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 2009  giugno 17 Mercoledì calendario

LE OCCASIONI DA NON PERDERE


Le crisi sono mo­menti difficili per le aziende, ma of­frono anche op­portunità che si manife­stano raramente in tempi normali. Come è accadu­to in altre recessioni, la se­lezione delle aziende che sopravvivranno e dei pro­getti per crearne di nuove sta avvenendo in questi mesi.

Nel mezzo della reces­sione del 2001 Diageo ac­quistò Seagram da Viven­di, che era in difficoltà, e con quell’acquisizione ini­ziò a costruire uno dei maggiori gruppi di bevan­de alcooliche al mondo. Dieci anni prima, nella re­cessione del 1991, IBM ac­quistò Lotus avviando il primo tentativo di integra­re hardware e software. Negli stessi anni Johnson&Johnson acqui­stò Acuvue, un piccolo produttore di lenti a con­tatto: partendo da quel­l’acquisizione costruì una nuova piattaforma di pro­dotti per l’oftalmologia.

Fusioni e acquisizioni erano praticamente scom­parse da un anno a questa parte perché era scompar­sa la liquidità necessaria per finanziarle. Oggi stan­no ricominciando, sia per­ché in alcuni settori è ri­masta molta liquidità (l’in­dustria farmaceutica ad esempio, dove il caso em­blematico è il recente ac­quisto per 41 miliardi di dollari, di cui metà in con­tanti, di Schering-Plough da parte della Merck), sia perché fra gli investitori sta ritornando l’appetito per il rischio e molti fondi di private equity hanno solo il problema di come impiegare la liquidità di cui sono inondati.

Lynn Tilton, fondatrice di Patriarch Partners, un fondo di private equity di New York, ha recentemen­te acquistato Stila Cosme­tics, un’azienda california­na in origine di Estée Lau­der. Un altro fondo, Hil­co, ha acquistato la Pola­roid dalla procedura falli­mentare nella corte del Minnesota; ora vuole usa­re il marchio Polaroid per costruire una nuova azien­da elettronica, un proget­to che potrebbe salvare al­meno una parte dei 6mila posti di lavoro di Pola­roid. Oracle ha acquistato Sun, una grande azienda di computer. Intel, il mag­giore produttore di chip al mondo, ha fatto un’of­ferta per Wind River, una società di software nata accanto all’università di Berkeley.

Due riflessioni. Quelle che ho citato sono tutte operazioni di mercato: le autorità pubbliche se ne sono occupate, come è lo­ro compito, solo per verifi­care eventuali violazioni alle regole della concor­renza, ma né le hanno fi­nanziate né, soprattutto, le hanno indirizzate trami­te interventi di «politica industriale». Il fatto che si­ano state finanziate con denari veri, anziché con le tasse dei cittadini, è la garanzia del loro succes­so.

Per effetto di queste operazioni alcune azien­de sono scomparse, men­tre ne sono nate di nuove. Ciò è possibile solo se il mercato del lavoro è suffi­cientemente flessibile e gli ammortizzatori sociali proteggono chi perde il la­voro, ma non eliminano l’incentivo a cercare una nuova occupazione. Ri­spondere alla crisi prolun­gando sine die la cassa in­tegrazione è evidentemen­te la strada sbagliata per­ché la cassa protegge an­che il posto di lavoro, non solo il lavoratore: così fa­cendo lo illude che la sua azienda sopravvivrà alla crisi e non gli dà alcun in­centivo a guardarsi intor­no per cercare una nuova occupazione. Un altro buon motivo per sostitui­re la cassa con un moder­no sistema di sussidi di di­soccupazione.