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 2009  giugno 17 Mercoledì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Paolo Romani
Il Ministro delle Politiche agricole è Luca Zaia
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è Luca Cordero di Montezemolo
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Gordon Brown
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Che cosa accadrebbe in Iran se i milioni che sostengono Mousavi e vogliono nuove elezioni venissero in contatto con i milioni entusia­sti di Ahmadinejad e che scendo­no in piazza per sostenerlo? Ecco un massacro al quale nessuno vorrebbe assistere. Le vittime dei moti di Teheran sono finora set­te. I feriti e gli arrestati, non si sa con certezza. Ieri i sostenitori di Ahmadinejad si sono radunati nella piazza Vali Asr, la stessa nel­la quale erano attesi i seguaci di Mousavi. I quali hanno scelto, in­vece, di andare a protestare da­vanti alla sede della tv di Stato. Una manifestazione massiccia, si­lenziosa e impressionante: le cen­tinaia di migliaia di riformisti hanno alzato cartelli («Dov’è il mio voto?») senza scandire slo­gan. La polizia, appostata all’in­crocio di Park Way, ha impedito che le due masse venissero in con­tatto. Intanto Ahmadinejad era volato in Russia e aveva ricomin­ciato a scagliarsi contro l’Occi­dente: «L’epoca degli imperi è fini­ta e non rinascerà. L’ordine capi­talista mondiale è ormai costret­to a battere in ritirata» eccetera. Nessun accenno alle proteste di Teheran, che già nei giorni scorsi il presidente aveva definito «irrile­vanti ». Mosca per ora sta con lui, gli alleati del Gruppo di Shan­ghai (cinesi, kazaki, tagiki, uz­beki, kirghizi) pure. Ma troppo ir­rilevanti le proteste non devono essere: ieri mattina i Guardiani – i 12 saggi in tutto dipendenti dal Leader supremo Khamenei – ave­vano detto che, se necessario, si sarebbe potuto procedere a una riconta dei voti, escludendo però che si potesse votare di nuovo. Ie­ri sera, invece, qualche minimo spiraglio s’è aperto anche sulla questione del voto: forse, in qual­che circoscrizione dove i brogli so­no effettivamente più provati, si potrebbe tornare alle urne...

Il regime ha paura?
Sì, il regime è spaccato e la que­stione riguarda la leadership di Khamenei, il vero padrone del Paese. Il quale ha bisogno di le­gittimazione, perché altri ayatol­lah – ad esempio Ali Sistani – non sono convinti di un sistema che opprime i cittadini in tanti modi, tiene una così grande par­te di giovani senza lavoro, ha dif­ficoltà ad attrarre investimenti dall’estero. Dei 70 milioni di ira­niani, due terzi hanno meno di trent’anni e il 50% ne ha meno di 16. Ogni anno si affac­ciano sul mercato e chie­dono di guadagnarsi da vivere un milione di ra­gazzi. Chi governa deve dare una risposta a que­sta domanda. più im­portante questo o è più importante che al vertice del si­stema – che ha come minimo 11 centri decisionali, è cioè estre­mamente frazionato – sieda un giureconsulto sciita scelto da al­tri correligionari come lui?

Sembrerebbe una risposta ov­via.
Però non bisogna farsi inganna­re dalle manifestazioni. Nel Pae­se, il sentimento che sostiene Ah­madinejad è forte: un’opinione violentemente anti israeliana, quindi antiamericana e anti occi­dentale. Nessun candidato si è permesso, durante la campagna elettorale, di dichiararsi amico dell’America o dell’Occidente. Nessuno ha sostenuto di voler minimamente smorzare la scel­ta nucleare.

Ma allora questi che sfilano con­tro il regime che vogliono?
Vogliono soprattutto un cambia­mento interno. L’apparato di po­tere, mentre si indebolisce, si mi­litarizza dando ancora più spa­zio che in passato a pasdaran e bassiji (i volontari della mili­zia). Sono i pasdaran a sostene­re Ahmadinejad, sono loro che hanno fatto campagna elettora­le andando a bussare porta a porta e convincendo familiari e amici a fare altrettanto.

Quello che vorremmo sapere davvero è se tutto questo ci mette in qualche modo a ri­schio, se scoppierà una guer­ra.
In questo momento nessuno s’azzarderebbe a muovere un di­to contro Teheran, dato che un qualche attacco – di quelli che l’anno scorso si pensavano possi­bili da parte di Israele – ricom­patterebbe le fazioni iraniane in lotta e rafforzerebbe il regime.

Chi l’avrà vinta?
Oggi è prevista un’altra manife­stazione dei riformisti, ma non credo che Mousavi l’avrà vinta alla fine. Ahmadinejad ha anco­ra un consenso troppo ampio. Il regime sta attento a lasciare sfo­gare i contestatori senza esaspe­rare troppo gli animi. Hussein Shariatmadari, l’uomo om­bra di Khamenei, ha avu­to parole di comprensio­ne per i giovani: «non ce l’abbiamo con loro, ma con chi li manovra». Spiegando ad Alberto Negri la prossima po­litica estera di Tehe­ran, Shariatmadari ha aggiunto: «Non saremo noi a creare tensioni, ma se verranno superate le no­stre linee rosse rispondere­mo duramente». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 17/6/2009]
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