GIANNI CARDINALE, Avvenire 17/6/2009, 17 giugno 2009
Curia romana, il segno di Ratzinger Con Benedetto XVI quattro anni di scelte e rinnovamento in Vaticano - Periodicamente si leggono, o si ascoltano, osservazioni o lamenti che riguardano un aspetto molto particolare – ma di indubbia appetibilità mediatica – di questo pontificato
Curia romana, il segno di Ratzinger Con Benedetto XVI quattro anni di scelte e rinnovamento in Vaticano - Periodicamente si leggono, o si ascoltano, osservazioni o lamenti che riguardano un aspetto molto particolare – ma di indubbia appetibilità mediatica – di questo pontificato. Quello delle nomine nella Curia romana. Di solito si fa notare che queste nomine appunto avverrebbero con una certa lentezza. Ma è davvero così? In termini assoluti ciascuno può avere il suo legittimo giudizio. Se però ci si avventura a confrontare statisticamente i primi quattro anni di «regno» di Benedetto XVI e quelli di Giovanni Paolo II si scopre che – per quanto riguarda il ricambio ai vertici dei dicasteri vaticani – papa Ratzinger non è poi più lento di papa Wojtyla. Anzi. Dal 2005 ad oggi l’attuale pontefice ha nominato un nuovo segretario di Stato – Tarcisio Bertone nel settembre 2006 – e i nuovi prefetti di sei Congregazioni su nove: William J. Levada alla Dottrina della fede nel maggio 2005; Leonardo Sandri alle Chiese orientali nel giugno 2007; Antonio Canizares Llovera al Culto divino nel dicembre 2008; Angelo Amato alle Cause dei santi nel luglio 2008; Ivan Dias a Propaganda Fide nel maggio 2006; Claudio Hummes al Clero nell’ottobre 2006. Tra il 1978 e il 1982 Giovanni Paolo II aveva fatto esattamente lo stesso – Agostino Casaroli segretario di Stato nel 1979; Joseph Ratzinger alla Dottrina della fede nel 1981; Wladyslaw Rubin alle Chiese orientali nel 1980; Giuseppe Casoria al Culto divino nel 1981; Pietro Palazzini alle Cause dei santi nel 1980; Silvio Oddi al Clero nel 1979; William W. Baum all’Educazione cattolica nel 1980. A questo si deve aggiungere che Giovanni Paolo II fu in qualche modo ’agevolato’ nella sua attività di «ricambio », visto che un paio di responsabili curiali morirono quando erano ancora in carica: il segretario di Stato Jean Villot (a 74 anni) e il prefetto del Clero John J. Wright (a 70 anni). Papa Ratzinger non ha ancora cambiato i prefetti delle Congregazione per i vescovi (Giovanni Battista Re), per gli Istituti di vita consacrata (Franc Rodé) e per l’Educazione cattolica (Zenon Grocholewski). Giovanni Paolo II dopo quattro anni non aveva sostituiti quelli per i vescovi (Sebastiano Baggio), di Propaganda Fide (Agnelo Rossi) e per i religiosi (Eduardo Pironio). Come si potrà verificare una piccola dose di discontinuità tra i due pontificati si può notare per la presenza di italiani tra i neo nominati: due su sette con papa Ratzinger, quattro su sette con papa Wojtyla. Durante l’attuale pontificato, si dirà, i capi-congregazione rimangono nei lori incarichi ben oltre i 75 anni previsti dalle norme vigenti. Ma a dire il vero questo accadeva anche con Wojtyla (Corrado Bafile rimase ai Santi fino a 77 anni, Gabriel Garrone all’Educazione cattolica fino a 79). Mentre fu solo nel 1984, sei anni dopo l’elezione al soglio di Pietro, che Giovanni Paolo II spostò d’un colpo i tre capi-congregazioni «ereditati» rimasti (vescovi, Propaganda fide, religiosi) anche se non avevano ancora raggiunto i 75 anni. Nei tre tribunali della Curia romana Benedetto XVI ha nominato, il 2 giugno scorso, Fortunato Baldelli Penitenziere maggiore, e, nel giugno 2008, Raymond L. Burke prefetto della Segnatura apostolica. Invariato il decano della Rota romana, Antoni Stankiewicz. Nei primi quattro anni di pontificato di Giovanni Paolo II il Penitenziere maggiore rimase invariato, mentre alla Segnatura apostolica l’improvvisa morte di Pericle Felici (a 71 anni) portò, nel 1982, alla nomina di Aurelio Sabattani. Sempre nel 1982 la decananza della Rota passò da Heinrich Ewers ad Arturio De Iorio. Per quanto riguarda i presidenti dei Pontifici Consigli, Benedetto XVI in questi quattro anni ha cambiato tutti i presidenti di quelli che sono stati creati durante il pontificato di Giovanni Paolo II (Ennio Antonelli alla Famiglia nel giugno 2008; Antonio Vegliò ai Migranti nel febbraio 2009; Zygmunt Zimowski alla Sanità nell’aprile 2009, Francesco Coccopalmerio ai testi legislativi nel febbraio 2007, Gianfranco Ravasi alla cultura nel settembre 2007), privilegiando – in questo caso – scelte perlopiù italiane (quattro su cinque). Mentre per quanto riguarda i sei Pontifici Consigli con radici più antiche, due sono state le nuove nomine, entrambe del giugno 2007: Jean-Louis Tauran al Dialogo interreligioso e Claudio Maria Celli alle Comunicazioni sociali. Permangono nel loro incarico – anche se per alcuni di loro rumors giornalistici parlano di prossimi cambi – i responsabili dei laici (Stanislaw Rylko), dell’ecumenismo ( Walter Kasper), di giustizia e pace (Renato R. Martino), di Cor Unum (Paul J. Cordes). Nei dicasteri corrispondenti a questi ultimi sei Pontifici Consigli, Giovanni Paolo II, tra il 1978 e il 1982, era intervenuto solo per la sostituzione del responsabile del dialogo interreligioso dopo la morte, nel 1980, di Sergio Pignedoli (a 70 anni). Mentre gli altri vennero cambiati successivamente (per la cronaca all’ecumenismo Johannes Willebrands rimase al suo posto fino a poco dopo aver compiuto 80 anni nel 1989). Nei tre uffici «amministrativi» della Curia romana Benedetto XVI ha nominato Bertone come Camerlengo nell’aprile 2007 e Velasio De Paolis come presidente delle Prefettura per gli affari economici della Santa Sede nell’aprile 2008. Mentre all’Apsa permane Attilio Nicora. In questo caso Giovanni Paolo II fu, per così dire, più veloce. Nel 1979 nominò Paolo Bertoli Camerlengo e Giuseppe Caprio presidente dell’Apsa in sostituzione del defunto cardinale Villot, che oltre ad essere segretario di Stato aveva anche questi due incarichi. E agli inizi del 1981 Caprio prese il posto alla Prefettura degli affari economici di Egidio Vagnozzi, scomparso alla fine del 1980. Se si prendono quindi in esame tutti i responsabili dei 28 dicasteri che propriamente costituiscono la Curia romana, si può notare che Benedetto XVI in quattro anni di pontificato ne ha già sostituiti 17, il 60,7%. Giovanni Paolo II, tra il 1978 e il 1982, dei 22 principali organismi curiali allora esistenti ne cambiò 13, il 59,1%. Da un punto di vista statistico, e limitandosi a computare i capi-dicastero curiali, Benedetto XVI forse non può essere considerato così lento nei cambi. Sicuramente non è stato meno veloce del suo predecessore che, a onor del vero, al momento dell’elezione, aveva una minor conoscenza diretta dei Palazzi vaticani. Quanto poi papa Ratzinger ritenga realmente decisivi per il futuro della Chiesa i pur importanti equilibri interni della Curia romana è un’altra storia.