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 2015  marzo 18 Mercoledì calendario

Tutti gli indagati del governo Renzi, con la poltrona al sicuro. Nessuno chiede le loro dimissioni, ma sono quattro i sottosegretari coinvolti in inchieste giudiziarie

Due pesi e due misure. Matteo Renzi vuole sfruttare l’inchiesta sul superdirigente degli appalti, Ercole Incalza, per costringere di fatto alle dimissioni Maurizio Lupi e ridimensionare, così, il peso del Nuovo centro destra nel governo. Il ministro per le Infrastrutture non è nemmeno indagato dai pubblici ministeri di Firenze, anche se il suo nome – e pure quello del figlio – ricorre spesso nelle carte degli inquirenti per presunti favori nell’assegnazione di appalti e lavori pubblici per l’Expo di Milano e la Tav. Tanto è bastato, tuttavia, perché il presidente del consiglio, lunedì, prendesse subito le distanze e gettasse le basi per far fuori dall’esecutivo l’esponente Ncd. Lupi non molla, ma l’inquilino di palazzo Chigi prima o poi uscirà allo scoperto chiedendo la sua testa.
Una linea dura, quella che contraddistingue il premier in inedita versione giustizialista, che lo stesso Renzi, però, non ha seguito in passato, quando altri esponenti del suo governo sono stati oggetto di indagini di procure della Repubblica.
Nessuna levata di scudi, da parte dell’ex sindaco di Firenze, di fronte all’indagine che coinvolse Vito De Filippo (Partito democratico). Il sottosegretario al ministero della Salute era finito sotto inchiesta nel 2013. La questione riguardava irregolarità in relazione a rimborsi per spese elettorali e dalle carte emersero curiosi acquisti di francobolli. Il 20 gennaio del 2015, De Filippo – insieme con l’attuale presidente della regione Basilicata, Marcello Pittella, e altre 20 persone – è stato condannato dalla Corte dei conti a risarcire 196mila euro di danni prodotti in seguito all’uso indebito di fondi per spese di rappresentanza. Per Renzi nessun problema: De Filippo è ancora al suo posto al dicastero della Salute, ma dovrà risarcire, stando alla pronuncia della magistratura contabile, 2.641,52 euro. Il premier non ha dato alcun peso alla sentenza della Corte secondo la quale l’esame dei documenti di spesa ha fatto ritenere «provata l’esistenza di un diffuso malcostume da parte dei consiglieri regionali» diretto a ottenere «un illegittimo rimborso di ingiustificate spese, principalmente di vitto e alloggio».
Nessun dito alzato nemmeno per Francesca Barracciu (Pd). Il Sottosegretario al ministero dei Beni culturali dal 2013 risulta indagata nell’ambito dell’inchiesta sulle «spese pazze» dei fondi ai gruppi regionali (nello specifico in Sardegna). Più nel dettaglio è accusata di peculato nell’indagine avviata dalla Procura di Cagliari sull’utilizzo dei fondi destinati ai gruppi del consiglio regionale sardo. Barracchiu a causa di questa vicendaa fu convinta a ritirarsi dalla corsa per la presidenza della regione Sardegna da Renzi, che poi l’ha ricompensata, appunto, con la poltrona di sottosegretario ai Beni culturali.
E ancora: ecco Umberto Del Basso De Caro, esponente Democrat e Sottosegretario al ministero per le Infrastrutture. Del Basso De Caro è indagato della procura di Napoli per i rimborsi non rendicontati del Consiglio regionale campano. Dagli archivi dellea agenzie di stampa, risulta che il 25 novembre è stata chiesta l’archiviazione della sua posizione, ma non si conoscono sviluppi: non si sa, cioè, se la richiesta di archiviazione sia stata accolta.
Poi c’è il caso di Giuseppe Castiglione (Ncd). Sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, Castiglione è iIndagato per abuso d’ufficio e turbativa d’asta per gli appalti della struttura di accoglienza per richiedenti asilo più grande di Europa, a Mineo in Sicilia. L’iscrizione di Castiglione nel registro degli indagati è stato un atto dovuto dopo la consegna del fascicolo ai magistrati siciliani che stanno verificando se sono stati compiuti reati nella gestione del centro. L’episodio centrale riguarda un appalto da 97 milioni di euro affidato nel 2014 con un ribasso dell’1 per cento.