
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Eravamo contenti di cambiare argomento (i grillini ci subissano di lettere non proprio allo zucchero), quando s’è saputo che pure Raffaele De Dominicis, nominato da pochi giorni come nuovo assessore al Bilancio, è indagato dai pubblici ministeri che a Roma si occupano di reati in danno della pubblica amministrazione. L’accusa: abuso d’ufficio. De Dominicis faceva di mestiere il procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio, dunque pareva l’uomo giusto, un magistrato e che s’intende di numeri. Ma il suo nome era stato fatto, secondo quanto aveva raccontato lui stesso, dallo studio legale di Pieremilio Sammarco, e gli odiatori di professione avevano subito sottolineato il fatto che Pieremilio Sammarco era fratello del Sammarco difensore di Previti, e siccome la Raggi viene dallo studio di Previti se n’è subito dedotto che la giunta romana è in realtà una giunta di Previti e dei suoi amici, dato che, oltre tutto, il potente Raffaele Marra - vicecapo di gabinetto - era uomo di Alemanno e Polverini, cioè siamo nella destra-destra. Non sarà che la Raggi deve ripagare i destri dell’appoggio ricevuto al ballottaggio contro il sindaco Pd?
• Sul serio. Non si potrebbe cambiare argomento?
No. Come nel caso Raineri (la Raggi ha tentato di far credere di averla mandata via lei, e invece s’era dimessa) anche qui la sindaca ha cercato di dare alla faccenda una veste diversa. Con questa dichiarazione: «In queste ore ho appreso che l’ex magistrato e già procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio (Raffaele De Dominicis), in base ai requisiti previsti dal M5s, non può più assumere l’incarico di assessore al Bilancio della giunta capitolina, pertanto di comune accordo abbiamo deciso di non proseguire con l’assegnazione dell’incarico. Siamo già al lavoro per individuare una nuova figura che possa dare un contributo al programma della giunta su Roma». Sottolineiamo il «già».
• Quali sono i requisiti previsti che mancavano a De Dominicis?
Il requisito dell’essere indagato dovrebbe essere sufficiente (anche se non vale per la Muraro), ma Raggi sostiene che ci fosse qualcosa di diverso, senza specificare cosa. L’essere indagato, insomma, non c’entra, la sindaca ben prima... La sindaca ieri è andata a Porta San Paolo per il 73° anniversario della difesa di Roma. C’era anche Napolitano. Qualcuno dalla folla le ha gridato: «Non mollare!». E lei subito: «Non mollo!». Chissà come saranno state fiere di questo «Non mollo!», pronunciato dalla loro discendente, le anime dei mille morti dell’8 settembre 1943.
• Lei esagera, e i lettori hanno ragione a scriverle le lettere.
Ci sono ancora tre notizie. La prima: la sindaca s’è cercata un legale capace di dirle quanto spazio le lascia la carta che è stata costretta a firmare prima delle elezioni, quella carta che le impone una penale di 150 mila euro se per caso, da prima cittadina, devierà nelle più importanti decisioni di governo dai princìpi fondamentali del Movimento 5 Stelle. Seconda notizia: il direttorio romano, detto anche minidirettorio, composto da Paola Taverna, Fabio Massimo Castaldo e Gianluca Perilli, s’è chiamato fuori e ha presentato le dimissioni: «La macchina amministrativa è partita ed è giusto che ora proceda spedita. Per questo, riteniamo che oggi il nostro compito non sia più necessario. Non faremo mai mancare il nostro sostegno e il nostro contributo alla giunta Raggi». La terza notizia è che Grillo avrebbe fatto la pace con Di Maio, dopo la lavata di capo dell’altro giorno a Nettuno e la brutta ammissione del Di Maio di non aver capito la mail con cui si annunciava che la Muraro era indagata. Grillo ha pubblicato per intero sul suo blog l’intervento nettunense di Di Maio, aggiungendo: «Anche noi facciamo qualche cazzata, ma siamo pronti ad andare avanti. Tutti insieme». Grillo bada a tenere unito il partito, unico modo secondo lui per resistere ai pasticci di questi giorni.
• Chi comanda a Roma?
Casaleggio e Grillo vogliono comandare loro, col sottinteso che la Raggi in quanto Raggi è solo un incidente della storia: le elezioni, dicono, le hanno vinte il M5s e non Virginia. Raggi si divincola da questo abbraccio che vorrebbe svuotarla di senso. Quello che abbiamo visto in questi giorni è l’esito di questa lotta.
• Dove andranno a finire, nel caso, i milioni di voti che hanno preso i Cinquestelle?
Bella domanda. Quelli del Pd sono sicuri che quei voti in gran parte torneranno a loro. Io non ci giurerei. Intanto c’è un’importante fetta dell’elettorato sicura che anche un’armata brancaleone di incapaci - come sembrano questi grillini - sia meglio della vecchia casta marcia democratica o berlusconiana. Costoro voteranno chiunque sarà capace di presentari come credibile forza antisistema. Oggi sono ancora i grillini. Domani chissà.
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