Francesco Vaccarino, La stampa 17/06/2009, 17 giugno 2009
ED ECCO I NUMERI PER IL XXI SECOLO"
«Un ubriaco, di notte, cerca una chiave sotto un lampione. Arriva un tale che lo aiuta, ma, non trovando nulla, gli chiede se è sicuro di aver perso lì la chiave. L’ubriaco risponde: non sono sicuro, ma è qui che c’è luce». Con questa fulminante metafora su cosa significhi fare ricerca s’inaugura l’incontro con Giorgio Parisi, uno dei maggiori fisici italiani, che venerdì scorso ha ricevuto a Torino il Premio Lagrange – Fondazione CRT per il contributo alle ricerche nel campo della complessità.
«I lavori che mi sono più cari sono quelli in cui ci sono meno più deduzioni formali e più intuizioni. Ho sempre avuto un approccio ottimistico, che mi ha fatto avventurare nello studio di problemi difficili, al punto che una volta dissi: ”E’ facile, forse è anche possibile”. Risultato? Mi hanno preso in giro per anni, anche se in realtà cambiavo idea a metà della frase. Se penso a qualche caratteristica comune nei problemi che ho studiato, credo sia il tentativo di utilizzare metodi sviluppati in un campo per risolvere problemi in un altro. Per esempio le tecniche di meccanica quantistica per studiare la meccanica statistica e viceversa. Vetri di spin per capire prima il sistema nervoso e poi il sistema immunitario».
I vetri di spin sono dei materiali magnetici, in cui le interazioni di scambio assumono valori casuali, al contrario di quanto avviene in una calamita, in cui i poli sono orientati nella stessa direzione. «Il caso ha in un certo senso voluto che mi avventurassi a studiare proprio il tema dei vetri di spin - spiega ”. Infatti stavo studiando un altro problema e avevo formulato un metodo per risolverlo. Mi ero però reso conto che nel caso dei vetri di spin non funzionava. Per me era molto preoccupante e, allora, mi ero inoltrato nello studio dei vetri, che si rivelò più interessante del problema da cui ero partito. E così mi trovai ad affrontare e a risolvere un interrogativo con un approccio puramente matematico, tant’è che ci vollero tre anni prima di iniziare a dare un’interpretazione soddisfacente da un punto di vista fisico ai miei risultati. E tuttora, dopo 30 anni, ci sono aspetti da chiarire».
Ma le sorprese non finiscono qui, perché le metafore di Parisi hanno trovato le più svariate applicazioni. «Galileo diceva che l’Universo è un libro scritto con il linguaggio dei numeri: potremmo dire che ci ha fornito un paio di occhiali con cui analizzare e classificare ciò che ci circonda. Il linguaggio della complessità è un nuovo paio di occhiali, quelli con cui l’uomo del XXI secolo cerca di capire la realtà. Accade a volte che un metodo, un’idea, si manifesti come metafora e come tale possa essere riutilizzato più volte per guardare il mondo sotto un nuovo punto di vista. La fortuna fu che i vetri di spin furono il primo esempio di sistema complesso, prima ancora che il termine esistesse, e ho potuto studiarli facendo la cosa che forse mi piace di più nel ricercare: spingermi con tutte le mie forze dove penso di poter dare un contributo unico».
In fondo sembra tutto normale: anche nel quotidiano abbiamo opportunità e affrontiamo sfide. Fare ricerca è una «normale» attività, ma la differenza sembra essere nel non tirarsi mai indietro.