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 2016  settembre 09 Venerdì calendario

«Questa qui è pazza». La rottura tra Grillo e Raggi

Mattia Feltri per La Stampa
Un giudice senza requisiti giuridici: l’ultima calamità sul Campidoglio prende le dimensioni della stravaganza e porta al nome di Raffaele De Dominicis, ex procuratore della Corte dei Conti che nei proponimenti della sindaca Virginia Raggi doveva occupare il posto di Marcello Minenna, l’assessore al Bilancio fra i protagonisti del filotto di dimissioni della scorsa settimana. «Una persona di primo rilievo, un servitore dello Stato che siamo onorati di avere al nostro fianco», aveva scritto Raggi lunedì. Ieri era giovedì e il giudizio aveva subito la drastica revisione: non ha i requisiti. Precisamente quelli giuridici, e la traduzione è arrivata poco dopo: De Dominicis è indagato per abuso d’ufficio. Un altro, come l’assessore all’Ambiente, Paola Muraro, inguaiato con la giustizia prima ancora di cominciare. Un record. Che De Domincis spiega secondo schemi prestampati: «Mi dichiaro vittima di un complotto!».
In serata, nel suo andirivieni dall’ingresso sul retro, Raggi è rientrata in Campidoglio per dettagliare alla giunta e ai consiglieri le ragioni del ripensamento. E lì per lì era sembrata una concessione alla leadership grillina molto turbata, diciamo così, dalla scoperta che De Dominicis aveva concesso la disponibilità non a Raggi ma all’avvocato Pieremilio Sammarco, titolare dello studio in cui Raggi ha fatto pratica e fratello del difensore di Cesare Previti. Per i Cinque stelle, una macchia terribile. De Dominicis si era però presentato con le migliori intenzioni: «La festa è finita!». Non è nemmeno cominciata. È invece la cronaca che prosegue secondo una linea evoluta in arabesco: mentre Raggi comunicava attraverso Facebook – ormai una specie di organo ufficiale dell’amministrazione romana – che «siamo già al lavoro per individuare una nuova figura» (si sottolinei l’uso dell’avverbio «già»), prendeva a girare voce che il no ufficiale alle Olimpiadi del 2024 verrà dato a ore. Roba che passa quasi inosservata in pomeriggi in cui si fatica a tenere dietro a una cronaca dall’andamento psichedelico. 
Fin lì, infatti, la notizia era lo scioglimento del direttorio locale costituito per affiancare Raggi, o tenerla d’occhio, e costituito da Fabio Massimo Castaldo, Gianluca Perilli e dalla coppia di fidanzati Stefano Vignaroli e Paola Taverna. Con massima soddisfazione di tutti, del direttorio molto contento di lasciare Raggi al suo destino, e di Raggi molto contenta di non avere più scocciatori fra i piedi. Da quello che si è capito, Raggi ormai procede per conto proprio, immersa nei suoi giri, quelli della più attiva destra romana, e nell’ostilità di Beppe Grillo e della non-struttura. Non sembra nemmeno più una del Movimento, tanto che ancora ieri è andata avanti la sfibrante discussione a proposito dell’opportunità di levarle il simbolo. Per ora non si fa. Sarebbe un disastro d’immagine mai visto nella pur fantasiosa politica italiana. Ma lo spostamento di Raffaele Marra dal ruolo di vice capo di gabinetto a quello di capo del dipartimento del personale, in attesa che poi gli si trovi un’occupazione adeguata, non è stato affatto un gesto di tregua. Marra, ex ufficiale della Guardia di finanza, è stato direttore dell’ufficio per le politiche abitative del Campidoglio con Gianni Alemanno sindaco. Insomma, un altro impuro. Come impuro sarebbe Salvatore Romeo, che in Comune ci lavora dal ’99: messo in aspettativa, è stato riassunto da Raggi con stipendio triplo nella posizione di capo della segreteria; ora lo stipendio sarà nuovamente tagliato e gli verrà levata qualche delega, di modo che faccia meno danni (nella visione ortodosso-grillina, naturalmente).
Non è finita qui: in questo scambio di prigionieri, Raggi è riuscita a confermare Muraro, poiché dell’inchiesta a suo carico non si conoscono i contorni, e nonostante ieri i carabinieri siano andati a prelevare altri documenti all’Ama, l’azienda della nettezza urbana in cui Muraro avrebbe commesso i suoi peccatucci, sempre che li abbia commessi. Tutto in una giornata che doveva essere di passaggio, e trascorsa dalla sindaca dietro quattro mura, fra voci incontrollate di fughe a prendere il figlio alla scuola calcio, e una apparizione in pubblico alla mattina, quando aveva preso parte alle celebrazioni dell’8 settembre, giorno dell’armistizio. Il problema è che il 9 cominciò la guerra civile.

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Ilario Lombardo per La Stampa
«Beppe, Virginia ha bisogno di uno schiaffone». Scena 1: il direttorio incontra Beppe Grillo in un luogo segreto. Siamo a mercoledì, il giorno più drammatico per Luigi Di Maio. I 5 deputati che compongono l’organo di governo del M5S sono spaccati. Carla Ruocco quasi non guarda Di Maio. Roberto Fico è deluso. Devono pensare a salvare il deputato e il M5S dalle sue bugie, ma vogliono anche far fuori Raggi. Chiedono a Grillo di minacciarla di nuovo che le toglieranno il simbolo se non rispetterà tre condizioni. «Il no netto alle Olimpiadi entro 48 ore, basta temporeggiare. Il ritorno di Marcello Minenna al Bilancio al posto di Salvatore De Dominicis. Fuori dai piedi Raffaele Marra e Salvatore Romeo», i due funzionari a cui la sindaca ha legato il proprio destino. Il comico accetta solo l’ultima e calma i ragazzi. Ruocco non ci sta. Sale sul palco di Nettuno solo perché glielo chiede Grillo, sorride alle telecamere, poi sale in macchina e se ne va, mentre ancora parla Fico. 
Scena 2: ieri, hotel Forum. Pare che la sindaca Raggi sia stata vista prestissimo entrare nel rifugio romano del leader pentastellato. Ruocco arriva più tardi. Alessandro Di Battista reduce dal suo show resta fino alle due di pomeriggio alla Camera. Si ragiona sulla strategia adottata la sera prima quando Grillo ha imposto la tregua e mostrato il suo volto più comprensivo. Più che altro aspettano. Il leader ha ribadito a Raggi le richieste del Movimento su Marra e Romeo. A ora di pranzo arriva il responso. Romeo resta capo di segreteria, con stipendio più basso. Marra invece non va più a occuparsi di commercio, da vice-capogabinetto finisce a guidare il personale. Un ruolo ancora pesante. Lo spiega Ruocco a Grillo: «E’ il posto che aveva Laura Benente, l’ha fatta fuori proprio lui mentre lei era in vacanza!». Ruocco è la più furiosa. Raggi li sta sfidando ancora. Il fondatore è spiazzato: «Questa qui è pazza» dice. Gli fanno eco tutti: «Sì è matta. Ora ha bisogno di uno schiaffone». Chiamano lo staff per fare ponte con il Campidoglio. Fico è netto «Beppe non possiamo mostrarci deboli e creare un precedente solo perché governa Roma. Dobbiamo essere coerenti». Inutile dire che più volte è stato evocato Federico Pizzarotti. «Lei è peggio» dicono. Fico è l’erede del garante delle regole e del metodo M5S, quello che a modo suo ha strigliato Di Maio. «Nel Movimento non c’è un leader. Forse ci siamo montati troppo la testa». È lui ancora più degli altri il sostenitore dell’arma estrema: levare il simbolo alla sindaca ribelle. In questi giorni di furore e smarrimento, l’ipotesi è sempre stata lì, sul tavolo delle estenuanti trattative con Raggi. Grillo, prima scettico, ora è più tentato. 
Intanto il mini-direttorio viene azzerato. Così voleva Raggi per levarsi di torno Paola Taverna&C. «che entravano nella stanza del sindaco anche quando non c’ero». Così decidono Grillo e il direttorio: «Accontentiamola, ma adesso è davvero sola in mare aperto». Vuole massima autonomia. Ha capito che rischia di perdere il simbolo ma va avanti. Per la sfiducia molto dipenderà dai suoi consiglieri. Il pressing del direttorio si fa più convincente. Grillo temporeggia: «Vediamo dove vuole arrivare...». Preferisce tornare al contrattacco con l’ultimatum del giorno prima. Olimpiadi e Minenna compresi. Dal Campidoglio arriva l’ok sulle Olimpiadi e una precisazione: la destinazione di Marra al personale è «temporanea». Su Minenna invece la chiusura è netta, nonostante l’improvvisa defenestrazione di De Dominicis. 
Al direttorio non basta. «E’ sotto ricatto Beppe, non si spiega altrimenti» è la tesi di tutti. Di Maio è il più taciturno, la batosta presa per le mail e gli sms, che hanno rivelato come sapesse dell’assessora indagata, lo ha fiaccato. Ma è preoccupato anche di altro. Sa che ci sono altre mail e altri messaggi. Salvarlo è stato un obbligo nel M5S, ma il vaso di Pandora potrebbe aprirsi. Di Maio sa soprattutto che molti non hanno mai gradito la sua ascesa in solitaria, la visita ai lobbisti, le continue apparizioni in tv. «Ora non è così scontato che sarà il candidato premier». Ma gli rinfacciano anche di essere stato l’unico a proteggere Raggi. «Quella è una ragazzina che dovrebbe limitarsi a tagliare nastri». Nel direttorio che sembra muoversi compatto, le voci più critiche sono quelle di Fico, Ruocco e Sibilia. Di Battista aveva preferito schierarsi con Di Maio in difesa di Raggi. Forse perché, come più di qualcuno insinua nel Movimento, anche lui sapeva.