
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Sicilia è sull’orlo della bancarotta e Mario Monti ha scritto al governatore dell’isola, Raffaele Lombardo, per chiedergli se il 31 luglio prossimo si dimetterà sul serio, come ha promesso in un’intervista al programma La Zanzara di Radio 24. L’idea sottintesa è quella che, se il governatore dovesse resistere al suo posto e non mantenere la promessa, la Regione potrebbe essere commissariata.
• Si può fare? Sapevo che la Sicilia era una di quelle Regioni speciali, che vivono la loro vita democratica in autonomia.
È così. Sono autonome cinque Regioni: Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Per alcune regioni, come il Trentino Alto-Adige, l’autonomia è stata una ragione di formidabile arricchimento, al punto che certi comuni limitrofi chiedono di cambiar regione e di farsi governare da Trento (per esempio, Cortina d’Ampezzo). Per la Sicilia, invece, stando a quello che scrivono i giornali e denunciano uomini politici e studiosi, l’autonomia, concessa nel dopoguerra anche per smorzare le forti spinte autonomistiche dell’isola, è stata soprattutto occasione di sottogoverno, clientelismo, corruzione, complicità neanche troppo segrete con la malavita, eccetera eccetera. Uno dei guai è che un ragionamento pacato, basato sulla forza incontrovertibile dei numeri, sembra impossibile. La lettera di Monti e la sottintesa possibilità che a Palermo arrivi un commissario ha già suscitato una serie di grida: qui si vuole attaccare la nostra autonomia, la democrazia è in pericolo, e così via cantando. Tenga conto che il separatismo siciliano è forte dal tempo dei tempi. Quando – per esempio nel 1848 – l’Italia era tutta in rivolta contro l’assolutismo, Palermo era invece in rivolta contro la capitale del Regno, Napoli, e metteva al primo posto delle sue richieste che i napoletani non s’impicciassero delle cose siciliane, non governassero l’isola con uomini loro, eccetera. Queste spinte alla divisione facevano disperare i veri patrioti, come ad esempio Massimo d’Azeglio: ma come, ci dividiamo prima ancora di unirci?, eccetera eccetera. Questo spirito d’indipendenza, che potremmo anche chiamare “fiero”, è ancora vivo? O i siciliani campano di rendita sul malgoverno di tutti quanti, quelli che stanno a Palermo e quelli che stanno a Roma? Forse la crisi attuale servirà a farci capire meglio la cosa.
• Che dicono i numeri?
Sembra incontrovertibile che l’isola abbia accumulato un debito di 21 miliardi. E che le casse siano vuote, al punto che non si sa se sarà possibile, il prossimo mese, pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici. La Regione, inoltre, corre il rischio di dover restituire all’Unione Europea i sei miliardi di contributi ricevuti negli ultimi anni: la Ue, pochi giorni fa, ha bloccato 600 milioni di fondi, lamentando l’«eccessiva frantumazione degli interventi programmati», la «scarsa affidabilità» dei controlli, la «notevolissima presenza di progetti non conclusi», le «irregolarità sistemiche relative agli appalti» (qui i magistrati contabili protestano in particolare per un appalto dato a un tizio con «procedimenti giudiziari a carico»). Fabrizio Barca (ministro della Coesione territoriale, un dicastero senza portafoglio che dovrebbe – suppongo – lavorare all’appiattimento delle differenze tra Nord e Sud) ha arricchito di qualche numero le contestazioni europee: tra il 2000 e il 2006 la Sicilia ha ricevuto 16,88 miliardi di contributi (cinque volte quelli assegnati a tutte le regioni dei Nord), e con questi soldi si sono finanziati 2.177 progetti. Però, a oggi, di questi progetti ne risultano conclusi 186, cioè l’8,6%.
• Però, scusi, so che i vari governatori della Sicilia hanno garantito il maggior numero possibile di posti di lavoro.
È vero. Sono alle dipendenze della Regione Sicilia 17 mila 995 dipendenti, cito questo numero dall’ultima relazione della Corte dei Conti sul bilancio 2011 e ricordo, anche se questo paragone ha suscitato ogni sorta di polemiche, che la Lombardia con il doppio degli abitanti ha un quinto del personale siciliano. Ai quasi 18 mila vanno poi aggiunti 717 distaccati presso altre strutture e 2.293 a tempo determinato. Fa 21.005. Se mettiamo nel conto anche i dipendenti delle partecipate, arriviamo a un peso per gli stipendi superiore al miliardo di euro, quasi la metà di quello che spendono, alla voce “personale”, tutte le altre regioni messe insieme. È possibile che questo modo di procedere sia quello che la Camusso chiama “sviluppo”. Io non lo so.
• Che cosa scrive Monti al governatore Raffaele Lombardo?
È esplicita la «preoccupazione riguardo alla possibilità che la Sicilia possa andare in default». Segue, con le dovute forme, la domanda: il governatore Lombardo il prossimo 31 luglio, si dimetterà oppure no? Lombardo ha risposto chiedendo di essere ricevuto. Monti gli ha dato appuntamento per martedì prossimo.
• Com’è la storia delle dimissioni?
Lombardo, che è anche implicato in un processo per mafia, disse al bravo Giuseppe Cruciani de La zanzara che il 31 avrebbe smesso di far politica e si sarebbe dedicato alla coltivazione e al fumo della marijuana. Smentì poi il fatto della marijuana dicendo che s’era adattato al tono spiritoso del programma. Monti vuol sapere se era uno scherzo anche la storia della dimissioni..
• Come fa una regione a fallire?
Credo che ci rimetteranno i creditori. E i dipendenti, che andranno tagliati. Anche l’autonomia, direi, ha l’aria di essere già adesso un sogno del passato.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 18 luglio 2012]