruzione nel Museo del Bardo e tenendo in ostaggio decine di turisti per circa tre ore. Secondo Al Jazeera tra i morti ci sarebbero anche due italiani. Una notizia ancora non confermata dalla Farnesina secondo cui, tra i nostri connazionali rimasti coinvolti nell’attentato, ci sarebbero solo 2 feriti. Uno dei presunti responsabili, uno studente di 22 anni, è stato arrestato dalle forze dell’ordine. Gli altri due sono stati uccisi durante il blitz delle forze dell’ordine. Morto anche un poliziotto.

GUIDO OLIMPIO
l fuoco tunisino brucia da tempo e l’attacco al museo del Bardo non è una sorpresa. Le autorità temevano sorprese e in questi mesi hanno accentuato le operazioni di contrasto con dozzine di arresti, rastrellamenti ai confini, controlli massicci. Ma non è bastato. Troppo forte la presenza di militanti violenti, così come è troppo vicino il vulcano libico.
I veterani della Jihad
Il governo, da tempo, ha messo in guardia sul rischio rappresentato dai veterani della Jihad. Si calcola che siano partiti per Iraq e Siria circa 2400 volontari jihadisti (altre stime parlano di 3 mila) e molti sono tornati gonfiando lo schieramento estremista. La minaccia è portata da diversi fronti. C’è il gruppo Okba bin Nafi, nato da una costola di Al Qaeda nella terra del Maghreb, protagonista di numerosi agguati contro soldati e polizia. Ci sono i «radicali» di Ansar al Sharia, tra loro alcuni terroristi noti anche in Italia dove sono stati detenuti per lunghi periodi in seguito a indagini della nostra magistratura. Quindi le cellule nascenti dell’Isis, rinforzatesi con elementi che si sono fatte le ossa sul campo siriano e altri arrivati dalla Libia, dove hanno trovato buona accoglienza tra i militanti locali. Gli estremisti hanno colpito in modo dura nella regione di Kasserine ma anche costruito gruppi di fuoco nella città.
I precedenti
I terroristi tunisini hanno assassinato agenti, due esponenti di spicco della politica locale (Mohamed Brahmi, Chokri Belaid) e soldati. Alcuni trucidati in mezzo ad una strada, altri decapitati o sorpresi lungo un sentiero di montagna. I confini porosi, i tradizionali traffici di armi e il contrabbando si sono rivelati alleati preziosi per i killer. La vicinanza poi della crisi libica ha fatto da sponda. Appena lunedì è stata «celebrata» la morte a Sirte di Ahmed al Ruwaysi, alias Abu Zakarya al Tunisi: era ricercato per l’omicidio di Brahmi e Belaid ed è stato ucciso durante un conflitto a fuoco.
Obiettivo «morbido»
Infine un dettaglio sull’operazione stessa. Gli attentatori hanno seguito il modus operandi tradizionale prendendo di mira un obiettivo «morbido» - come i turisti in un museo - ma hanno agito al centro di Tunisi. Forse avevano in mente di colpire anche il Parlamento. Quindi la presa d’ostaggi per allungare il ricatto ed ottenere una copertura mediatica prolungata. Il timore è che sia solo l’inizio.

LA GITA DEI COMUNALI TORINESI
[Esplora il significato del termine: Una gita in un Paese vicino, tradizionalmente amico, meta classica del nostro turismo che si è trasformata in un incubo. È quello che si è materializzato per una comitiva di ottanta torinesi, di cui 34 dipendenti del Comune di Torino: in sei sono stati sequestrati nel blitz terrorista al Museo del Bardo di Tunisi. Si tratterebbe di Carolina Botteri, Antonella Sesino, Antonietta Santoro e Anna Bagnale e di due dei loro coniugi. shadow carousel Terrore a Tunisi: l’attacco e la fuga ] Una gita in un Paese vicino, tradizionalmente amico, meta classica del nostro turismo che si è trasformata in un incubo. È quello che si è materializzato per una comitiva di ottanta torinesi, di cui 34 dipendenti del Comune di Torino: in sei sono stati sequestrati nel blitz terrorista al Museo del Bardo di Tunisi. Si tratterebbe di Carolina Botteri, Antonella Sesino, Antonietta Santoro e Anna Bagnale e di due dei loro coniugi.
La nave Costa Fascinosa, partita domenica scorsa da Savona, questa mattina aveva attraccato nella capitale del Paese nordafricano. Il programma della giornata prevedeva la visita del centro storico, lo shopping nel suk e, appunto, una tappa al Museo del Bardo: un gruppo di cui fanno parte quattro dipendenti comunali dell’ufficio Patrimonio del Comune di Torino e due loro parenti aveva deciso di partecipare alla visita al museo che contiene splendidi mosaici d’età romana.
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La gita
La nave Costa Fascinosa, partita domenica scorsa da Savona, questa mattina aveva attraccato nella capitale del Paese nordafricano. Il programma della giornata prevedeva la visita del centro storico, lo shopping nel suk e, appunto, una tappa al Museo del Bardo: un gruppo di cui fanno parte quattro dipendenti comunali dell’ufficio Patrimonio del Comune di Torino e due loro parenti aveva deciso di partecipare alla visita al museo che contiene splendidi mosaici d’età romana.
Due sono stati liberati
Quindi l’incursione dei terroristi: dopo alcune ore due dei sei, una coppia, sono stati liberati, mentre degli altri quattro è ignoto il destino: «Stiamo bene , ma non sappiamo nulla dei nostri amici» hanno detto i due ai loro colleghi in Italia. Anche il presidente del Cral sabaudo, Roberto Bonante, è preoccupato: «La comunicazione telefonica si è interrotta ed ora non riusciamo più a contattarli. Speriamo che non sia successo nulla...». Il sindaco di Torino, Piero Fassino, è in stretto contatto con la Farnesina., mentre il governatore piemontese Chiamparino ha sentito telefonicamente il Ministro Paolo Gentiloni, «il quale ha ribadito che si teme ci siano 2-3 vittime di nazionalità italiana: attualmente però mancano le conferme ufficiali perché sono ancora in corso le verifiche da parte delle autorità tunisine».
L’angoscia di uno dei figli degli ostaggi
E per Simone, figlio di una degli ostaggi, Antonella Sesino, sono ore di angoscia « Ho saputo dell’attacco dalla televisione, all’ora di pranzo. Ho subito provata a chiamarla sul cellulare, ma non riesco a mettermi in contatto. Mia mamma viaggia spesso - racconta - ma era alla sua prima crociera. L’ultima volta che l’ho sentita è stato ieri, da Palermo. Poi oggi, appena saputo quello che era accaduto, ho iniziato a chiamarla, senza però riuscirci. So soltanto che l’ultima volta in cui si è collegata a WhatsApp erano le 14 in punto...».

COPPIA DI EBREI ROMANI IN FUGA
[Esplora il significato del termine: ROMA — Le forze di sicurezza tunisine li hanno allontanati dal museo nazionale Bardo nel centro di Tunisi prima che i terroristi potessero colpire anche loro. E ora una coppia di sessantenni romani, marito e moglie, appartenenti alla comunità ebraica della Capitale, sono in salvo. L’uomo è però ricoverato in ospedale per accertamenti: durante la fuga a piedi con la protezione della polizia è inciampato ed è caduto. Essendo cardiopatico, i medici tunisini hanno preferito portarlo al pronto soccorso, ma le sue condizioni non sarebbero gravi. Anche loro si trovavano in crociera sulla nave Costa Secondo il portavoce della comunità ebraica romana Fabio Perugia, marito e moglie, Alberto e Anna Di Porto, 71 e 60 anni, genitori del rabbino capo di Torino Ariel Di Porto, sono stati portati in salvo prima che i terroristi prendesse ostaggi e la situazione degenerasse ulteriormente. Nel primo pomeriggio la coppia - in crociera sulla nave della Costa insieme con molti altri turisti che si trovavano nel museo per una gita - ha contattato per telefono i figli a Roma per tranquillizzarli sulle loro condizioni. «Abbiamo sentito degli spari, ma non abbiamo visto gli assalitori» I coniugi hanno raccontato «di avere sentito gli spari» ma di non avere individuato nella confusione gli assalitori. In particolare nei momenti concitati in cui si stavano mettendo in salvo, il settantenne ha scavalcato un muretto e si è fatto male a una gamba, mentre la moglie è stata portata in un bunker dalla polizia tunisina. Sotto scorta l’ambasciata tunisina al quartiere Africano E in seguito alla strage di Tunisi a Roma è stata decisa la scorta per la sede diplomatica tunisina di via Asmara, al quartiere Africano, accanto a quella albanese e a poche decine di metri dalla delegazione libica, supercontrollata dall’esercito. Da mercoledì pomeriggio auto della polizia stazionano davanti agli uffici tunisini già teatro nel recente passato di manifestazioni per la «Primavera araba» ] ROMA — Le forze di sicurezza tunisine li hanno allontanati dal museo nazionale Bardo nel centro di Tunisi prima che i terroristi potessero colpire anche loro. E ora una coppia di sessantenni romani, marito e moglie, appartenenti alla comunità ebraica della Capitale, sono in salvo. L’uomo è però ricoverato in ospedale per accertamenti: durante la fuga a piedi con la protezione della polizia è inciampato ed è caduto. Essendo cardiopatico, i medici tunisini hanno preferito portarlo al pronto soccorso, ma le sue condizioni non sarebbero gravi.
Anche loro si trovavano in crociera sulla nave Costa
Secondo il portavoce della comunità ebraica romana Fabio Perugia, marito e moglie, Alberto e Anna Di Porto, 71 e 60 anni, genitori del rabbino capo di Torino Ariel Di Porto, sono stati portati in salvo prima che i terroristi prendesse ostaggi e la situazione degenerasse ulteriormente. Nel primo pomeriggio la coppia - in crociera sulla nave della Costa insieme con molti altri turisti che si trovavano nel museo per una gita - ha contattato per telefono i figli a Roma per tranquillizzarli sulle loro condizioni.
«Abbiamo sentito degli spari, ma non abbiamo visto gli assalitori»
I coniugi hanno raccontato «di avere sentito gli spari» ma di non avere individuato nella confusione gli assalitori. In particolare nei momenti concitati in cui si stavano mettendo in salvo, il settantenne ha scavalcato un muretto e si è fatto male a una gamba, mentre la moglie è stata portata in un bunker dalla polizia tunisina.
Sotto scorta l’ambasciata tunisina al quartiere Africano
E in seguito alla strage di Tunisi a Roma è stata decisa la scorta per la sede diplomatica tunisina di via Asmara, al quartiere Africano, accanto a quella albanese e a poche decine di metri dalla delegazione libica, supercontrollata dall’esercito. Da mercoledì pomeriggio auto della polizia stazionano davanti agli uffici tunisini già teatro nel recente passato di manifestazioni per la «Primavera araba»