Donato Masciandaro, Il Sole 24 Ore 18/7/2012, 18 luglio 2012
BUGIARDI O NEGLIGENTI?
Cosa sarebbe successo in Italia se si fosse scoperto che, per un certo arco temporale, nella definizione di un tasso di interesse fondamentale per milioni di contratti le maggiori banche avessero manipolato sistematicamente i dati, con il silenzio complice della banca centrale? Probabilmente l’Armageddon della trasparenza e della correttezza contro l’opacità e la slealtà, pensando alla possibile reazione della classe politica, dei media, quindi dei cittadini. Cosa sta accadendo oggi nel Regno Unito e negli Stati Uniti - solo per citare il fatto più eclatante - di fronte all’ipotesi di una sistematica alterazione del tasso Libor, di cui erano a conoscenza sia la Banca d’Inghilterra che la Federal Reserve? Ad oggi praticamente nulla. E salvo che lo stesso presidente della Fed Ben Bernanke definisca - cosa di ieri - «molto preoccupante» quanto accaduto perché «ha minato la fiducia dei mercati». Appunto. Tutto normale dunque? La cronaca degli ultimi giorni dovrebbe rappresentare una sorta di via crucis per la reputazione dell’industria finanziaria anglosassone. Su entrambi i lati dell’Atlantico si sono inanellati una serie di episodi - che hanno coinvolto a titolo diverse banche di primaria importanza - in cui vengono ipotizzate forme diverse di distorsione dei meccanismi di mercato: manipolazione dei prezzi, abuso di posizione dominante, discriminazioni tra clienti, riciclaggio di capitali. Su tutti, spicca l’ipotesi di un macroscopico imbroglio sul Libor. Finora la ricostruzione dei fatti sembra essere la seguente. Almeno a partire dal 2007, almeno uno dei tassi chiave per la definizione quotidiana dei contratti sui mercati finanziari - il Libor - sarebbe stato sistematicamente manipolato da almeno una primaria banca inglese; di ciò avrebbero avuto contezza esponenti di vertice sia della Banca d’Inghilterra che della Fed. Perché l’imbroglio Libor è un’ipotesi possibile? La risposta è semplice: impunità. Quando le regole sono mal disegnate, l’effetto più tossico è rappresentato dalla distorsione degli incentivi: i soggetti in gioco possono perseguire comportamenti coerenti con il loro tornaconto di breve periodo, senza curarsi degli effetti collaterali, più o meno diffusi e/o più meno posticipati. Un banchiere manipola informazioni quando è convinto che la probabilità di essere scoperto è bassa, e ancora se sa che, anche se scoperto, i relativi costi saranno trascurabili. Per le stesse ragioni un banchiere centrale può decidere di colludere con i propri controllati, con i politici, o con entrambi. Se poi uno stesso evento - un Libor manipolato - era più conveniente in quel momento per tutti i soggetti, banchieri, politici e vigilanti, le ragioni per vederci subito chiaro sono indiscutibili. Se l’imbroglio è effettivamente avvenuto, i danni sarebbero enormi, soprattutto dal punto di vista della reputazione sia dell’industria bancaria anglosassone che dei suoi vigilanti. Allora la priorità non può che essere: capire immediatamente e con completezza quanto l’ipotesi truffa Libor sia fondata. La definizione del Libor ha effetti, ogni giorno, per tutti i contratti finanziari del mondo. Quindi la domanda di trasparenza doveva essere subito formulata da chi si occupa istituzionalmente di tutelare e monitorare la stabilità e dell’integrità dei circuiti finanziari internazionali. In ordine sparso: il Fondo monetario, il Financial Stability Board, la World Bank, la Banca dei regolamenti internazionali, solo per citare i più pronti ad alzare il ditino ed a esprimere moniti su questi temi. Dove sono? La definizione del Libor nasce essenzialmente nel perimetro della finanza anglosassone. Quindi l’offerta di trasparenza, l’azione di indagine e la produzione di risposte pronte, complete e convincenti è in capo ai governi inglese e statunitense, che sono i responsabili politici delle azioni - e anche delle eventuali omissioni - dei propri organismi di vigilanza bancaria e finanziaria, Bank of England e Fed in testa. Dove sono? Certo, è iniziato il rituale delle interrogazioni e delle audizioni. Magari con il condimento di una bella commissione di esperti, e come gran finale una bella legge quadro, che definisce i principi, dilata i tempi, annacqua i contenuti. Se questa sarà la sequenza (e speriamo di no) avremmo la esatta replica di quello che è avvenuto e sta ancora avvenendo per la riforma delle regole bancarie e finanziarie nel Regno Unito e negli Stati Uniti. La crisi è iniziata quasi quattro anni fa, le radici regolamentari sono oramai evidenti anche ai più ignoranti o prevenuti sulla necessità di una riforma radicale proprio delle regole finanziarie, eppure siamo sempre fermi al palo. Nulla di sostanziale è cambiato: ogni tanto negli Stati Uniti la legge Dodd Frank ha un sussulto, sembra viva, e questo fa felice i politici e i banchieri, nonché i media dalla bocca buona. Vedremo se sull’imbroglio Libor e dintorni il rituale - ispirato al "facite ammuina" di borbonica memoria - sarà lo stesso