Gianandrea Gaiani, Libero 18/7/2012, 18 luglio 2012
LA LEZIONE AMERICANA SUI MARÒ COSÌ DOVEVAMO TRATTARE L’INDIA
LA LEZIONE AMERICANA SUI MARÒ COSÌ DOVEVAMO TRATTARE L’INDIA–
I pescherecci indiani sembrano proprio andare a zonzo per i sette mari a caccia di guai. Quasi sei mesi dopo la morte di due pescatori per la quale si è aperto ieri il processo ai due fucilieri italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, un altro peschereccio di Nuova Delhi è stato preso a mitragliate, questa volta nel Golfo Persico e da una petroliera militare statunitense. Il Pentagono ha spiegato che l’imbarcazione non ha risposto agli avvisi di tenersi alla larga dalla rifornitrice Rappahannock. Il peschereccio si era avvicinato a un migliaio di metri puntando alla velocità di oltre 20 nodi verso la murata della nave della flotta americana preoccupata non tanto dei pirati quanto di un possibile attacco suicida eseguito da terroristi o dai barchini dei pasdaran iraniani che dispongono di centinaia di imbarcazioni simili al peschereccio indiano e che nel 2008 «circondarono» con cinque barchini a scopo dimostrativo il cacciatorpediniere statunitense Hopper. ATTACCO ALLA COLE Dieci anni orsono un peschereccio imbottito di esplosivo e utilizzato dagli uomini di al Qaeda esplose contro il cacciatorpediniere Cole nel porto yemenita di Aden provocando la morte di 17 marinai statunitensi. Ignoti i motivi di una manovra così azzardata che ha portato il peschereccio indiano a meno di 100 metri dalla nave americana, oltre i quali le procedure di sicurezza adottata dai security team prevedono che dagli avvertimenti «non letali» si passi al fuoco diretto. Una raffica di mitragliatrice pesante Browning da 12,7 millimetri ha colpito il peschereccio sul quale un pescatore Thiru A. Sekhar di 25 anni, è morto e gli altri tre dell’equipaggio sono rimasti feriti. Solo a quel punto l’imbarcazione ha cambiato rotta, passando a poppa della Rappahannock e dirigendosi verso il porto di Dubai. Le autorità degli Emirati Arabi Uniti hanno aperto un’inchiesta che forse potrà spiegare il folle gesto dell’equipaggio indiano anche se un anno or sono a un convegno internazionale sulla sicurezza marittima un ufficiale della Indian Coast Guard ammise che la gran parte dei pescherecci non rispetta o ignora leggi e procedure marittime internazionali né le misure di sicurezza adottate da tutte le navi. Washington si è scusata con l’India che, al momento, non sembra intenzionata a chiedere di poter processare i marinai americani che hanno aperto il fuoco come nel caso di Latorre e Girone. Il primo ministro dello Stato indiano del Tamil Nadu, Jayalalithaa, ha chiesto però che «sia pagato un adeguato indennizzo» alle famiglie dei pescatori uccisi e feriti citando espressamente il precedente dei due militari italiani. La trasparenza degli americani, che hanno rivelato subito ogni dettaglio, foto del peschereccio e persino una mappa con la rotta di avvicinamento alla petroliera, contrasta con i silenzi e il basso profilo adottati da Farnesina e Difesa italiana. NIENTE TRADUZIONE Una linea che ci ha riservato solo figuracce e schiaffi che gli indiani ci hanno rifilato anche ieri, all’apertura del processo ai due fucilieri. Nell’udienza, subito rinviata al 25 luglio, il giudice di Kollam, PD Rajan ha rifiutato la richiesta della difesa di traduzione in italiano degli atti processuali. Secondo il giudice gli avvocati dei due militari conoscono bene sia la lingua del Kerala, il malayalam, sia l’inglese. Di fronte all’ennesimo abuso indiano, Roma ha reagito con la consueta “incisività”. Una nota del Ministero della Difesa ha espresso «totale disappunto» mentre il sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura, ha commentato l’incidente che ha coinvolto i pescatori indiani e la nave militare americana affermando che «sono casi che succedono a chiunque e come tali vanno gestiti dal diritto internazionale ». A Nuova Delhi ne saranno rimasti impressionati.