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 2009  giugno 17 Mercoledì calendario

Caro Guido, leggendoti l’altro giorno sulla Stampa, e mentre provavo uno slancio di tenerezza e di ammirazione, mi sono sentito in colpa

Caro Guido, leggendoti l’altro giorno sulla Stampa, e mentre provavo uno slancio di tenerezza e di ammirazione, mi sono sentito in colpa. Possibile che non ci vediamo da tanti anni (quanti? forse 40)? vero che sono sempre rimasto in contatto con la tua scintillante intelligenza, attraverso i tuoi scritti (a volte traditori, apparsi su giornali che non sono la «nostra» Stampa, tua, di Ronchey che «ti scoprì» e ti amò, e mia). Ma quel tuo ultimo (latest, beninteso, non last) articolo sui vecchi, sormontato da quella fantastica fotografia di due vecchie, bellissime mani intrecciate - l’indice distorto della sinistra sembra il mio, che quando batto i tasti tende sempre a trasformare le t in r - mi ha colpito. Prima di tutto mi sono detto: ma quanto è diventato bravo, col passare degli anni! Eri già bravissimo quando ero io, o meglio Casalegno, a mettere in pagina i tuoi elzeviri, quarant’anni fa. Ma adesso non sei più soltanto bravo. Hai raggiunto la grandezza, puoi collocarti sesto tra cotanto senno, scegli tu a tuo piacimento gli altri cinque degni di starti accanto, non aver limiti nella tua scelta. Poi mi sono anche detto: che strani frutti dà la vecchiaia! Che strano il fatto che Guido, nel disegnare, con la precisione di un grande pittore del nostro Rinascimento, il quadro minuzioso di tutti i danni della vecchiaia, si sia dimenticato di dipingere, in un angolo del quadro, accanto ai vecchioni malandati che ha spietatamente ritratto, lo splendore nudo di una forma femminile, rappresentazione miracolosa della sapienza senile. Mio caro, ti sei dimenticato di dire che il trascorrere non degli anni ma dei decenni ha ancora arricchito quel misterioso intreccio di sinapsi cerebrali che ti rende così unico, inimitabile, irraggiungibile, nel panorama della letteratura italiana, ma che dico italiana, mondiale, del nostro tempo. Mah, sarà forse anche questo effetto della vecchiaia. Il frutto maturo dell’intelligenza ceronettiana non cessa di diventare più smagliante e ricco. Ma forse è diminuita la coscienza che il mio amico vecchio ha della sua grandezza. Così mi sono deciso a scrivertelo io. Per la verità, quando mi sono seduto al computer avevo in mente di scrivere tutt’altro articolo. Pensa un po’: volevo scrivere una lettera di ringraziamento (non la prima, gliene scrissi già un’altra due anni fa) a Beppe Grillo, ignaro, utilissimo strumento di salvezza della nostra democrazia. Essendo sempre il tema la vecchiaia, pregi e difetti, avevo messo da parte, accanto all’ultima, grandiosa divagazione grillesca, il tuo saggio, che mercoledì, nella pressione del lavoro, non avevo avuto il tempo di leggere. L’ho letto, prima di cominciare a scrivere, ne sono stato folgorato, e così un’ipotetica lettera a Grillo si è trasformata in una lettera d’omaggio al mio amico Ceronetti. Però, mi perdonerai una battuta rivolta al Beppe nazionale, potenziale, inconsapevole salvatore della patria. Grillo, che ha cultura, dice una cosa importante: che «la democrazia rappresentativa è finita ed è cominciata la democrazia partecipativa», e tutto questo grazie alla Rete. Immagino che tu, Guido, sappia cosa è la Rete, anche se non ti ci vedo a dialogare elettronicamente con migliaia di ragazzotti sprovveduti, posti dalla Rete sul tuo stesso piano. Grillo immagina, in parole povere, di tornare alla democrazia com’era ai tempi dell’agorà ateniese, magicamente allargata dalla Rete al mondo intero. Immagina di far risuscitare il governo del popolo, come fu visto e giudicato per secoli e millenni, finché i saggi inglesi non inventarono il miracolo della democrazia rappresentativa, fondata su libere elezioni. Fino a quel momento il governo delle assemblee popolari era stato giustamente condannato come l’inevitabile anticamera della tirannide. Democrazia era, almeno fino al Settecento, una brutta parola, ed era giusto così. Caro Grillo, consapevole o no di quanto Lei in realtà propone, questo è: farci fare un salto indietro di un paio di millenni, e prepararci, col suo governo assembleare-reticolare, una nuova inevitabile tirannide; ancor più mostruosa, vista la potenza dell’uomo contemporaneo, di quelle che furono le tirannidi del Novecento, anch’esse figlie della follia delle moltitudini. Per fortuna, Beppe Grillo, che vuole soltanto i trentenni al potere (visto che lui è nato il 21 luglio del 1948, è due volte trentenne, e prossimo dunque, a parer suo, a lasciare la scena, dopo aver raggiunto l’apice della bravura e della fama; mentre da trentenne era, come è ovvio, soltanto un comico fra tanti), ci ha avvertiti in tempo. Bando ai trentenni e alla democrazia reticolare, Dio ci conservi la nostra imperfetta, faticosa, a volte vergognosa democrazia rappresentativa. Perdonami, Guido, se ti ho lasciato per qualche momento. Ma era te che avevo nel cuore, e se ne avessi il tempo mi dilungherei in una risposta a te sulla grandezza della vecchiaia, sulla crescita mentale che, fortuna permettendo (no, non ignoro affatto le tristezze della vecchiaia), non si arresta mai, sulla saggezza che si accresce cogli anni, su quel grande patrimonio di idee e di parole che il tempo accumula in quella scatola misteriosa che ha nome cervello. Dio conservi e protegga il tuo, per il bene di noi tutti.