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 2015  marzo 18 Mercoledì calendario

Nadia, la top gun ucraina in cella, 81 giorni di sciopero della fame e 25 chili persi. «Meglio morta che schiava di Putin»

Non muore di fame perché vive di rabbia. «Io sono nata libera, non posso stare qui dentro!». Quando le lasciano vedere qualcuno e parlare è faticoso, 81 giorni di sciopero della fame e 25 chili persi non sono uno scherzo, Nadia Savchenko non ha neanche il permesso di dirlo in ucraino: nelle prigioni di Putin è obbligatorio usare il russo. L’ultima volta ha appoggiato una mano sulla barriera di plexiglass, come giurasse. E alzato la voce, così la sentivano bene anche in russo: «Per me è più facile morire a Kiev che vivere a Mosca!». Vira, la sorella più giovane, ha cercato di distrarla: «Le avevo portato il suo shampoo, un flacone piccolo, per dirle che non gliene servirà tanto e che uscirà presto…». Ma lei niente, l’ha interrotta: «Me lo sono promesso! Continuo a fare lo sciopero della fame finché non torno a casa! O fino al mio ultimo giorno in questa cella!». Vira la conosce bene e ha paura: «Io lo so che la mia Nadezhda andrà fino in fondo…».
Je suis Nadia. Prima della Crimea perduta o del Donbass conteso, c’è una soldatessa da salvare che il governo ucraino ha trasformato nel simbolo d’una resistenza collettiva. L’unica pilota donna dell’aviazione militare. Nove mesi fa, i filorussi l’hanno catturata a Luhansk e portata di nascosto a Mosca, per consegnarla a chi sapeva che farne: rinchiuderla nel manicomio di Matrosskaya, dove già fu ammazzato di botte l’oppositore Magnitsky; ridicolizzarla, offrendole asilo politico; infine processarla per crimini di guerra, minacciandola di vent’anni di galera. «Putin credeva di fare il solito teatrino staliniano e dimostrare che gli ucraini mangiano i bambini – dice Vira —, invece ha trovato quella sbagliata». Di mangiare, la pilota ha smesso proprio: solo un tè per il Natale ortodosso, poi più nulla. S’alimenta con glucosio e aminoacidi. «È ancora lucida – spiega il neurologo Andriy Strokan, uno dei tre medici ucraini ammessi a visitarla -. Aveva interrotto lo sciopero della fame, ma ora l’ha ripreso. Vuole arrivare così all’udienza di maggio. È già al punto di non ritorno, da anoressica estrema: perde mezzo chilo ogni due giorni. Una crisi cardiaca o danni intestinali possono avere effetti catastrofici». «È solo propaganda, ha un peso normalissimo – gli risponde Anton Tsuetkov, ombudsman del governo russo -: è pieno il mondo di donne che smettono di mangiare per stare un po’ a dieta!…».
«Figlia di Satana», la chiama la stampa di Mosca. O «macchina della morte». L’accusano d’avere fornito le coordinate per ammazzare a colpi di mortaio due giornalisti russi. «Sono stanca delle vostre bugie, io quel giorno non stavo volando, mi avete letteralmente rapita», protesta la pilota, ormai eroina d’apertura dei tg di Kiev. È stata eletta alla Rada col partito di Yulia Tymoschenko («All’inizio ero perplessa, perché Yulia ha fatto affari col Cremlino, ma poi ho detto ok»), i suoi colleghi deputati s’appellano alla Convenzione di Ginevra e vanno in aula con la maglietta «free Nadia», per lei s’è mosso il Parlamento europeo e il presidente Poroshenko ha chiesto d’intervenire anche a Hollande e a Renzi, quando sono passati di qui. «La gente – racconta la sorella – mi ferma per strada coi cesti di cibo da mandarle». Figlia d’un ingegnere e d’una sarta, per la prigioniera era pronto un futuro da stilista: «Si sa che il 90% delle ragazze vuole sposarsi. Lei era diversa anche dal restante 10%. A sedici anni le piacevano solo le moto. Poi è passata agli aerei». Per entrare in accademia, allora solo maschile, vinse una causa e diventò radiotelegrafista, parà, tiratrice scelta. Nel 2005 era in Iraq: «Una volta, i peacekeeper ucraini saltarono sulle mine. Nessuno voleva recuperare i corpi, vomitavano tutti dalla paura. Ci andò lei. E li raccolse pezzo per pezzo».
La top gun tutta d’un pezzo ha vacillato una volta sola: in febbraio, quando nel parlatorio di Mosca è comparsa sua madre. Che è dovuta arrivare a 77 anni, una figlia che ne ha 34 e sa bombardare coi Su-24, per parlarle come a una bambina: «Mangia, Nadezhda! Ti supplico, mangia!». Nadia ha finto d’obbedire. Poi ha fatto di testa sua, come sempre. La prossima settimana, mamma Maria andrà a Berlino: chissà che non ci riesca la Cancelliera a liberare Nadia, se non dalla gabbia che l’imprigiona, dalla rabbia che può perderla.