La Gazzetta dello Sport, 17 giugno 2009
Che cosa accadrebbe in Iran se i milioni che sostengono Mousavi e vogliono nuove elezioni venissero in contatto con i milioni entusiasti di Ahmadinejad e che scendono in piazza per sostenerlo? Ecco un massacro al quale nessuno vorrebbe assistere

Che cosa accadrebbe in Iran se i milioni che sostengono Mousavi e vogliono nuove elezioni venissero in contatto con i milioni entusiasti di Ahmadinejad e che scendono in piazza per sostenerlo? Ecco un massacro al quale nessuno vorrebbe assistere. Le vittime dei moti di Teheran sono finora sette. I feriti e gli arrestati, non si sa con certezza. Ieri i sostenitori di Ahmadinejad si sono radunati nella piazza Vali Asr, la stessa nella quale erano attesi i seguaci di Mousavi. I quali hanno scelto, invece, di andare a protestare davanti alla sede della tv di Stato. Una manifestazione massiccia, silenziosa e impressionante: le centinaia di migliaia di riformisti hanno alzato cartelli («Dov’è il mio voto?») senza scandire slogan. La polizia, appostata all’incrocio di Park Way, ha impedito che le due masse venissero in contatto. Intanto Ahmadinejad era volato in Russia e aveva ricominciato a scagliarsi contro l’Occidente: «L’epoca degli imperi è finita e non rinascerà. L’ordine capitalista mondiale è ormai costretto a battere in ritirata» eccetera. Nessun accenno alle proteste di Teheran, che già nei giorni scorsi il presidente aveva definito «irrilevanti ». Mosca per ora sta con lui, gli alleati del Gruppo di Shanghai (cinesi, kazaki, tagiki, uzbeki, kirghizi) pure. Ma troppo irrilevanti le proteste non devono essere: ieri mattina i Guardiani – i 12 saggi in tutto dipendenti dal Leader supremo Khamenei – avevano detto che, se necessario, si sarebbe potuto procedere a una riconta dei voti, escludendo però che si potesse votare di nuovo. Ieri sera, invece, qualche minimo spiraglio s’è aperto anche sulla questione del voto: forse, in qualche circoscrizione dove i brogli sono effettivamente più provati, si potrebbe tornare alle urne...
• Il regime ha paura?
Sì, il regime è spaccato e la questione riguarda la leadership di Khamenei, il vero padrone del Paese. Il quale ha bisogno di legittimazione, perché altri ayatollah – ad esempio Ali Sistani – non sono convinti di un sistema che opprime i cittadini in tanti modi, tiene una così grande parte di giovani senza lavoro, ha difficoltà ad attrarre investimenti dall’estero. Dei 70 milioni di iraniani, due terzi hanno meno di trent’anni e il 50% ne ha meno di 16. Ogni anno si affacciano sul mercato e chiedono di guadagnarsi da vivere un milione di ragazzi. Chi governa deve dare una risposta a questa domanda. più importante questo o è più importante che al vertice del sistema – che ha come minimo 11 centri decisionali, è cioè estremamente frazionato – sieda un giureconsulto sciita scelto da altri correligionari come lui?
• Sembrerebbe una risposta ovvia.
Però non bisogna farsi ingannare dalle manifestazioni. Nel Paese, il sentimento che sostiene Ahmadinejad è forte: un’opinione violentemente anti israeliana, quindi antiamericana e anti occidentale. Nessun candidato si è permesso, durante la campagna elettorale, di dichiararsi amico dell’America o dell’Occidente. Nessuno ha sostenuto di voler minimamente smorzare la scelta nucleare.
• Ma allora questi che sfilano contro il regime che vogliono?
Vogliono soprattutto un cambiamento interno. L’apparato di potere, mentre si indebolisce, si militarizza dando ancora più spazio che in passato a pasdaran e bassiji (i volontari della milizia). Sono i pasdaran a sostenere Ahmadinejad, sono loro che hanno fatto campagna elettorale andando a bussare porta a porta e convincendo familiari e amici a fare altrettanto.
• Quello che vorremmo sapere davvero è se tutto questo ci mette in qualche modo a rischio, se scoppierà una guerra.
In questo momento nessuno s’azzarderebbe a muovere un dito contro Teheran, dato che un qualche attacco – di quelli che l’anno scorso si pensavano possibili da parte di Israele – ricompatterebbe le fazioni iraniane in lotta e rafforzerebbe il regime.
• Chi l’avrà vinta?
Oggi è prevista un’altra manifestazione dei riformisti, ma non credo che Mousavi l’avrà vinta alla fine. Ahmadinejad ha ancora un consenso troppo ampio. Il regime sta attento a lasciare sfogare i contestatori senza esasperare troppo gli animi. Hussein Shariatmadari, l’uomo ombra di Khamenei, ha avuto parole di comprensione per i giovani: «non ce l’abbiamo con loro, ma con chi li manovra». Spiegando ad Alberto Negri la prossima politica estera di Teheran, Shariatmadari ha aggiunto: «Non saremo noi a creare tensioni, ma se verranno superate le nostre linee rosse risponderemo duramente». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 17/6/2009]