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 2015  marzo 18 Mercoledì calendario

Lupi: «Non posso lasciare ora, stanno toccando i miei affetti più cari. Ai miei figli ho detto che bisogna combattere per le proprie idee»

Il dolore per il coinvolgimento del figlio Luca e della famiglia; le telefonate convulse con politici e amici; gli incontri già in calendario; l’analisi delle carte con gli avvocati che ripetono: «Non c’è nessuna contestazione, nessun illecito, nessun estremo di reato». E, in fondo, un unico grande dubbio confidato alle persone più vicine: «Vale la pena restare ancora?». Nel pomeriggio, dopo il pranzo con Angelino Alfano e la telefonata congiunta con Renzi, la rabbia prevale però sullo sconforto. Così, il ministro Maurizio Lupi conferma la linea tenuta fin dal primo minuto: «Non mi dimetto, non ho fatto nulla di male e quindi non ci sono motivi per andarmene». E ripete: «Ho educato i miei figli spiegando loro che non bisogna avere paura di combattere per le proprie idee. Non posso tirarmi indietro, non ora».
La tentazione di chiudere questa parentesi «che sta toccando i miei affetti più cari», si era fatta sentire soprattutto in mattinata. Il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio aveva riassunto: «Lupi non è indagato, i fatti non sono tutti a nostra conoscenza. È chiaro che ci sono valutazioni politiche che si faranno ma ci vuole un po’ più di contezza delle carte. Poi c’è una decisione che spetta al singolo e credo – eccoci qui – che sia in corso una valutazione da parte del ministro».
Durante la giornata, fra un incontro e la firma ad un decreto, il ministro cambia atteggiamento. Circola voce che intorno a lui si stia stringendo la tenaglia della moral suasion per convincerlo a lasciare l’incarico e che potrebbe essere proprio il leader di Ncd Alfano a chiedere al compagno di avventura politica il sacrificio. Lupi non risponde alla provocazione. Ma ride. E poi: «La nostra è una squadra unita».
Il nodo è evidentemente politico e per scioglierlo le parti, Renzi con i suoi, Lupi con Ncd, decidono di riunirsi in tardissima serata, guardarsi in faccia e decidere i passi successivi. Prima di cominciare il vertice, Lupi ribadisce a chi lo sente al telefono da Milano: «Non me ne vado e mi tengo in tasca il mio mandato». Quanto meno, insomma, non saranno dimissioni spontanee.
Nel frattempo, la segreteria gestisce gli appuntamenti della giornata successiva e conferma, per questa mattina, la presenza del ministro alla Fiera di Rho-Pero, per l’inaugurazione dell’evento MadeExpo. Lo staff con alcuni deputati di Ncd fa la conta per capire che esito potrebbe avere una eventuale mozione di sfiducia e il punto interrogativo resta sempre il Pd. Cosa farà il partito di Renzi? Sfrutterà questa vicenda giudiziaria per consumare lo strappo con il partito di Alfano? E, in questo caso, quanto potrà resistere Lupi sulla graticola politica e mediatica?
Qualcuno degli amici milanesi ieri gli ha ripetuto di lasciar perdere: «Non ne vale la pena, Maurizio». Un po’ quello che gli era stato detto qualche mese fa. Dopo la corsa per le Europee, Lupi era capolista nel collegio di Nord-Ovest, erano stati in tanti a suggerirgli di accettare l’incarico a Strasburgo e lasciare il governo e le beghe della politica. Lupi aveva accarezzato l’idea di chiamarsi fuori, di rallentare i ritmi e le pressioni del quotidiano. Poi però aveva spiegato agli elettori che «mi sono candidato perché volevo mettere la mia faccia in questa battaglia. Ma devo portare avanti gli impegni che ho avviato come ministro». Ed era rimasto al suo posto. Ad occuparsi di porti, scali, ferrovie, arterie stradali, infrastrutture e di Expo. In molti gli avevano anche caldeggiato l’opportunità di sostituire Ercole Incalza, fino a dicembre e per quasi vent’anni super manager del ministero: «Troppo chiacchierato», gli ripetevano. Ma Lupi era stato irremovibile: «È competente e stimato. Non mi piacciono i processi basati sulle voci». Alla luce di quanto sta emergendo dalle inchieste, il ministro aveva chiarito: «Se qualcuno ha sbagliato, è giusto che paghi». Non lui però: «Io non ho fatto nulla di male. Sono una persona onesta».