GQ luglio n. 154 2012, 18 luglio 2012
I COMPRATORI DI NIENTE
John Wayne è incazzato. Ci osserva dall’alto del suo destriero e la scultura a colori è incredibilmente fedele. Sulla parete alle sue spalle, ghigna un alce imbalsamato. Poi un cinghiale, un cervo. Teste pelose e impolverate sono appese ovunque. Il resto sono carrozze. Questo assurdo garage al neon è il loro museo. Carretti cinesi e pakistani. Thailandesi e siciliani. Bighe. Quella di Ben Hur e quella de Il gladiatore. La zucca di Cenerentola e la diligenza di Ombre rosse. Corridoi umidi di muffa che si susseguono uno dopo l’altro giustificando un’improvvisa fame d’aria. Lungo le scale per tornare in superficie, una foto incorniciata. Leonardo Di Caprio in visita qui, anche lui. La sua espressione: come ci sono finito? Sei uscito da Roma seguendo la via Ardeatina, hai deviato per via Millevoi e al civico 693 ti sei ritrovato in un parcheggio deserto circondato da palazzine. Hai suonato il citofono di una bizzarra costruzione in vetro specchiato e sei entrato alla Mostra permanente delle carrozze d’epoca. Ecco come hai fatto. Riguardo ai motivi, ciascuno ha i suoi.
IL VOLANTINO. Arriva con la posta e da un’altra epoca. Due giorni al Santuario di Padre Pio, 47 euro. Tre giorni tra Genova, Portofino e «la bellezza inaspettata di Sarzana», 139. Soprattutto: «E.M.C. Italia s.r.l. vi invita a una gita di un giorno per passeggiare attraverso la storia visitando l’esclusivo Museo delle carrozze d’epoca». Segue programma con fermate del pullman, dettagli di prima colazione, pranzo e accenno a «dimostrazione nuovissimi prodotti E.M.C.». Quindici euro, tutto compreso. Ma non era A.M.C. il nome della famosa marca di pentole? E poi i viaggi delle padelle esistono ancora? Per scoprirlo bisogna «passeggiare attraverso la Storia».
LA PARTENZA. Ore 7.00. Tor Bella Monaca. Roma. Oltre i casermoni a quindici piani, ci sono le case basse, tutte diverse. Le sbarre alle finestre si aprono una dopo l’altra. Una donna sbatte un tappeto sul balcone. Mi osserva. Rientra. Ore 7,45. Del pullman nessuna traccia. Dall’alto, la donna del tappeto è tornata a studiarmi. Sono quasi le 8 quando scende in strada: «Per caso aspetta quelli delle gite? Perché quelli dicono qua, ma in realtà si fermano dietro l’angolo». Sono rimasta a terra. In tasca, il volantino: «Per informazioni Dynasty Travel» e il numero. Chiamo, al meno per polemizzare. Risponde una donna, è dispiaciuta, ma ormai il pullman sarà quasi a Lavinio. Non era al Museo delle carrozze la gita di oggi? Conferma, prima però si va all’Hotel La Playa, Passeggiata delle Sirene, Lavinio.
L’INSEGUIMENTO. Le Sirene sono un miraggio sul navigatore, la macchina un pallino in avvicinamento lungo la via Pontina. La strada è libera. La periferia di Pomezia è un residuato industriale, solcato da corriere strapiene che si aggiungono al traffico verso la capitale. L’Ardearina corre lungo il mare e i manifesti delle elezioni comunali la piantonano da entrambi i lati. Un sosia di Albanese-Cetto La Qualunque sorride compiaciuto e in quanto a slogan ha vinto comunque: «Cambiamo città. Restiamo ad Ardea». Al McDrive più grande d’Europa, segue il centro commerciale “Me ce porti”. Davanti a un lunapark in stato di abbandono, con le statue di Topolino, Minnie e Paperino, alte e scrostate come palazzi, stazionano banchi di frutta. Dopo la pineta e i campeggi chiusi, si alternano Irish pub, cantine messicane, baracche. Poi il miracolo. Il pullman c’è. È parcheggiato a metà della strada. In fondo, accanto a una costruzione circolare mai completata e ricoperta di graffiti, sorge l’Hotel La Playa. Alla reception la conferma: il gruppo è al ristorante, oltre la piscina. Olimpica, vuota. Dentro un locale parzialmente circondato da vetri, un uomo largo, sui 35, si muove tra pentole, divani, aspirapolvere e materassi. La platea, prevalentemente femminile, età media settant’anni, è seduta intorno ai tavoli già apparecchiati. Si volta all’unisono al mio ingresso. Come ho fatto a trovarli? Con la macchina? Davvero? E che strada ho preso? C’era traffico sul raccordo? Sono il caso del giorno, sto rubando i riflettori alle pentole. Non va bene, ma l’autista, Luigino, che è alto un metro e novanta e largo il doppio, conosce l’arte della diplomazia: «Senti un po’, qui stamo a lavorà, mo’ vatte a sedè».
LA DIMOSTRAZIONE. PRIMO TEMPO. Alessio, il trentacinquenne di prima, si lascia andare su una specie di trono nero imbottito. È la poltrona shiatsu: «La trovate anche negli autogrill in Francia e Germania. È pensata per i camionisti che stanno sempre seduti, così riattivano la circolazione». La platea ha ritrovato concentrazione e il prezzo, 2.999 euro, non solleva commenti perché, spiega Alessio: «Se i dolori ti vuoi fa passà, la poltrona tè devi compra!». Senza contare che «per bloccare i prodotti, oggi dovete dare solo un piccolo acconto: dieci, venti euro». Poi si procede con il “contrattino”, mentre «il pagamento si può fare in contanti alla consegna, oppure in comode rate. Pure da venti, trenta euro al mese». È la volta del «climatizzatore portatile», che a ben vedere non climatizza, ma «si può impostare il tempo, la velocità, il movimento delle pale. A voi vi girano le pale?». Risate. «E per il caldo, tirate questa levetta. “Pull” ci sta scritto. Che in inglese vuol dire?». Un uomo calvo, in tenuta mimetica: «Culo!», strilla. Ci si sganascia. Alessio annuisce: «Mesa che e avete ragione, oggi servirebbe proprio ‘na botta de culo». Ma il tempo è denaro e «guardate ’sto divanetto quant’è bello. Se non lo vedete potere anche alzarvi in piedi, chi ce la fa». Accarezza la plastica dello schienale, producendo onomatopee che scatenano ulteriori sbellicamenti. «Bello, resistente e comodo. Vuoi stendere la gambe?», e tac, scatta il poggiapiedi. «Vuoi dormire?», tac e lo schienale si ribalta. «Ti vuoi fare il massaggio?», i cuscini iniziano a vibrare, 1.490 euro, un vero affare «per lui e lei, oppure per lui e lui se sono gay». Quella di Claudio, sui 55 anni, esile, canuto, è una professionalità diversa, dotata di solide basi scientifiche. Il metodo è quello sperimentale di galileiana memoria. «C’è qualcuno che ha già comprato i materassi di lattice?». Un’anziana si sbraccia: «Mio figlio pure al pupetto l’ha preso». I complimenti di Claudio sono sentiti. È noto infatti «che la notte si suda, e il sudore che fa? Infiamma le ossa! Così si formano gli acari e quelli che fanno? Mangiano la nostra pelle! E si riproducono provocando malattie artroreumatiche!». Ma è indispensabile la rete elettrica a doghe di legno. «Chi la vuole provare?». La fortunata è una donna ricurva, di età compresa tra i 60 e i 120. «Ecco, vieni, sdraiati. Ti metto il cuscino per la cervicale. Come si sta?». La donna sospira sollevata, Claudio percepisce altre sfumature: «Che, ti sei ingrifata?». È un boato, ma lui già armeggia con il telecomando variando l’inclinazione della signora. «Potete trovare la posizione millimetricamente e in base alle vostre patologie». Piedi gonfi e gambe stanche? «Potete tirarle su per farle sgonfiare e poi abbassarle fino a mettere i piedi al livello del cuore. Lo consigliano i cardiologi». Perché «la notte è il momento più pericoloso della vita. Si rischiano reumatismi, artrosi, cervicale, asma, mal di schiena, allergia e — pausa — anche la vita!». Il silenzio viene spezzato dal dilemma di un uomo in seconda fila: «Ma lasciarla tutta la notte porta pericolo?». Claudio si spazientisce: «L’importante è la posizione salvavita. I piedi al livello del cuore. Vedete la nostra bella valletta?». La sessanta-centoventenne, alzata, abbassata, rigirata, tiene le braccia conserte e gli occhi chiusi. Dorme. Lazzi e battute. Prezzi e refrain: il piccolo acconto, la scelta del mese di consegna, le rate vita natural durante.
INTERVALLO. Finalmente in piedi, alcuni valutano i prodotti, i più prendono la porta e accendono le sigarette. Confrontano acquisti e confidano aspirazioni: «Le pentole le sto ancora a pagà, però so’ belle. Quando le caccio fuori che figura che fanno!». Azzardo un’ipotesi: non erano le A.M.C. le pentole famose? «Certo, famose in tutto il mondo». E queste non sono E.M.C.? «Appunto». E lo sguardo è di quelli riservati ai poveri di mente. Tre donne prossime agli ottanta si azzardano nel vento freddo verso la spiaggia. Dei viaggi delle pentole sono veterane. Sono state a Lourdes, a Fatima e in Spagna. Poi Ischia, Vietri e da Padre Pio, naturalmente. Teresa ha occhi sbiaditi che dovevano essere di un blu intenso. È la più loquace: «Da Padre Pio è bellissimo. La chiesa nuova è splendida, splendente». Abbassa la voce e accosta la mano alle labbra: «E sono 47 euro per due giorni!». Certo, qualche volta si finisce a comprare i prodotti. Una volta tocca a una, una volta all’altra, ma: «Pure ’sti poracci ce devono rientrà in qualche modo». L’improvviso ribaltamento di prospettiva spalanca nuovi scenari, ma davanti alla questione della convenienza non ci sono dubbi: «Le cose belle costano». Dalla porta a vetri del ristorante, Luigino, l’autista, richiama il branco. Teresa spiega: «Se non hanno venduto, insistono, insistono e poi fanno le offertissime. E se va ancora male, fanno le cose da dieci euro. Fino a quel momento, oggi non prendiamo niente».
LA DIMOSTRAZIONE. SECONDO TEMPO. Alessio è tornato alla ribalta: «Allora signori belli, diciamoci la verità, oggi non abbiamo fatto quasi niente. Capiamo che ci sono tanti di voi che stanno ancora pagando, ma il nostro lavoro è vendere, che ve ne eravate accorti?». Risate. Lo spettacolo è ricominciato, il copione condiviso e per l’offerta del giorno spunta il set terapeutico in lana merinos, «un prodotto storico». Infatti ce l’hanno quasi tutti, ma alla spiegazione di Claudio non si sfugge. «La merinos è una lana terapeutica. Combatte tutte le malattie artroreumariche: l’artrite, l’artrosi e l’osteoporosi». E va bene in tutte le stagioni, infatti «l’estate assorbe il sudore». Novecentonovanta euro ben spesi perché «oggi vi ci metto sopra pure un bel copriletto matrimoniale, due cuscini, le ciabatte e i collarini per la cervicale». Si aggiungono poi: il set di asciugamani, sempre «per lei, lui e pe’ i gay». Il copriletto estivo, la tovaglia da 12 con i tovaglioli, il finto climatizzatore e la sedia ribaltabile che diventa asse da stiro. «E dajie che ve la stamo a regalà la roba!». Davanti a tanta abbondanza anche gli animi più fermi iniziano a vacillare. Per un attimo la breccia sembra farsi varco, quando una voce si leva sulle altre: «Eh, ma adesso c’abbiamo pure lo spettro dell’Imu a giugno e come si fa?». È un palloncino che si avvita in aria svuotandosi a terra. Appoggiato a una colonna, Luigino si lascia sfuggire un commento a metà tra la filosofia spinoziana e l’invocazione celeste: «Madre de Dios, porque oggi no ce se inqiula niuno, porque? Vengon solo por magna e pasar la iornada». Non resta che tirare fuori le buste di plastica e disporle malinconicamente su un tavolino. Alessio: «Signori, la giornata è andata malissimo. Quindi, se non i soldi, metteteci almeno un po’ di cuoricino». Dopo i freni, Luigino abbandona anche gli spagnolismi: «Ma se ce volete mette un po’ de’ sordi non ci offendiamo, che c’ho il mutuo da pagà». Dilaga un sentimento di generale comprensione. Claudio si affretta ad alimentarlo: «Altro che mutuo, qui si tratta di mettere il gasolio per tornarci a casa». Una donna in prima fila abbandona il pudore di una mano che proteggeva le labbra, spalancando una caverna sdentata. Claudio sussulta, ma si riprende subito: «Vabbe’, intanto vi ricordo il menu: antipasto di bruschette e cozze gratinate, paccheri ai frutti di mare, frittura, verdure grigliate. Gelato e caffè. E c’è pure un bel regalo». L’unanimità è ritrovata: «Booonoo». E allora «partecipate almeno con un piccolo aiuto. E non ci dite “la prossima volta” pure su questi». Compaiono gli accappatoi, «in puro macramè originale, svizzero». Sono «pezzi di campionario», infatti «le confezioni sono un po’ sgarrare, ma i prodotti stanno bene». Mentre «per quelli che pure 50 euro so’ troppi», ecco l’olio alle cento erbe, «che è come quello dei frati, solo che noi ve lo diamo alla metà». Miracolose le proprietà terapeutiche, universale l’uso «per i termosifoni, per i massaggi, per la cervicale, per le gengivi». Il dubbio non sfiora i plurali: «Senz’acqua? Sulle gengivi?». Claudio non perde il suo aplomb. Luigino agita la mano all’altezza dello stomaco. Alessio recepisce e accorcia le distanze con il pranzo: «Vabbe’, dentro ci stanno le istruzioni». E inizia un valzer per la sala. Pronta consegna e contanti sul tavolo, anche in moneta, purché sull’unghia. Due anziane si spartiscono gli accappatoi. Il resto sono oli, e mentre il mucchietto di banconote da cinque e dieci cresce, la ricevuta resta un orpello di cui nessuno sente il bisogno. Chiusi i conti, tra gli applausi, le cozze gratinate fanno la loro comparsa.
IL PRANZO. Il sapore è quello che immagini o, forse, non puoi. Il resto è uno spartito dal ritmo veloce. Ogni portata un applauso. Un vorace silenzio. Un’orchestra di piatti e forchette. Claudio, Alessio, Luigino e quello che si intuisce l’organizzatore, sono a una ventina di passi, accanto alle toilette, oltre un arco. Vengono serviti per primi e con casseruole fumanti, mentre di qua il cibo arriva già nei piatti. Ma per scoprire che la sostanza, anche dei discorsi, non cambia, basta mettersi in coda per il bagno. Luigino inforca con gusto: «Se va avanti così finisce che me devo vende casa». La replica: «Almeno tu te la puoi vende!». Alle mie spalle due donne commentano i paccheri: «Boni! Ma ’ndò stavano i frutti de mare?». Risposta: «’Ndò stanno i soldi!». Un uomo al cellulare: «No, oggi sto al mare, a Lavigno. Eh sì, — si vanta — ce sta un’aria bella!». E lui fuori non è uscito mai. Intorno, si mastica la stessa lingua. Le case da pagare. Le cose comprate e quelle da comprare. La salute, nei dettagli, e poi i soldi, quelli sempre. Bevuto il caffè, il boss conta il malloppo. Si guarda intorno, lo infila nel portafogli. Claudio e Alessio iniziano a distribuire l’omaggio. Coperte in simil spugna, a fiori o a quadri, ma i primi vanno per la maggiore. «Che la posso cambià?». L’organizzatore è ferreo: «Il regalo nun se cambia! Se volete, ve lo scambiare voi. Cazzi vostri». La trattativa è frenetica. Luigino si assesta la cinta dei pantaloni: «E mò annamo alle carrozze». John Wayne è lì che aspetta, mentre Alessio e Claudio si infilano le giacche: «Allora come vi stiamo trattando?». Risposta retorica. «Allora fate una bella mancia per i camerieri». E arrivederci, loro hanno finito. Il gasolio per tornare a casa è garantito.