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 2015  marzo 18 Mercoledì calendario

L’ITALIA E LA UE SONO TRA I PIÙ VIRTUOSI NEL RIDURRE I GAS SERRA, MENTRE USA, CINA E INDIA INQUINANO E PROVOCANO I CATACLISMI

Capita di rado di scoprire che l’Italia è un Paese virtuoso. Per questo fa doppiamente piacere apprendere che nel 2014 il nostro Paese è stato tra i più bravi al mondo nella riduzione dei gas serra, azione considerata fondamentale per contrastare il riscaldamento eccessivo del pianeta e i cambiamenti climatici catastrofici. Come spiega l’economista Stefania Migliavacca, docente a Pavia, sul sito lavoce.info, l’ultimo rapporto del World energy outlook ha appurato che nel 2014 le emissioni di anidride carbonica (uno dei gas serra più nocivi) in Italia sono state pari a 393 milioni di tonnellate, il 15% in meno rispetto al picco negativo registrato nel 2005. «La crisi economica, con il conseguente calo dei consumi energetici, è stata la leva principale di questo risultato», commenta Migliavacca, «ma molto dipende anche dalla penetrazione delle rinnovabili nella generazione elettrica. Di fatto, contro ogni più roseo pronostico, l’Italia ha rispettato il vincolo di Kyoto».
Sottoscritto da più di 180 Paesi, il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore nel febbraio 2005 e prevede l’obbligo per i Paesi aderenti di ridurre le emissioni di gas serra (biossido di carbonio, più altri cinque gas nocivi) nella misura dell’8,65% rispetto alle emissioni registrate nel 1985, considerato come anno base. Oltre a rispettare Kyoto, va detto che l’Italia è da anni tra i più convinti sostenitori di una politica europea interventista in materia di energia, ambiente e clima. Dal 2012 è in funzione un Fondo rotativo per Kyoto, con una dotazione di 600 milioni a tassi agevolati, con il quale sono stati finanziati 588 progetti, realizzati da alcuni poli industriali e da numerosi edifici pubblici (scuole, ospedali, caserme). Tutto ciò in sintonia con il cosiddetto Piano 20-20-20, con il quale l’Unione europea ha fissato tre obiettivi, da realizzare entro il 2020: 1) ridurre i gas serra del 20% rispetto alle emissioni del 1990; 2) aumentare del 20% le energie rinnovabili; 2) migliorare l’efficienza energetica, riducendo del 20% il consumo di energia primaria da combustibili fossili.
Non tutti i Paesi europei hanno mostrato di condividere questi obiettivi. Il Regno Unito e le associazioni ambientaliste chiedono di fare ancora di più, e propongono una riduzione dei gas serra del 50-60%. Nel mezzo, ci sono Germania, Francia e Italia, favorevoli a ridurre le emissioni del 40%. Poi ci sono Paesi che frenano, come la Polonia, in quanto la loro economia dipende ancora in larga misura dai combustibili fossili (centrali a carbone). Operando una mediazione al rialzo, nel 2014 la Commissione europea ha proposto nuovi obiettivi per il 2030, più ambiziosi rispetto al Piano 20-20-20: a) riduzione dei gas serra del 40% entro il 2020; b) aumentare fino al 27% delle energie rinnovabili; continuare a migliorare l’efficienza energetica. Obiettivi che saranno al centro di un vertice mondiale sui cambiamenti climatici, in programma a Parigi nel dicembre 2015.
In quella sede si confronteranno visioni che, fin da ora, appaiono difficilmente conciliabili. L’Unione europea vi eserciterà quel ruolo di leadership che ha già conquistato negli ultimi anni con una politica energetica e ambientale innovativa. Al polo opposto, si troveranno Stati Uniti, Cina e India, che per ragioni diverse non stanno rispettando i vincoli di Kyoto. Gli Usa, che emettono il 36,2% del totale mondiale di biossido di carbonio, dopo avere firmato il Protocollo con Bill Clinton, l’hanno poi disdetto con George W. Bush, ritenendone eccessivi i costi industriali: si calcola che una regione come il New England produca da sola più anidride carbonica dell’intera Germania. Quanto a Cina e India, insieme ai Paesi in via di sviluppo sono incredibilmente esonerati dall’applicazione di Kyoto poiché la loro industrializzazione è giudicata successiva all’inquinamento atmosferico mondiale. Resta tuttavia il fatto che i Paesi non aderenti a Kyoto sono responsabili del 40% delle emissioni di gas serra nel mondo.
Per spiegare quanto questi gas siano pericolosi, Migliavacca, con una trovata originale, li paragona agli elefanti. Anche se non si vedono e non si possono toccare, i gas serra hanno infatti un peso notevole. Provate quindi a immaginare, scrive l’economista, che sopra le nostre teste vi siano degli elefanti sospesi nell’aria. Poiché un elefante pesa in media 5 tonnellate, i 393 milioni di tonnellate di gas serra prodotti dall’Italia corrispondono a 1,2 elefanti a testa per 60 milioni di italiani. Hai una famiglia di quattro persone? Ti spettano cinque elefanti ogni anno. In totale, fanno 78 milioni di elefanti all’anno sospesi sopra l’Italia, 260 elefanti per chilometro quadrato.
Ridurre sempre più il numero di questi elefanti-gas serra, serve ad evitare il surriscaldamento del pianeta, che da decenni è considerato la causa dei cambiamenti climatici, con effetti disastrosi: ghiacciai che si sciolgono, ondate di calore anomale e improvvise con piogge torrenziali, alluvioni e disastri ambientali più frequenti che in passato. In fondo, giurano gli esperti, anche le forti piogge di questi giorni e le frequenti alluvioni degli ultimi mesi si spiegano così.
Tino Oldani, ItaliaOggi 18/3/2015