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 2015  marzo 18 Mercoledì calendario

Si chiama Green Field System ed è il fulcro dell’attività corruttiva attribuita ad Ercole Incalza e non a caso dà nome all’intera inchiesta della procura di Firenze: “Sistema”

Si chiama Green Field System ed è il fulcro dell’attività corruttiva attribuita ad Ercole Incalza e non a caso dà nome all’intera inchiesta della procura di Firenze: “Sistema”. Green è la società che Incalza crea nel 1997 insieme all’ingegnere Stefano Perotti e che dopo poco più di un anno cede a due soci (Salvatore Adorisio e Angelantonio Pica) ma della quale, secondo l’accusa, rimane dominus indiscusso tanto da trasformarla in snodo dei “rapporti di interesse illecito”. Chi otteneva gli appalti delle grandi opere attraverso i buoni uffici di Incalza, capo della Struttura tecnica di missione del ministero, veniva indotto a conferire alla Green gli incarichi di progettazione e direzione dei lavori. In cambio la società garantiva compensi a Incalza e al suo devoto collaboratore Sandro Pacella, oltre ad affidare incarichi di consulenza a chi indicava il super tecnico e, infine, serviva per “pagare e avere favori”. “Praticamente è una società di pubbliche relazioni con il mondo parlamentare”, sintetizza nel corso di un’intercettazione Massimo Fiorini, braccio destro di Perotti.
Un sistema decisamente redditizio per il clan di Incalza ma notevolmente costoso per le casse pubbliche: la Green su ogni appalto si garantiva dall’1 al 3% degli importi per un valore complessivo di 25 miliardi di euro in diversi anni generando così, attraverso successive modifiche all’opera, una lievitazione anche del 40 per cento dei costi previsti, come hanno spiegato gli inquirenti. Se una società voleva aggiudicarsi la gara era costretta a passare dalla Green.
A Incalza la Green versa come compenso 697.843 euro nel periodo compreso tra il 1999 e il 2008, mentre il suo collaboratore Pacella ne riceve 450 mila. Per il manager pubblico i soldi che riceve dalla Green, annotano gli inquirenti, costituiscono “la principale fonte di reddito”. Ed è il gip Angelo Antonio Pezzuti a sottolineare, nell’ordinanza, che Incalza “ha guadagnato più dalla Green che dallo stesso ministero delle Infrastrutture”.
Non a caso Incalza, saputo che avrebbe dovuto lasciare l’incarico al ministero il 31 dicembre 2014, stava preparando il suo futuro da pensionato proprio alla Green. Già due mesi prima, a ottobre, ne parlano Adorisio e Antonio Tosiani ricordando che Incalza aveva già una “stanza lì da voi”, dice Tosiani. E ne parla anche Pica con la figlia. Da gennaio, prevede l’uomo, Incalza tornerà a lavorare nella società. “Ercole a fine anno finisce pure il suo mandato lì al ministero e non glielo possono rinnovare perché ha compiuto i 70 anni e quindi dovrà decidere quello che farà da grande adesso se viene lui questa società con lui presente... continuare a galleggiare a sopravvivere così come abbiamo fatto fino adesso insomma no”.
Annotano gli inquirenti: “Tale ultima frase è particolarmente significativa, la fortuna della società è strettamente connessa a Incalza”. La figlia Valentina risponde: “Sarebbe una gran cosa comunque, io penso che se lui ha avuto l’intenzione di aprirla è perché prevedeva di farci qualcosa per quando andava in pensione”. E di fatto nei primi mesi del 2015 Incalza va alla Green ma continua a occuparsi degli appalti. È lo stesso ministro Maurizio Lupi a contattarlo più volte. E continua anche a ricevere “i regali” ma presso gli uffici della Green. Il 23 gennaio 2015 il suo collaboratore Pacella chiama Pica per dare istruzioni: “Cinque per ello e todo per me”, spiega. Pica deve portare pure “i saluti finali”, gli dice Pacella. A dirimere ogni dubbio su cosa siano i “saluti finali” secondo gli investigatori c’è un’altra intercettazione sempre tra Pacella e Pica. Quest’ultimo, infatti, replica al collaboratore di Incalza: “Eh la Madonna... siete voraci siete, siete come le lumache”.
Per i magistrati dunque anche se ormai ex manager del ministero continuava a pilotare gli appalti operando dagli uffici della Green e continuando a far assegnare le opere a chi accettava di affidare alla società a lui riconducibile gli incarichi di progettazione e direzione dei lavori. Lo snodo dunque funzionava alla perfezione, seppure l’incarico alla Struttura tecnica di missione per le grandi opere fosse ormai terminato. Del resto “Ercolino (...) ancora fa il bello e il cattivo tempo ormai là dentro... il dominus totale … al 100% non si muove foglia … si... sempre tutto lui fa... tutto tutto tutto!”, garantisce Giovanni Paolo Gaspari, dirigente al ministero.