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 2012  luglio 18 Mercoledì calendario

GIUDIZI DELLE AGENZIE DI RATING SONO OPINIONI, NON SENTENZE

Sulle conseguenze deleterie dei verdetti a orologeria delle agenzie di rating americane si è scritto parecchio in passato. Ora però mi pare che esse abbiano raggiunto il massimo dell’impudenza. Si sperava che il presidente Monti, facendosi portavoce del sentire comunitario, mettesse sul tappeto nelle varie sedi che in questo periodo ha frequentato, la creazione di un’Agenzia di rating europea. Sarebbe stato il solo modo perché l’Ue si liberasse definitivamente da quelle spade di Damocle. Se il presidente Monti ha dato precedenza a problemi verosimilmente ancor più urgenti e gravi, c’è da sperare che ora l’auspicata proposta la mandi avanti il neo-ministro Grilli, visto che quelle Agenzie non hanno altro in mente che di affossare l’euro.
Lorenzo Milanesi
lorenzomilanesi@alice.it
Caro Milanesi, penso, fino a prova contraria, che queste agenzie non rispondano alla strategia di manipolatori occulti. Nel loro consiglio d’amministrazione siedono persone che hanno forti interessi economici, ed è quindi possibile che gli autori dei giudizi si astengano, in alcune circostanze, dal danneggiare i maggiori azionisti. Ma non credo che si spingano sino a dimenticare che il loro fondamentale interesse è la difesa della propria indipendenza.
Il problema, se mai, è la credibilità del loro metodo. Esistono nel mondo dozzine di istituti che studiano la situazione economica e pubblicano periodicamente le loro previsioni. Sono gli uffici delle banche centrali, delle maggiori banche d’affari, delle associazioni industriali, delle fondazioni accademiche. Anche le organizzazioni mondiali, dall’Ocse al Fondo monetario internazionale, producono una massa di documentazione che giunge quasi quotidianamente sul tavolo di tutti coloro che, per ragioni pubbliche o private, devono seguire attentamente l’andamento dei mercati. Nella varietà dei giudizi può nascondersi in qualche caso l’esistenza di un partito preso, ma questa varietà è dovuta in buona parte all’esistenza di impostazioni e strumenti critici alquanto diversi. L’economia non è una scienza esatta e il mercato del denaro è spesso dominato da comportamenti imprevedibili, se non addirittura irrazionali. Un analista è tanto più stimabile quanto più è conscio dei limiti delle sue previsioni.
Le agenzie di rating, invece, non hanno dubbi e pretendono di trattare i Paesi e le aziende come altrettanti scolaretti di cui è possibile misurare quantitativamente la diligenza, l’intelligenza, il rendimento. Per tenere conto della varietà delle situazioni hanno inventato una complicata pagella, zeppa di più e di meno, e distribuiscono voti sulla base di un’autorità che dovrebbe essere superiore a quella di qualsiasi altro istituto di analisi. È una pretesa risibile, smentita dai madornali errori compiuti nelle settimane che precedettero la grande crisi finanziaria americana del 2008. Piuttosto che creare un’altra agenzia dovremmo trattare i giudizi di quelle esistenti come altrettante opinioni, tutte legittime ma non necessariamente azzeccate.
Sergio Romano