Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore 18/3/2015, 18 marzo 2015
LA MOSSA DELLA YELLEN
Lo spread tra i governativi dei Paesi emergenti e gli Usa vola alto. Nonostante l’effetto Fed, i tassi americani non rialzano la testa. È la liquidità in cerca di rendimento che si fida soltanto del vecchio Treasury.
L’Embi+ spread è un acronimo complesso. Ma è un indice di JPMorgan ben conosciuto tra gli operatori: permette di capire la dinamica dei rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi emergenti. «Segnala, di fatto - dice Antonio Cesarano di Mps Capital services-, la differenza di rendimento tra quei mercati e i T-Bond statunitensi». Ebbene, attualmente questo spread viaggia sui 420 punti base. Si tratta, a ben vedere, di un valore elevato. Il che significa che gli investitori, nonostante i tassi «rasoterra» in Occidente, stanno alla larga dagli emerging. E non è solamente lo spread a dirlo. Secondo BoFa, infatti, l’esposizione netta sull’azionario di quei Paesi di recente è passata in negativo. Al che viene da domandarsi: perchè questa situazione? Una prima risposta è, ovviamente, legata alla futura stretta della Fed. Il rialzo dei Fed fund statunitensi è un problema per le economie emergenti. Molte di esse hanno la propria valuta legata al dollaro. Il suo rialzo, in previsione del al ritocco all’insù dei tassi Usa, rischia di fare salire la moneta locale, ostacolando l’export. Ma non sono le esportazioni. Contano anche i flussi di capitale. A fronte di 1.800 miliardi di bond governativi in Europa con tassi negativi, il rendimento al 2% del T-Bond decennale è una vera e propria «manna». Gli operatori, seppure consapevoli della prossima stretta, corrono a comprarlo. Da tutto il mondo. Nell’ultima asta del Treasury a 30 anni, ad esempio il 54,9% degli acquisti è arrivato dall’estero. E sui 21 miliardi di dollari in T-Bond decennali, lo shopping straniero ha raggiunto quasi il 60%. In un simile contesto, gli emergenti sono poco appealing. Anche perchè subiscono l’impatto di altre variabili. La riprova? Il crollo del prezzo del petrolio. La Russia ad esempio, oltre alla crisi con l’Ucraina, non fa certo i salti di gioia di fronte al Brent che viaggia sui 53 dollari al barile. E che dire, poi, del Brasile dove secondo Fitch la recessione proseguirà per l’intero 2015. Certo, i Bric non sono tutti uguali fra loro. E, però, il cocktail rischia di essere esplosivo. Soprattutto, se la «shakerata» della Yanet Yellen sarà più forte del previsto. Il mercato, da parte sua, l’hà già messo in conto e spinge l’enorme liquidità verso l’Occidente. Verso il T-Bond.