Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 18 Mercoledì calendario

Nel Paese della corruzione, dove, se vuoi essere onesto, devi rimanere immobile

Tutti condannano la corruzione. E fin qui: ci mancherebbe altro. Poi però, nel dibattito oramai endemico sull’altrettanto endemico fenomeno, si formano grosso modo due correnti di pensiero: una diciamo così “governativa” che non ritiene logico né giusto ritardare o sospendere qualsivoglia opera pubblica per il solo fatto che mette in tentazione (come si è visto) imprenditori e funzionari dello Stato; l’altra diciamo così “antagonista” che vede le opere pubbliche, e specialmente le grandi opere, quasi come fossero la componente organica di una macchinazione criminale a scopo corruttivo. In un dibattito radiofonico sull’Expo (l’eccellente Radio anch’io) ieri mattina le due posizioni erano perfettamente incarnate da Formigoni, minimizzatore del fenomeno corruttivo e inesausto lodatore della cantieristica nazionale, e da Gianni Barbacetto, severo analista del malaffare politico-economico. Si ascoltava con interesse. Ma veniva da chiedersi, e spero non sia una domanda ingenua: possibile che non si riesca a immaginare che anche la più febbrile stagione di opere pubbliche (piccole, medie e grandi) possa svilupparsi senza far divampare la corruzione, e magari perfino abbattendola? Come può un Paese immaginarsi onesto, ma immobile, oppure in piena corsa, ma corrotto?