Neil Macfarquhar (Traduzione di Fabio Galimberti) , la Repubblica 17/06/2009, 17 giugno 2009
IL TRAGICO PARADOSSO DI ALI KHAMENEI CUORE DI UN POTERE MAI COSI’ DEBOLE
Davanti alla rivolta popolare la Guida suprema si scopre indecisa
Ma se userà la violenza per schiacciarle finirà il mito della rivoluzione
Se lascerà crescere le manifestazioni di protesta il sistema teocratico potrebbe crollare
Da vent´anni l´ayatollah Ali Khamenei è una presenza invisibile al vertice del potere iraniano, con apparizioni e commenti in pubblico accuratamente centellinati. Controllando le forze armate, la magistratura e tutti i mezzi d´informazione pubblici, la Guida Suprema aveva in mano tutte le leve necessarie a mantenere il controllo, discreto ma ferreo, sulla repubblica islamica. Ma, in quella che è stata una rara eccezione nella sua lunga carriera di mosse prudenti, si è affrettato a dare la sua benedizione alla vittoria elettorale di Ahmadinejad, invitando gli iraniani a unirsi dietro al presidente in carica ancor prima che trascorressero i tre giorni richiesti dalla legge per la certificazione dei risultati. Poi masse infuriate si sono riversate nelle piazze e Khamenei ha fatto marcia indietro, annunciando che i 12 membri del Consiglio dei guardiani indagherà sul voto. «Dopo essersi congratulato con la nazione per aver prodotto un risultato elettorale benedetto dal cielo, dire adesso che c´è una possibilità che quel risultato sia frutto di brogli è un pesante stop per lui», dice Abbas Milani, direttore del programma di studi iraniani dell´Università di Stanford.
Pochi pensano che il potere di Khamenei possa essere in pericolo. Ma la Guida Suprema ha aperto nell´immagine del potere islamico una crepa che forse sarà impossibile da rimarginare. Perfino il legame con le potenti Guardie Rivoluzionarie potrebbe non risultare determinante nello scontro che si sta aprendo in Iran. «Khamenei prima arrivava e diceva: "Ora basta, quello che dico io si fa"», dice Azar Nafisi, autrice, tra gli altri, di Leggere Lolita a Teheran. «E tutti rispondevano: "Okay, è la parola della Guida". Ora il mito che ci sia una guida il cui potere non può essere messo in discussione si è infranto».
Khamenei non sembrava il successore più adatto per il patriarca della rivoluzione, l´ayatollah Khomeini, e la scelta di elevarlo alla carica di Guida Suprema, nel 1989, ha gettato le basi per la crisi politica in cui oggi si dibatte il Paese. Figlio di un membro del clero della città santa di Mashhad, Khamenei aveva fama di mullah aperto, se non proprio liberale. Aveva una bella voce, suonava il tar e scriveva anche poesie. Durante le violenze che seguirono alla cacciata dello Scià, una bomba nascosta in un registratore gli menomò l´uso del braccio destro, e divenne presidente nel 1981 quando un´altra bomba uccise il presidente in carica. Khamenei fu promosso da hojatolislam - un grado intermedio della gerarchia ecclesiastica - ad ayatollah dall´oggi al domani, in quella che fu una decisione politica più che religiosa. Questa nomina affrettata gli attirò l´eterno sdegno di molti custodi della tradizione sciita, anche se la macchina fabbrica-miti del regime iraniano si mise in moto producendo un testimone che disse di aver visto passare una luce da Khomeini a Khamenei (così venivano consacrati gli imam dei secoli passati). Ma Khamenei mancava di una propria base politica e lavorò per crearsene una tra le forze armate. Era appena finita la guerra con l´Iraq e molti alti ufficiali tornati dal fronte pretendevano un ruolo nella politica o nell´economia. Elargì loro incarichi importanti nei media o a capo delle grandi fondazioni. «Ha ottenuto il potere dando loro potere», dice Mehdi Khalaji, del Washington Institute for Near East Policy.
Molti commentatori, inoltre, dicono che le differenze tra fazioni non sono mai state tanto accentuate come negli ultimi giorni. L´ex presidente Rafsanjani, un tempo stretto alleato di Khamenei, gli ha inviato una lettera aperta nei giorni precedenti alle elezioni, avvisandolo che qualunque broglio si sarebbe trasformato in un boomerang: «Domani potrebbe toccare a te».
Chiunque parla di Khamenei di solito usa il termine «prudente». Ora però la Guida si trova di fronte a una scelta quasi impossibile. Se lascerà che le manifestazioni crescano, l´esito potrebbe essere la modifica del sistema teocratico. Se userà la violenza per schiacciarle, sarà la fine del mito del mandato popolare per la rivoluzione islamica. « il paradosso della leadership iraniana», conclude Azar Nafisi.
(C. 2009 New York Times news service - La Repubblica. Traduzione di Fabio Galimberti)