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 2009  giugno 17 Mercoledì calendario

IL DECLINO DEI TURBANTI


L´Iran che non crede alla regolarità delle elezioni va ancora in piazza, dopo nuove notti senza notte e giorni senza giorno. Nonostante Moussavi abbia spostato la data di una nuova manifestazione per non sfidare troppo apertamente il nocciolo duro del regime. Ma il tranciante parere del Consiglio dei Guardiani, sì al riconteggio, no a nuove elezioni, infiamma la protesta. Tutti sanno che la possibile modifica delle percentuali assegnate ai singoli candidati non cambierà il risultato ufficiale.

In caso contrario cadrebbe la stessa legittimità del ricorso al popolo nella Repubblica Islamica, elemento distintivo in uno Stato duale fondato sulla dialettica tra organi a legittimazione politica e organi a legittimazione religiosa.
Il regime comunque è diviso, anche sull´uso della forza verso un movimento che include anche componenti di sistema. Le milizie che sparano sulla folla, come faceva il regime dello shah abbattuto dalla Rivoluzione, è uno shock per il paese. Soprattutto per i molti che a quella rivoluzione hanno partecipato. Non è un caso che a far sentire il dissenso sia l´influente presidente del Majlés, il parlamento, Larijani, ma anche importanti chierici dei seminari religiosi di Qom. Anche la Guida sa bene che il sostegno della piazza a Moussavi, non può essere trattato come un problema di ordine pubblico. In ogni caso, sia che abbia vinto con le sue forze, sia attraverso un gigantesco broglio di regime del quale Khamenei non poteva non essere al corrente, l´Iran emerge dagli ultimi giorni con un volto nuovo. E´ venuto meno il "patto costituzionale" che legava le fazioni. E questo libera energie impensate, in un campo e nell´altro. La tesi secondo cui l´assoluto artefice del gioco è ancora la Guida, non sembra tenere conto del peso che, negli ultimi quattro anni ha guadagnato il khomeinismo senza clero. Un progetto che, almeno in questa fase, non presuppone il totale accantonamento dei turbanti dal potere ma una loro perdita di influenza nelle strutture chiave del regime. Favorita da una corruzione che li rende invisi a gran parte della popolazione, dal continuo dividersi in fazioni, dall´assenza di una prospettiva che non sia quella di durare per durare. Il khomeinismo senza clero, del quale Ahmadinejad è espressione palese ma non il leader assoluto, si fonda sulla pretesa di quanti, tra pasdaran e basji, soprattutto tra i secondi che tra i primi, meno omogenei politicamente, si sentono i veri eredi della Rivoluzione. Emarginati per quasi un decennio, durante la ricostruzione post-bellica dalla diarchia Khamenei-Rafsanjani, i radicali, anima di quel progetto, sono stati impiegati come ariete dalla Guida contro i riformisti, durante la presidenza Khatami. Una volta affidato loro il ruolo di pretoriani del regime, è divenuto sempre più difficile ricondurli al ruolo di massa di manovra. La scelta, nel 2005, di Khamenei di preferire Ahmadinejad al sempiterno Rafsanjani, ha dato loro un peso inimmaginabile dopo anni di relativo esilio interno. Ma una volta sdoganato, il «partito dei militari» ha coltivato, da un lato, l´antica alleanza con i diseredati sempre ostili al potere delle «mille famiglie», quelle dei gerarchi di regime in turbante legate tra loro, nonostante l´appartenenza a questa o a quella fazione, dai tipici rapporti che si instaurano tra le élites; dall´altro ha occupato i gangli vitali dello Stato, dagli apparati di sicurezza sino alle potenti fondazioni. Certo, in condominio con i fedelissimi di Khamenei, ma non più in posizione subalterna. L´autonomia della politica, funziona anche in Iran. Oggi la Guida non può più fare a meno di un´alleanza così pervasiva, che garantisce la continuità della Repubblica Islamica e la protegge da un ritorno, più o meno mascherato, del "khatamismo". Un passato che i severi custodi dell´eredità di Khomeini guardano come un tempo di degenerazione politica.
In questo passaggio la domanda chiave è: a quale gioco pensava Khamenei nel momento in cui ha avallato l´esito elettorale? E cosa pensa di fare ora, con «il popolo» nelle strade? Cercherà di ridimensionare l´ormai scomodo «partito militare», ipotesi non troppo sgradita, scatenandogli addosso la piazza? Troppo machiavellico, anche se il machiavellismo non è un volto del potere sconosciuto nella Repubblica Islamica. Sfruttare la protesta potrebbe consentire della Guida di riprendersi quella centralità che l´irresistibile ascesa dei militari legati alla destra radicale sembrava aver minato. Ma il gioco pare sfuggito di mano e messo in moto forze incontrollabili.