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 2009  giugno 17 Mercoledì calendario

ADDIO CAPRARA, DA TOGLIATTI ALLA SCOPERTA DI DIO


ROMA – Massimo Caprara, morto all’alba di ieri al «Fatebenefratelli» di Milano, ha avuto una vita lunga 87 an­ni e intensa come dieci vite, ha visto più volte la Storia a un passo e si è concesso il lusso di cambiare idea.

Segretario particolare di Togliatti dal 1944 fino alla morte del «Miglio­re », a Yalta, agosto 1964. Radiato dal partito nel ”69, con gli altri del manife­sto.

Giornalista capace di buoni colpi, come una delle ultime interviste ad Al­lende. Sindaco di Portici. Scrittore di molti libri. Candidato sindaco di Na­poli, 1993, per il Partito popolare, con­tro Bassolino. Autore di alcuni articoli sul Secolo d’Italia e, negli ultimi anni, colpito da un incontro. Con il Vange­lo, dalle parti di Comunione e libera­zione.

Per quattro legislature, a partire dal 1953, Caprara fu deputato del Pci e de­finito «il più elegante di Montecito­rio », come solo un napoletano sa (o forse sapeva) essere. A Napoli era in quel gruppo di comunisti colti, Napo­litano, Ghirelli, il regista Rosi. E a Na­poli sbarcò Togliatti, di ritorno dal­­l’Urss, marzo 1944. «Per un mese – ha raccontato Caprara a Stefano Lo­renzetto del Giornale – Togliatti non mi parlò mai di politica. Solo letteratu­ra, italiana e francese. I capi comuni­sti erano tutti figli dell’alta borghesia. Fui nominato sul campo suo segreta­rio e caporedattore di Rinascita ».

Pian piano, Caprara si immerge nel­la politica. Come segretario, è «colle­ga » di Andreotti, che affianca De Ga­speri. Andreotti nota che Caprara as­sume l’indole cospirativa di Togliatti: «Andava perdendo, foglia a foglia, la sua napoletanità, per assomigliare a un compassato giovane diplomatico della Mitteleuropa». Caprara è stato un occhio fedele, con una punta di di­sincanto, dentro le mura comuniste mondiali. Ha raccontato, ad esempio, quando fu chiamato presso l’Ufficio Quadri di Botteghe Oscure: «Abbia­mo pensato che è arrivato per te il mo­mento di sposarti – gli dissero ”. La tua compagna sarà Marcella Di Fran­cesco. O sua sorella Giuliana, puoi sce­gliere ». Marcella era addetta, per To­gliatti, al telefono segreto con il Crem­lino e diventò poi signora Ferrara, ma­dre di Giuliano. Caprara si divincolò dall’impegno preso per suo conto dal partito e sposò poi – per amore – la figlia di una guardia nobile di Pio XII: «Togliatti approvò, pensava di potere avere qualche indiscrezione sui cardi­nali ».

Nel 1950 Caprara incontra Stalin nella foresta di Barvika, quando ci fu la «presentazione a corte» di Nilde Iot­ti, compagna di Togliatti: «Nilde in­dossava una pelliccia di zibellino pre­stata dal Comitato centrale, io usciii con una giacchetta. Cominciai a lacri­mare quando da un viottolo sbucò Stalin. ’Courage camarade’, mi disse Stalin in francese e mi batté la mano sulla spalla. Piangevo per il gelo, lui pensò che fosse emozione. Sono uno dei pochi che hanno ingannato il Ge­nio dell’umanità e sono sopravvissu­to ».

Dopo la morte di Togliatti, Caprara comincia un altro percorso, scopre «la collaborazione del ’compagno Er­coli’ ai massacri di anarchici durante la guerra di Spagna, la complicità nel­l’uccisione di Trotzkij...». Dice che «Togliatti scelse il fango, preferì la soggezione al regime sovietico alla li­bertà intellettuale». E anche: «Il comu­nismo è il disprezzo per l’uomo». A Lorenzetto, nel 2004, confida che fra i dirigenti ex comunisti quello che asso­miglia di più a Togliatti è D’Alema: «Infido. Ingrato. Concorrenziale. Uno di cui aver paura».

Caprara non rinnega: «Il mio modo di non essere più comunista non è di­ventare anticomunista, ma ascoltare e pensare». Da qui, la rotta verso la fe­de: «Il dato evidente è la bellezza di Dio» scrive in Riscoprirsi uomo. Il Vangelo, al posto di Togliatti.