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 2009  giugno 17 Mercoledì calendario

COM’ERAVAMO E COME SIAMO: DUE EPOCHE DI SCATTI A CANNES


MILANO – Sembrano usciti da due mondi lontanis­simi, se non addirittura op­posti, le fotografie di Alain Delon al tavolo con Romy Schneider e di Sharon Stone sul red carpet di Cannes che fanno bella mostra di sé nel­l’Aula del Tempio della Mole Antonelliana di Torino. Eppu­re sono state scattate dalle stesse mani, inquadrate da­gli stessi occhi, quelli della fa­miglia Traverso, i più popola­ri fotografi di Cannes e, per estensione, i più popolari fo­tografi del suo festival.

In mezzo, tra quelle due fo­to, non solo è passata una trentina d’anni, ma soprat­tutto si è radicalmente modi­ficato il rapporto tra cinema, immagini e consumo delle stesse, tra «star» e «peo­ple », così da far sembrare un reperto della preistoria l’im­magine che ferma i due divi francesi in una non-posa in­solita, ai limiti del clowne­sco, mentre l’immagine finta­mente rubata della Stone che si volta a salutare tra smo­king e flash vive di quell’effi­mera «verità» che hanno tut­te le fotografie dell’oggi. Tri­stemente identiche a mille al­tre.

Tra un’immagine e l’altra è avvenuta una rivoluzione di cui spesso tendiamo a di­menticare le proporzioni, ma che la mostra organizzata al Museo del cinema di Torino e aperta fino al 30 agosto si incarica di sottolineare in tut­ta la sua portata. E natural­mente in tutta la sua bellez­za. Il merito è tutto della fa­miglia Traverso,una fami­glia di origine piemontese che nel 1850 si trasferì dalla Val di Tenda a Cannes. Dove nel 1919 aprì un negozio di fo­tografia attivo ancor oggi. Di quella città, i Traverso sono diventati i testimoni visivi per eccellenza, registrando matrimoni, mondanità, ospi­ti famosi o turisti anonimi. E naturalmente registrando an­no dopo anno l’evolversi del festival più famoso al mon­do.

Nelle novanta immagini di grande formato che affollano la mostra e che coprono tutte le star passate a Cannes, dal­la Bardot a Clint Eastwood, da Yves Montand a Bette Da­vis, da Fellini alla Moreau, da Johnny Depp alla Loren, c’è naturalmente la documen­tazione fotogiornalistica di un grande evento mediatico, ma soprattutto c’è una «pic­cola » storia dell’evoluzione dei nostro costumi, del modo in cui siamo stati capaci di vederli e fissarli sul negati­vo. E al di là dei volti celebri da riconoscere, è questo il suo merito più grande.