Maurizio Giannattasio, Corriere della sera 17/06/2009, 17 giugno 2009
TRECENTO MILANO PER SOSTENERNE UNA
MILANO – Risorse e veleni. Ci vorrebbero due isole come la Sicilia per compensare tutto quello che produce e brucia Milano. Nel bene e nel male. Secondo gli esperti, «l’impronta ecologica» della capitale del Nord segna profondo rosso. Per inspirare ed espirare Milano dovrebbe espandersi come una piovra a est e a ovest, a sud e a nord. A fronte dei suoi 181 chilometri quadrati e al suo milione e 300 mila abitanti, l’«impronta ecologica» dovrebbe essere di 54.300 chilometri quadrati, 300 volte l’attuale territorio.
Milano consuma. L’acqua: 250 miliardi di tonnellate di litri all’anno. Il cibo: 400 mila tonnellate. La carta: 300 mila tonnellate. Il carburante: 4,5 milioni di tonnellate. Milano produce. I rifiuti: 760 mila tonnellate all’anno (con un 40 per cento di differenziata). L’anidride carbonica: 6 milioni di tonnellate. Il monossido di carbonio: 84 mila tonnellate. Milano consuma. Il cemento: 350 mila tonnellate. La plastica: 360 mila tonnellate. I metalli: 200 mila tonnellate. Milano inquina. L’ossido di azoto: 13 mila tonnellate. Il biossido di zolfo: 2.000 tonnellate. Una produzione spaventosa, anche se i numeri, soprattutto degli inquinanti, sono calati negli ultimi anni.
«Non so quale evidenza scientifica abbia l’impronta ecologica – attacca l’assessore all’Urbanistica, Carlo Masseroli ”. Per esempio il rapporto sulla densità abitativa. Milano ha un indice molto più basso di altre metropoli europee, come Parigi. Ma sicuramente, Milano ha deciso di raccogliere la sfida delle città ambientalmente sostenibili ed entro il 2015 la nostra città sarà ai vertici della classifica delle green city». Da dove deriva tanta sicurezza? Dal fatto che Milano ha un sogno (ultimamente si è trasformato in un incubo) che si chiama Expo. E il sogno è che l’Expo milanese del 2015 si trasformi in un paradigma di sostenibilità ambientale a livello mondiale. Lo afferma il sindaco di Milano, Letizia Moratti: «Diminuiremo del 15 per cento le emissioni di CO2 entro il 2015». Lo conferma Masseroli. «L’Expo è il primo passo per allargare al resto della città la sfida della sostenibilità». Se ne stanno occupando cinque architetti di fama internazionale, la Consulta architettonica di Expo. L’italiano Stefano Boeri, l’inglese Richard Burdett, lo spagnolo Joan Busquets, l’americano William McDonough e lo svizzero Jacques Herzog incontreranno giovedì i vertici di Expo per illustrare le linee guida del masterplan dell’evento del 2015. Ma il «sogno» della sostenibilità si potrà realizzare solo se la funzione pubblica che occuperà l’area di Expo sarà compatibile con l’ambiente. Se dopo il 2015, nei 102 ettari dell’ Expo, dovesse essere trasferito l’Ortomercato – come è stato spesso ripetuto – il quartiere verde andrebbe a farsi benedire. Che c’entra una piattaforma logistica invasa ogni notte da centinaia e centinaia di camion con una green city?
La garanzia che questo non accada sarà compito dei cinque architetti. Soprattutto di McDonough, considerato il guru mondiale del design sostenibile. Ha lavorato con diversi presidenti americani, collabora con Al Gore e la sua filosofia «cradle to cradle», dalla culla alla culla, rappresenta una visione di un ciclo continuo di utilizzo e riutilizzo di materiali senza produzione di rifiuti. Ce la farà?
Il Comune «La nostra sfida: nel 2015 ai vertici della classifica delle green city».